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L'editoriale del direttore

Un asse di Meloni con Mattarella contro il trumpismo in Europa. Il dopo Sala per Gianni Letta

Claudio Cerasa

Per non fare “il gioco di Trump” la premier dovrà fare ancora di più squadra con il presidente della Repubblica, isolando gli estremismi attraverso il ricorso alla ragion di stato. Il pensiero dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con qualche virgoletta

Gianni Letta ha trasformato il suo silenzio in un formidabile elemento del suo carattere politico e la fisionomia degli uomini di stato che il silenzio sanno come governarlo è quella di trasformare la riservatezza in un perfetto sinonimo di operosità. Chi non parla, lavora. Chi non chiacchiera, opera. Chi tace, agisce. Gianni Letta, per una vita sottosegretario alla presidenza del Consiglio, parla raramente, lo sappiamo, e ancora più raramente lo fa quando di fronte a lui vi è un giornalista che potrebbe riportare le sue parole. E quando dunque il sottosegretario accetta di farsi virgolettare una frase, seppure minima, è un piccolo evento.

Gianni Letta dice, virgolettabile, che “con il caso di Cecilia Sala ha funzionato tutto straordinariamente bene”, e dietro quel bene non c’è soltanto il riconoscimento oggettivo rivolto a Giorgia Meloni ma vi è il riconoscimento oggettivo al lavoro “straordinario” fatto da tutti gli uomini di stato che sono riusciti con un’operazione magistrale a riportare la nostra Cecilia a casa prima del previsto. Le frasi virgolettabili di Gianni Letta finiscono qui. Ma il pensiero dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio no e tra gli spunti di riflessione consegnati al cronista ce ne sono alcuni utili che ci consentono di ragionare attorno a un tema che si collega bene a un dettaglio non irrilevante della fase politica che si aprirà quest’anno, anche per l’Italia, a partire dal prossimo 20 gennaio, ovvero quando Donald Trump si insedierà alla Casa Bianca. Gianni Letta, facendo proprie le efficaci parole di Romano Prodi, dice che questo governo, per fattori multipli e non tutti riconducibili all’oggettiva abilità della premier, è “condannato alla tranquillità”.

Ma questa tranquillità andrà misurata in una fase nuova dove i rischi sono molti e dove non sempre il trumpismo potrebbe essere conciliante come lo è stato magnificamente attorno al caso della nostra Cecilia. Sul caso Sala, è questo il pensiero di Letta, Meloni è riuscita a far prevalere anche l’interesse italiano sull’interesse americano, e Gianni Letta per esperienza personale sa quanto delicata sia la cosiddetta diplomazia dei prigionieri, e lo stesso approccio ora sarà importante averlo anche in partite diverse che si andranno a porre all’attenzione della nostra presidente del Consiglio su un numero notevole partite politiche. Nella conferenza stampa di giovedì, Meloni ha anticipato uno di questi temi, i dazi. Ma più in generale, è il pensiero di Gianni Letta, la premier dovrà provare a non fare “il gioco di Trump” anche quando il presidente americano proverà a fare quello che ha già tentato di fare durante il suo primo mandato: scommettere sui rapporti bilaterali con i singoli stati per dividere l’Europa.

Al Quirinale in molti ricordano quando nel 2019 Trump recapitò a Sergio Mattarella un messaggio dirompente, con il quale il presidente degli Stati Uniti invitava l’Italia a uscire dall’Unione europea. Proteggere l’Europa dal trumpismo sarà un compito importante per Meloni, nel 2025, e sarà importante farlo anche sull’altra partita su cui il trumpismo potrebbe rendere l’Europa e l’Italia più vulnerabile, ovvero il disimpegno americano dall’Ucraina. Non fare il gioco di Trump significa questo e la saggezza di Letta indica al governo una strada prioritaria per difendere l’interesse nazionale da chi un giorno lo potrebbe mettere a rischio: fare ancora di più squadra con il presidente della Repubblica, con Sergio Mattarella, isolando gli estremismi attraverso il ricorso alla ragion di stato. E un paese che nei momenti difficili sa come si fa  funzionare tutto “straordinariamente bene” nei momenti di difficoltà, deve imparare, sostiene Letta, a unirsi con chi può provare a risolvere i problemi, non con chi i problemi può contribuire a peggiorarli. E se Meloni riuscirà a costruire un asse ancora più resistente con Mattarella, essere condannati alla tranquillità, per questo governo, potrebbe diventare, come dice Prodi e come pensa Letta, una condizione vera, e tutt’altro che passeggera.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.