Il retroscena

Lo scudo di Meloni per gli agenti e l'allerta del Colle. La Lega prova lo strappo

Simone Canettieri

La premier vuole evitare l'iscrizione del registro degli indagati per atto dovuto, Salvini spinge per un decreto ma l'ipotesi più plausibile è quella del Disegno di legge ad hoc. I timori del Quirinale

Siccome il frontale con il Colle è dietro l’angolo, alle 18.57 Palazzo Chigi modifica la rotta sullo scudo penale per i poliziotti. Non lo chiama scudo. Ma per estratto – non esiste un testo e nemmeno una bozza – si ragiona su  un meccanismo in base al quale in casi come quello del carabiniere Luciano Masini (che a Capodanno è intervenuto uccidendo un uomo che aveva accoltellato quattro persone) non ci sia l’iscrizione automatica nel registro degli indagati. La vicenda sta a cuore a Giorgia Meloni, che ha citato Masini in conferenza stampa. Sono al lavoro il sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro della Giustizia Carlo Nordio.   

 

Ieri sera la vicenda è deflagrata all’interno della maggioranza perché non c’è intesa sul veicolo del provvedimento. E poi anche nel merito Forza Italia è abbastanza cauta. La Lega vorrebbe che passasse con un decreto legge senza agganciare sotto forma di emendamento il ddl Sicurezza, ancora in conversione e destinato alla terza lettura per raccogliere i “suggerimenti” del Quirinale. Il partito di Matto Salvini – ieri irreperibile, in un’altra giornata no per i trasporti italiani – non vorrebbe nemmeno la terza lettura del Ddl Sicurezza. Ma anche l’idea di un decreto del governo in assenza dei requisiti d’urgenza rischia di essere un azzardo per Palazzo Chigi nei confronti del Quirinale. Il Colle è dubbioso. Non ha visionato testi, ma chi frequenta i corridoi del capo dello stato Sergio Mattarella è molto cauto. In maniera accademica e senza scomodare costituzionalisti trapelano ragionamenti di buon senso, Carta alla mano, come il principio fondamentale di tutti gli ordinamenti che “la legge è uguale per tutti”.

 

Il 2025 rischia dunque di aprirsi con il botto sull’asse Colle-Chigi? Al Quirinale confidano nelle capacità dei giuristi del governo. Insomma, l’esecutivo sembra avvisato. Al momento, salvo forzature, questa norma potrebbe essere contenuta in un ddl ad hoc, magari con una corsia privilegiata in Parlamento per evitare che finisca su un binario morto. Ma cosa contiene? Galeazzo Bignami capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera la spiega così: “Stiamo riflettendo sull’ipotesi di introdurre la possibilità di svolgere accertamenti preliminari, come esami balistici o perizie di vario tipo, senza necessariamente iscrivere nel registro degli indagati chi ha compiuto un uso legittimo delle armi, come previsto dall’articolo 53 del codice penale”.

 

In Via Arenula il gabinetto di Nordio ragiona – è tutto embrionale – sul registro delle non notizie di reato “per evitare lo stigma dell’inchiesta”. Dal Quirinale davanti a questi scenari, che al momento non fanno testo, ricordano comunque che alcuni aspetti possono essere risolti per via amministrativa e che sono già contenuti nella legge Cartabia. Sarà un provvedimento complicato anche per le possibili ripercussioni. Anche perché si innesta nel clima di proteste e violenze a Roma e a Bologna, per la morte di Ramy a Milano. Le opposizioni, tutte, sono sulle barricate contro uno provvedimento che considerano “inaccettabile”.

 

La parola “incostituzionale” rimbalza con forza. Il tutto si mischia con il Ddl Sicurezza che, sempre secondo il Colle, deve recepire alcune modifiche. Da qui la terza lettura. Segnali che riguarderebbero l’iniziale stretta sulle sim per i telefonini in possesso dei migranti, ad esempio. Oppure il passaggio che prevede la carcerazione delle donne incinte. Una norma pensata per fermare il fenomeno delle borseggiatrici che utilizzerebbero la gravidanza per evitare la detenzione.

 

Un criterio che sarebbe ritenuto troppo onnicomprensivo. Stesso discorso vale anche per le pene previste per la resistenza passiva in carcere equiparate agli atti di violenta rivolta. Le stesse perplessità del Quirinale riguarderebbero anche l’elenco delle opere pubbliche di interesse nazionale per cui vale il divieto di manifestare: l’elenco può essere modificato solo dal Parlamento. Infine, la questione delle attenuanti cancellate a fronte delle aggravanti nei casi di violenza contro le forze di polizia. Anche su questo punto il Colle è contrario.

 

Un lento braccio di ferro dunque è già iniziato. Anche perché Salvini vorrebbe spingere sull’acceleratore del Ddl Sicurezza senza un’altra lettura. Tuttavia in questa battaglia la Lega è sola contro Fratelli d’Italia e Forza Italia pronti ad aprire alle modifiche necessarie. Sullo sfondo c’è la vicenda dello “scudo” per gli agenti. Un argomento su cui Meloni non vuole cedere pronta a cavalcare la svolta securitaria come primo tema di politica interna di questo 2025.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.