Il costo della Difesa
Svolta Trump sulla Nato: all'Italia servono subito 18 miliardi per aumentare la spesa militare
Il nostro paese è ancora sotto la soglia del 2 per cento e dovrà arrivare in fretta al 2,5 per cento del Pil. Tremori per le finanze pubbliche. Intanto il ministro Crosetto vede a Varsavia i suoi omologhi tedesco, francese, polacco e britannico. E Rutte avverte: "Non può esserci una Nato senza gli Usa"
Normalmente la paura fa 90. In questo caso, invece, fa 18. Sono i miliardi che servono all’Italia per raggiungere quella che sarà la richiesta immediata di Donald Trump al nostro paese: aumentare la spesa italiana per la Difesa, portandola dall’attuale 1,5 al 2,5 per cento. Un punto percentuale che vale appunto18 miliardi. Mezzo in più di quel 2 per cento che l’Italia – che aveva sottoscritto quest’obbligo al vertice Nato di Newport nel 2014, confermandolo poi sotto tutti i governi che si sono succeduti, da Renzi a Meloni – avrebbe dovuto raggiungere già nel 2024. Dal 2022, però, l’obiettivo è stato rinviato al 2028. Tuttavia adessoTrump chiede all’Italia di fare di più. E soprattutto di farlo subito. Altro che dazi insomma. Il vero e più incombente problema che il ritorno di The Donald pone all’Italia riguarda le finanze pubbliche.
Ieri in audizione alla commissione Difesa del Parlamento europeo lo ha lasciato intendere anche l’ex premier olandese e nuovo segretario generale dell’Alleanza atlantica Mark Rutte: “Tutti si preparino a spendere considerevolmente di più del 2 per cento”. L’aumento della spesa militare richiesto all’Italia varrà poco meno di un’intera manovra. I conti dal ministero della Difesa sono stati fatti in maniera certosina. Ma questi soldi nessuno sa dove trovarli. Da Via XX Settembre a Palazzo Chigi, si suda freddo. Ieri il ministro della Difesa Guido Crosetto ha incontrato a Varsavia i suoi omologhi polacco, tedesco, francese e britannico. L’incontro è stato anticipato da un’intervista del ministro della Difesa polacco, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, al Financial Times: “La Polonia può essere il collegamento transatlantico fra la sfida lanciata dal presidente Trump e la sua attuazione in Europa”. La “sfida” sarebbe quella lanciata una settimana fa da Trump nella sua prima conferenza stampa a Mar-a-Lago dopo la vittoria: portare la spesa militare dei paesi Nato al 5 per cento. Altro che due. Per l’Italia significherebbe passare da una spesa per la difesa di 30 miliardi l’anno a 100. Uno scenario davvero poco credibile, anche operativamente. Per esempio significherebbe assumere dal nulla 40 mila nuovi militari. E d’altronde anche gli Usa non spendono così tanto per la Difesa, attestandosi un po’ sotto la soglia del 3,5 per cento del pil. Solo i polacchi arrivano vicini, con il 4,7. E anche Crosetto ieri spiegava che: “L’industria europea non sarebbe nemmeno in grado di soddisfare una spesa del genere”. “La richiesta del 5 per cento – dice al Foglio l’ex ministro della Difesa, il dem Lorenzo Guerini – è una sparata. Bisogna invece seriamente che tutti i membri garantiscano almeno il 2 per cento, una soglia che Trump chiederà di aumentare”.
Come fare però? I calcoli del ministero della Difesa hanno mandato in confusione il governo. Non è un caso che Crosetto stia insistendo da tempo affinché le spese per investimenti militari vengano scorporate dal calcolo del debito per il rispetto delle regole del Patto di stabilità Ue. Senza trovare le risorse diventa per l’Italia una sfida quasi impossibile. La questione è stata riproposta anche ieri al vertice a cinque e pure negli scorsi giorni quando a Palazzo Chigi è venuta in visita Kaja Kallas, Alto rappresentante della Ue per la politica estera e di difesa. Kallas è estone. E i paesi baltici, che già spendono intorno al 3 per cento del loro pil per la Difesa, sono molto sensibili sul punto: sono il fronte ultimo con la Russia. Quelli che rischiano sul serio. E una crescita consistente della spesa militare dei principali paesi europei è un grande disincentivo a qualsiasi azione russa. E però spiega al Foglio Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dell’Istituto affari internazionali: “Dal 2014 al 2024 la maggioranza dei paesi Ue ha aumentato con forza i rispettivi bilanci nazionali della Difesa rispettando le regole del Patto, facendo scelte anche dolorose. L’Italia non lo ha fatto, oggi ha meno credibilità nel chiedere di scorporare le spese”. E in effetti quando nel 2014, dopo l’invasione russa della Crimea, tutti i paesi Nato s’impegnarono a raggiungere il 2 per cento del pil erano solo cinque i paesi che rispettavano il target. Oggi sono 23 su 32. Inadempienti oltre all’Italia sono rimasti Portogallo, Spagna, Canada, Belgio, Slovenia e Croazia.
Al prossimo vertice Nato, che si svolgerà all’Aia dal 24 al 26 giugno, Trump farà ai partner delle richieste precise in cambio dell’impegno americano nell’Alleanza. E’ probabile che la soglia richiesta sarà quella del 3 o del 3,5, in linea con gli Usa. “E’ chiaro – dice Guerini – che le risorse saranno fondamentali, ma accanto a esse è necessario capire che direzione Trump vorrà imprimere alla visione americana della Nato”. Si tratta, fra le altre cose, dell’impegno delle forze americane sul suolo europeo. E’ chiaro che Trump per mantenere l’attuale assetto pretenderà qualcosa dall’Europa. Anche per questo è interessante il format di paesi che ieri si è incontrato a Varsavia. Spiega Marrone: “L’incontro fa seguito a uno analogo avvenuto lo scorso novembre a Berlino. E’ un formato potenzialmente rilevante perché rappresenta i paesi europei che investono di più nella Difesa e la Gran Bretagna. Ognuno cercherà di trattare bilateralmente con gli Usa, ma un minimo di coordinamento darebbe più leva rispetto ad andare in ordine sparso”. D’altronde l’Europa non può fare a meno degli Usa. Lo spiegava ieri Rutte: “Avere una Nato europea è un’illusione. Senza gli Usa la spesa militare salirebbe all’8 per cento perché servirebbe costruire un ombrello nucleare, e poi ci metteremmo almeno 15 anni”. Intanto si ragiona sulla questione dei finanziamenti comuni. Sarà affrontata il prossimo 3 febbraio dai leader europei nel vertice informale convocato ieri dal presidente del Consiglio Ue António Costa e allargato al premier britannico Keir Starmer.