Il colloquio
L'ex ministro della Giustizia Martelli: “Nordio fa bene se libera Abedini”
Il già titolare di via Arenula: "E' una scelta politica, io avrei fatto lo stesso". Governo indeciso sulle tempistiche per il rilascio dell'ingegnere iraniano
“Dopo la liberazione di Cecilia Sala bisognerà essere conseguenti. Ovvero consegnare alle autorità iraniane l’ingegnere Mohammad Abedini. Sono tutte congetture, perché per adesso il ministro Nordio non ha firmato nulla. Ma è chiaro che se mi trovassi al suo posto lo farei senz’altro”. Claudio Martelli parla da ex ministro della Giustizia. Al Foglio esprime “grande gioia per come si è conclusa la vicenda legata alla vostra Cecilia Sala”. E su chi ricadano i meriti ha giudizi piuttosto netti. “Finora più che via Arenula il grande ruolo ce l’ha avuto la spregiudicatezza di Giorgia Meloni, che è andata da Donald Trump spiegando le ragioni che spingevano il governo a trattare. E ottenendo comprensione dagli Stati Uniti”. Abedini è ancora nel carcere di Opera. Al ministero della Giustizia sono ore in cui si ragiona su come fare, ma sopratutto quando. Se fino a mercoledì l’intenzione era quella di scarcerare Abedini prima del 15 gennaio, cioè prima della decisione della corte d’Appello di Milano proprio per evitare una scelta di forte e immediata smentita della magistratura, adesso le cose pare stiano cambiando. C’è maggiore fiducia sull’ipotesi che i giudici concedano i domiciliari all’ingegnere iraniano. Cosa che renderebbe più liscio il provvedimento di scarcerazione di Nordio. Dunque al ministero della Giustizia adesso pare siano orientati a intervenire dopo il 15 gennaio. Anche se il tempo a quel punto sarebbe agli sgoccioli, perché Abedini va liberato prima dell’insediamento di Donald Trump il 20 gennaio.
Ma in attesa che si arrivi alla liberazione dell’ingegnere iraniano, c’è già chi dice che stare alle condizioni di Teheran sia un errore, perché può stabilire un precedente pericoloso. “Eppure secondo me questo dovrebbe essere il principio ispiratore in casi come questo”, analizza l’ex ministro Martelli. “L’abbiamo visto anche nel passato, anche all’interno dei nostri confini nazionali. Ricorderò sempre che in tutta la mia vita l’unica volta che c’è stata un’eccezione a una trattativa con i sequestratori è stato nel rapimento di Aldo Moro. Per questo sono convinto che sia ragionevole aspettarsi che si segua il modello Sala anche in casi analoghi da qui in avanti”.
Uno dei riconoscimenti concessi da Martelli, l’abbiamo detto prima, è stata la capacità della premier Giorgia Meloni di convincere un alleato come gli Stati Uniti. Dobbiamo aspettarci però una contropartita da concedere a Washington da qui ai prossimi mesi? “In 70 anni di alleanze, di favori ce ne siamo scambiati tanti, da una parte e dall’altra. Non credo ci possano essere contraccolpi a breve termine”, dice Martelli. “E poi non voglio tornare con la mente alla crisi di Sigonella. In quell’occasione gli americani consideravano i terroristi dirottatori dell’Achille Lauro cosa loro. Craxi riuscì a imporsi, dicendo che spettava a noi valutare la loro posizione, visto che l’omicidio del cittadino statunitense Leon Klinghoffer era avvenuto a bordo della nave, e quindi in territorio italiano. Ma alla fine anche quel precedente non ha incrinato i rapporti tra i due paesi”.
A ogni modo, prima che questo “scambio differito” di detenuti arrivi effettivamente a compimento, il dato di fatto è l’espressione di una precisa volontà politica. E infatti quel che emerge da questa vicenda, secondo lo storico esponente socialista, “è una lezione sul primato della politica. Ci sono momenti cruciali, eccezionali, in cui seguire la procedura non basta. Se avessimo seguito la procedura non saremmo mai arrivati alla liberazione di Sala”, sostiene Martelli. “Come diceva un giurista da me molto distante come Carl Schmitt, ‘sovrano è chi decide nei momenti eccezionali’. Ma quando si devono prendere delle decisioni al limite, allora, chi è che decide? Ecco perché persino le nostre leggi rigide e velleitare contemplano la possibilità che a esprimersi, in ultima istanza, sia il ministro della Giustizia. Come in questa occasione specifica”.
La liberazione di Sala dietro contemporanea liberazione di Abedini, però, non pone rischi per i nostri connazionali nei teatri più difficili a livello mondiali? Ancora ieri Meloni, in conferenza stampa, ha ricordato come solo in Iran ci siano ancora all’incirca 500 italiani. “Questo rischio sta nei fatti. E infatti questa vicenda non è un libera tutti. Anzi, da adesso credo dovrà esserci ancor più prudenza. Non dobbiamo pensare che la liberazione di Sala dia il messaggio che da adesso si potrà andare liberamente in Iran, in Afghanistan, in Sudan, perché tanto il governo ci tirerà fuori dai guai trattando sul destino dei detenuti. Anzi, proprio per prevenire eventuali rischi in alcune delle zone e dei paesi più pericolosi, questa dovrà essere l’occasione per dare una registrata ed eventualmente un aggiornamento alle condizioni di sicurezza dei nostri connazionali. Aumentando il livello di prudenza”. E anche per quanto riguarda la valutazione sulla stessa Repubblica islamica, conclude Martelli, “non è che se siamo arrivati a un accordo cambia il giudizio sull’orrore del regime. E’ semplice realismo politico”.