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Il colloquio

Joe Formaggio (FdI): “La Lega va da sola? Voglio vedere. Per il Veneto decide Giorgia”

Francesco Gottardi

Nessuno strappo all'orizzonte, ma gli “amici leghisti” viaggiano ad altre latitudini. “La Lega fa la Lega. Mentre io appartengo a un partito dove decide il capo". Le parole del consigliere regionale meloniano

E’ da giorni che i leghisti veneti vanno suonando le loro trombe, concertone solista per il dopo-Zaia. Ma chi risponde con le campane, in casa FdI? Se il Carroccio spaccherà davvero il centrodestra, alle prossime regionali, gli altri saranno disposti a fare altrettanto? O almeno a prometterlo, oggi? “Non vedo alcuno strappo all’orizzonte. Ma se così sarà, correre da soli non ci toglierà il sonno. Né a me, né a Fratelli d’Italia”. Lo dice Joe Formaggio, “il peggiore dei meloniani in Veneto”. Parole sue. “Chiedete e Giorgia e vi farà il mio nome”. Consigliere di lunga data, manager nel siderurgico, un martello da talk show locali. “Però Giorgia sa anche come ragiono, la mia lealtà nei confronti di FdI, delle sue gerarchie e delle sue istituzioni. Sarà lei a metterci la faccia, a indicare la scelta per il prossimo governatore. Cioè uno di noi”.

E’ l’ultimo baluardo della baldanza meloniana nel nordest. Altrimenti scossa, impreparata alla compatta controffensiva leghista. Circondato dagli zaiani, in tv, Formaggio si è spinto più in là di tutti i suoi colleghi: “Morto un papa – o un doge, ndr – se ne fa sempre un altro”, s’era azzardato a replicare. Da queste parti equivale a una bestemmia. “Discorsi estrapolati”, spiega lui al Foglio. “Zaia è un bravo amministratore, faccio parte della sua maggioranza e non le ho mai negato il mio supporto”. Ma? “Il presidente conosce il mio temperamento: non ho offeso né sminuito nessuno. Ribadisco soltanto che finito il suo quindicennio i veneti non si andranno a suicidare in massa”. Basta e avanza per surriscaldare la Liga. “Non capisco la loro reticenza. Anche FdI può contare su ottimi candidati. Eppure sembra quasi che siamo figli di un dio minore. È ora di cambiare registro”. Il consigliere si aggrappa alla storia. “Nel 2009 ero nel Pdl. Ricordo benissimo: si diceva sempre che prendere un voto in più alle europee equivalesse a una fiche per il dopo-Galan. Vincemmo noi, non la Lega. Però poi si decise – ad Arcore, quindi a Roma – di consegnare la regione a Zaia. Firmato Bossi, Berlusconi, Fini e Casini. Allora, cari amici leghisti, il volere dei veneti una volta era meno importante? O lo diventa ora, per dare il quarto mandato a Zaia?”.

Gli “amici leghisti” però viaggiano ad altre latitudini. Secondo altre logiche. Perfino loro sono sorpresi dalla reazione granitica attorno al presidente e al suo lascito: il coro ha alzato la voce, ma non c’è nessuna voce fuori dal coro. Oggi Zaia parlerà ai veneti. E le sue truppe aspettano il via libera per affondare il colpo: lista Luca, autonomista e venetista. Il resto segue o s’arrangia. È ancora presto per i grandi annunci. Ma dietro le quinte i colloqui sono ben avviati. Zaia, da sempre restio al politichese, sa che questa volta non potrà tirarsi indietro. Appoggerà la sua lista perché in ballo c’è il Veneto, la sua terra e la sua squadra di governo. Da Roma è arrivata pure l’inusuale benedizione di Bitonci – deputato, salviniano, poco avvezzo alle beghe locali. E Salvini? Lascia che sia. Non si è ancora incontrato con Meloni per parlare delle regionali: la famosa “opzione veneta” rivendicata dalla premier in conferenza, stando ai leghisti, è un’uscita in fin dei conti prudente. Perché dietro un’opzione ce n’è sempre un’altra.

“Io sono convinto che si tratti del solito gioco delle parti”, non si arrende Formaggio. “La Lega fa la Lega. Mentre io appartengo a un partito dove decide il capo. Per il Veneto ho un grande sogno: un governatore di FdI che crei una grande holding regionale, per arginare le pressioni lombarde ed emiliane sugli 8 miliardi di servizi – luce, gas, sistema idrico, rifiuti – concentrati qui. Fra otto mesi saremo all’attacco in campagna elettorale. Contro il Pd e soci: non è vero che il centrosinistra veneto sia morto”. Magari ferito grave. “Noi invece stiamo benissimo. Nessuno può dirci che non contiamo nulla”. Qualunque sia la sfumatura: mesi fa Formaggio sconvolse le cronache per il suo appoggio alle lobby delle armi. “E lunedì farò una pizzata con amici per festeggiare l’insediamento di Trump”. Anche per questo, la Liga s’affretta.
 

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