Il racconto
Cecilia Sala libera: le mosse di Meloni e Caravelli, i dati di Abedini agli Usa e Tajani punzecchia Belloni e Renzi
La lunga giornata della liberazione della nostra giornalista. Prima di andare a Ciampino la premier incontra Nordio: l'iraniano sarà liberato dopo la visita di Biden. Lo sfogo del ministro degli Esteri contro l'ex direttrice del Dis e il leader di Italia viva
“Grazie”. “Sei stata forte, ora devi stare serena”. “Grazie, grazie mille”. “E figuriamoci”. Intorno alle 16.15 Cecilia Sala viene accolta con una certa commozione dalla premier Giorgia Meloni in una saletta riservata dell’aeroporto di Ciampino. Ventuno giorni di tensione e paura, ma anche di trattative e speranze, si sciolgono. La giornalista del Foglio è libera. In Italia. Il primo che abbraccia, appena scesa dalla scaletta dell’aereo militare che l’ha portata via dall’Iran, è il collega e compagno Daniele Raineri, poi tocca ai genitori, la mamma Elisabetta e il papà Renato.
Il video, con sapiente montaggio da dare ai telegiornali, viene diffuso da Palazzo Chigi. Telecamere e giornalisti restano fuori. Nella saletta dove Sala viene accolta con un applauso e qualche lacrima ci sono la premier Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Oltre alla famiglia e al compagno, sono presenti il direttore del Foglio Claudio Cerasa, quello di Chora media Mario Calabresi e l’editore della podcast company Guido Maria Brera. Sala ha fatto il viaggio da Teheran a Roma con il direttore dell’Aise, i nostri servizi segreti esterni, Giovanni Caravelli. Colui che materialmente è andato a prenderla nel carcere di Evin dove è restata rinchiusa per ventuno giorni in isolamento (eccetto gli ultimi due che ha condiviso in cella con un’altra detenuta) con l’accusa di “aver violato le leggi della Repubblica islamica”. Caravelli ha gestito il dossier dal primo giorno grazie anche alla conoscenza del suo omologo iraniano a capo del Vevak.
La notizia della liberazione della giornalista rimbalza in Italia, e non solo, alle 11.24. Quando Palazzo Chigi con una nota informa che “è decollato pochi minuti fa, da Teheran, l’aereo che riporta a casa la giornalista Cecilia Sala”. Qualcosa di grande è successo. O meglio: tutti i pianeti si sono allineati. Fin troppo scontato pensare che la diplomazia di Meloni, oltre a quella dell’Aise, abbia funzionato alla perfezione. In una trattativa considerata complessa 80 in una scala da 1 a 100 dalla nostra intelligence. C’è stato il blitz della premier a Mar-a-Lago dal presidente designato Donald Trump e poi i lavori dei nostri servizi segreti colpiti dalle dimissioni della responsabile del Dis Elisabetta Belloni (al suo posto oggi sarà nominato Vittorio Rizzi) in piena crisi. “Mi chiede se le dimissioni di Belloni i sostituito hanno influito sul buon esito della trattativa? No, anzi”, risponde Tajani al Foglio prima di andare a Ciampino, con un sorriso malizioso. Il ministro degli Esteri, parlando con questo giornale, mette a verbale parole di sfogo: “Matteo Renzi ha violato il silenzio stampa ed è riuscito a fare sciacallaggio politico anche su questo, con un’intervista al vostro giornale”. Tajani in qualità di titolare della Farnesina è stato oggetto di critiche nei giorni iniziali della detenzione della giornalista soprattutto per una frase pronunciata il 29 dicembre quando disse “Cecilia sta bene, sta in una cella da sola”. Versione rovesciata con garbo e fermezza dalla madre della cronista dopo l’incontro a Palazzo Chigi con la premier. Prima di andarsene il vicepremier e leader di Forza Italia risponde a un’altra domanda: il punto di svolta della trattativa è stato la visita di Meloni da Trump? Risposta: “No, prima, il lavoro andava avanti da tempo”. Il padre di Sala in mattinata ringrazierà il ministro degli Esteri per il suo impegno con una dichiarazione densa di stima e riconoscenza. Poco prima che le auto del governo sfrecciassero verso Ciampino, è accaduta un’altra cosa. Questa volta a Palazzo Chigi. Ore 14.03: l’agenzia Ansa segnala la presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio.
E’ una notizia che forse deve uscire perché il Guardasigilli, al di là delle smentite di rito, incontra la premier per concordare un altro corno di questa vicenda. Rimasto sullo sfondo, ma centralissimo: la liberazione dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini, arrestato lo scorso 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa su mandato degli Stati Uniti con l’ accusa di avere trafficato tecnologie militari statunitensi per la costruzione di droni esplosivi. Ieri pomeriggio Meloni e Nordio ne hanno concordato la liberazione, e quindi la mancata estradizione in America. La richiesta sarà rigettata e l’uomo liberato. E’ possibile pensare che i dati che portava con sé al momento dell’arresto siano stati trasmessi dalla nostra intelligence a quella americana.
Il fatto dovrebbe accadere la prossima settimana, comunque certamente prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca prevista per il 20 gennaio e dopo la visita di Joe Biden a Roma che terminerà sabato. Di fatto lo scambio degli ostaggi, tipo il film “Il ponte delle spie”, non c’è stato. Fonti Usa rilanciate dal Wall Street Journal dicono che Meloni sia tornata dalla Florida convinta della comprensione di Trump per la mancata estradizione di Abedini, richiesta dai vertici di Fbi e Giustizia nominati dall’amministrazione uscente. Prima di tornare a casa, e alla sua vita, la giornalista è stata ascoltata dai Carabinieri del Ros all’aeroporto. Il capo della Procura di Roma Francesco Lo Voi ha aperto un fascicolo contro ignoti e sulla base delle dichiarazioni di Sala si capirà che tipo di accuse verranno formulate: non è escluso il sequestro di persona.