l'intervista
Non lasciare l'Europa a Putin. Parla Crosetto
Quello che succede ogni giorno in Ucraina: “Inaccettabile”. La pace in medio oriente: “Solo dopo lo sradicamento del terrorismo”. E poi Trump, gli obblighi con la Nato da rispettare, Musk e le vere minacce, la decadenza dell’Europa. Una chiacchierata con il ministro della Difesa
“Non puoi pensare di mantenere in vita e in attività, in quella zona, delle organizzazioni il cui scopo è la distruzione di Israele, la sua cancellazione dalle carte geografiche. Hamas non è un semplice partito che si contrappone ad Abu Mazen, è un movimento terroristico che ha come scopo l’occupazione di un territorio per poter distruggere Israele, che non chiama neanche Israele, ma entità sionista. La stessa cosa vale per Hezbollah. E per gli houthi. Non puoi pensare che esista un equilibrio o una stabilità in una zona in cui ci sono più entità che vogliono distruggere il loro vicino. La pace passa attraverso uno sradicamento politico, culturale, sociale, del terrorismo. E pure per il rafforzamento di uno stato palestinese che abbia l’obiettivo di diventare stato, di dare servizi e ricchezza ai suoi cittadini, di ricostruire e non di distruggere altri”.
Un anno e mezzo dopo l’inizio del conflitto, il fronte del terrore, se così possiamo chiamarlo, alimentato dall’Iran: è più debole o più forte?
“E’ evidentemente più debole perché Hamas e Hezbollah sono più deboli e perché il ‘fronte del terrore’ è stato a sua volta colpito in profondità. Ma questa debolezza va coltivata, va usata per costruire alternative positive, per far evolvere un atteggiamento e mentalità diverse. Questo è il motivo per cui, noi ad esempio, non da oggi, ma da due anni, stiamo lavorando al rafforzamento delle forze armate libanesi. E’ questo l’unico modo per indebolire definitivamente Hezbollah, che è oggi l’unica forza militare organizzata ed efficiente in Libano. Se io rafforzo le forze armate statali posso pensare di disarticolare quell’esercito parallelo che risponde all’Iran e non alle istituzioni libanesi. Devo far diventare Hezbollah sempre più debole e meno attrattiva. Per questo ci siamo posti, come obiettivi militari e politici, non solo quello di formare e di equipaggiare le Laf (Lebanese Armed Forces), ma anche quello di assicurare loro uno stipendio almeno pari a quello che viene pagato dall’Iran agli Hezbollah. Se siamo arrivati a questa tregua è anche grazie al lavoro che, tutti insieme, abbiamo fatto nei due anni precedenti e che ha consentito a Israele di credere in questa possibilità. Stiamo mettendo in piedi un’alleanza, un gruppo di ‘Paesi donatori’ che comprende paesi occidentali e paesi arabi. Lo fa, in silenzio, proprio l’Italia e in qualità di paese capofila. Lavoriamo zitti, sodo, e basta. Lo riconoscerete dai frutti”.
Quale sarà il post conflitto più difficile tra medio oriente e Ucraina?
“Adesso è più difficile da immaginare in Ucraina. In medio oriente l’attività israeliana ha indebolito i nemici della pace. In Ucraina il nemico della pace è la Russia e non è più debole, anzi. Sarebbe più debole se per Putin contassero i morti, ma per lui non contano né i morti né il tempo, come dico da anni. La Russia ha un’economia di guerra per cui produce, anche grazie a Iran, Cina e Corea, molte più armi di quelle che produceva tre anni fa”.
E’ credibile che Trump possa triangolare con i sauditi come fece già nella sua prima esperienza alla Casa Bianca, per provare a indebolire ulteriormente l’Iran e per provare a stabilire una pace anche tra palestinesi e Israele?
“L’Iran è un elemento di crisi sempre costante, e non solo per gli Stati Uniti, ma per tutti i paesi del medio oriente e i paesi arabi moderati del Golfo in particolare. L’Iran è un attore non dialogante, ma che cerca di predominare, di occupare anche culturalmente, di inoculare integralismo. E’ un problema principalmente per i paesi arabi moderati, non per i paesi occidentali. E’ un competitor fondamentale per destabilizzare quei paesi ed è ovvio che il loro desiderio sia quello di un Iran più stabile, meno problematico, meno aggressivo”.
Tema spazio: Starlink quanto è un’opportunità e quanto una minaccia o entrambe le cose? Per cosa viene già usato dall’Italia e dall’esercito?
“Viene già utilizzato per le comunicazioni non classificate, tipo quelle dei militari che sono su una nave e devono chiamare casa. Se io ho una nave, ho il Vespucci, per dire, o ho qualunque nave che naviga in mezzo all’Atlantico o al Pacifico, l’unico modo per comunicare, ovunque mi trovi, spesso è quello. Ma parliamo di un tipo di utilizzo paragonabile a quello di Tim o di Vodafone”.
Quali sono invece le comunicazioni riservate che un domani potrebbero essere affidate a Starlink?
“Le comunicazioni tra una nave e lo stato maggiore, le comunicazioni strategiche, i dati rilevanti, per esempio. Quelle sono comunicazioni che devono passare su un canale protetto e non devono in nessun modo essere intercettate o conosciute”.
Attualmente quelle comunicazioni come avvengono?
“Quelle comunicazioni avvengono attualmente attraverso sistemi satellitari che abbiamo in orbita e sono chiaramente cifrate”.
E perché allora è necessario trovare un altro sistema?
“Perché quelli che ci sono non coprono tutto, cioè non coprono qualsiasi posto nel mondo, in ogni momento”.
Cioè ci sono dei posti in cui potrebbe non funzionare?
“Sì. Poi c’è il tema che le applicazioni più complesse hanno necessità di una latenza più bassa possibile. Cioè: tu hai diversi tipi di satelliti, hai quelli geostazionari che si muovono in modo sincrono con la Terra a circa 36.000 km di distanza, cosa che consente loro di poter coprire in modo continuo una parte molto grande di territorio terrestre. E poi ci sono i satelliti tipo quelli di Starlink, che sono satelliti in orbita bassa, cioè lanciati a un’altitudine compresa tra i 200 km e i 1.200 km dalla crosta terrestre, che ruotano molto velocemente attorno alla Terra e ti danno una latenza bassissima nelle comunicazioni. Poi ci sono anche i satelliti in orbita media e quelli eliosincroni che sorvolano un dato punto della superficie terrestre sempre alla stessa ora solare locale. Ognuno ha caratteristiche diverse. Qual è l’approccio italiano? Usarli tutti, usare quelli a orbita bassa, media e alta. Splittare in tre le comunicazioni riservate, sempre cifrate, in modo tale che nessuno le abbia. Per cui il tema della sicurezza rispetto al sistema di Musk è capzioso perché noi da due anni e mezzo stiamo pensando a come utilizzare tutti i sistemi presenti, compresi quelli europei, per comunicare in ogni condizione e in ogni luogo sia necessario, proteggendo la nostra sicurezza. Siamo uno dei pochi paesi al mondo ad avere le tecnologie per poterlo fare in sicurezza cifrando, splittando e rendendo le nostre comunicazioni sicure qualunque sia lo strumento che pensiamo di usare. Adesso si stanno preoccupando tutti della sicurezza di Musk e poi usiamo telefonini dove passa ogni tipo di informazione possibile, che sono telecamere e microfoni aperti 24 ore su 24, utilizzabili con facilità da chiunque, e nessuno si preoccupa di un problema gigante di privacy”.
Ci si può anche preoccupare contemporaneamente dei Trojan e di Musk!
“Il problema è che mentre noi proteggeremo i nostri dati e le nostre trasmissioni, come difesa e come nazione, qualsiasi sistema decideremo di usare, nessuno o quasi si preoccupa di tutto il resto, come la penetrabilità e la vulnerabilità cyber di tutto il nostro sistema informativo. Io sono molto più preoccupato della penetrabilità cyber quotidiana. In questo momento, mentre parliamo, abbiamo decine di attacchi cyber e li subiamo ovunque”.
Quanti sono gli attacchi cyber quotidiani?
“Centinaia, ovunque. Ho scoperto che un paese, non dico quale paese, si è studiato tutto il nostro bilancio entrando nel sito del Mef, chissà perché. Ci sono intercettazioni di dati che alcune nazioni immagazzinano anche se non riescono a decifrarli perché sanno che lo sviluppo tecnologico prima o poi consentirà loro di poterli utilizzare. La tecnologia quantistica, infatti, sarà in grado di superare qualunque cifratura attuale. Per questo noi ci stiamo preparando, studiando una cifratura quantistica”.
Musk ci porta all’ultima parte del nostro ragionamento, cioè il Musk politico, il Musk che sostiene i partiti più estremisti. Non c’entra con la sicurezza, è un discorso di altro tipo.
“Ma quello è un altro tema. Il monopolio che ha Musk, come qualunque monopolio mondiale, non è una cosa irrilevante ed è un potere eccessivo. Il problema è: signori, vi svegliate adesso? La prima volta che ho parlato di Starlink con l’amministratore delegato di Avio e del fatto che i lanciatori di Musk avrebbero messo in crisi i nostri lanciatori, è stato sette anni fa. La prima volta che ho parlato del fatto che la copertura delle aree nere grigie col satellite sarebbe stata molto più conveniente rispetto a quella della fibra, è stato cinque anni fa. Musk non è nato oggi, ma ha fatto comodo far finta che non esistesse e continuare con investimenti in tecnologie che lui avrebbe spazzato via”.
Non sfuggiamo però dal punto: il Musk politico, il Musk che sostiene partiti estremisti in Europa. Sul Foglio l’abbiamo chiamata la Decima Musk. Non vi fa paura?
“Per fortuna non è una persona come Musk che può influenzare il voto in Germania, ma vale per lui lo stesso ragionamento che ho fatto per l’Italia e ogni altra nazione: non mi piacciono i tentativi di influenza esterna sui processi democratici nazionali. Noi l’abbiamo patita sulla nostra pelle e l’abbiamo sempre combattuta”.
Possiamo dire che Crosetto si augura che Trump non segua le indicazioni politiche di Musk in Europa?
“Guardi, secondo me, Musk non influenzerà Trump. Il lavoro principale che farà Musk, e voglio vedere come lo farà, sarà quello che gli ha affidato Trump, cioè di incidere sulla spesa statale americana. E poi vediamo quanto durerà il rapporto tra due persone molto forti come sono loro”.
Però c’è un disegno storico di Trump in Europa. Assecondato anche da Musk. E quel progetto è semplice: indebolire l’Europa, renderla più fragile, più vulnerabile, meno competitiva. Ci auguriamo che questo sia uno scenario che questo governo farà di tutto per evitare. O no?
“Le dico una cosa molto dura: l’Europa non è più un problema per nessuno”.
In che senso?
“Purtroppo, l’Europa non è più un competitor industriale perché si è quasi autodistrutta. Non è un competitor economico perché anche lì si è indebolita e relegata a un ruolo comprimario sia nella finanza che nei valori azionari. Non è un competitor sulle energie e le materie prime perché non ne abbiamo e siamo totalmente dipendenti da altre nazioni, in primis la Cina, per tutti i materiali strategici e quelli necessari per le nuove tecnologie, come le terre rare. L’Europa ogni anno è molto meno interessante e molto meno rilevante nel mondo. Solo noi non ce ne accorgiamo. Noi siamo in decadenza, nemmeno più lenta, ma rapida, grazie agli errori madornali dell’approccio burocratico-ideologico con cui Bruxelles ha gestito gli ultimi decenni del suo governo. Abbiamo pensato di poter utilizzare il potere regolatorio per educare il mondo e il mondo ci ha marginalizzato mentre noi ci legavamo da soli mani e piedi. Occupiamo ancora palazzi bellissimi che non siamo più in grado di mantenere. Non ce ne rendiamo conto e ci stiamo autodistruggendo. Le pare normale che nessuno si sia preso la responsabilità politica di ciò che sta accadendo nell’industria automobilistica europea, tedesca in primis, e che si trascina dietro anche la catena di forniture dell’Italia? Noi abbiamo inseguito un obiettivo ideologico, regalando l’auto alla Cina, quando eravamo i padroni assoluti dell’auto e quando sapevamo bene, ormai, che il ciclo completo, l’auto elettrica, inquina molto di più di un’auto tradizionale con i nuovi carburanti bio, dove l’Italia, per esempio, sarebbe leader con l’Eni”.
E cosa può fare l’Italia per provare, nel suo piccolo a far diventare più rilevante l’Europa? Rinunciatari, no grazie.
“La sfida la vinci con la velocità. Serve un’Europa veloce, pragmatica, che competa per assenza di burocrazia e opportunità finanziarie. Trump, che governerà una delle nazioni meno burocratiche al mondo, vuole eliminare ancor più burocrazia, noi la aumentiamo. Non abbiamo politiche d’investimento, ci facciamo competizione dall’interno, per cui l’Olanda ha una legislazione che sottrae holding italiane. Noi non abbiamo più holding, grandi holding italiane, che abbiano sede in Italia. Non esiste cooperazione per i grandi problemi perché la politica estera della Francia, per dire, è diversa da quella della Germania, ed è diversa da quella dell’Italia. Guardi Macron. Il presidente francese si muove per l’Europa? No, si muove per la Francia. Ieri ha annunciato una conferenza per la ricostruzione del Libano. Lo ha fatto da solo, come se l’Europa non esistesse. Come se nessuna nazione europea esistesse. Perché, politicamente, in politica estera è drammaticamente sempre così. Nel trattato di pace che è stato fatto in Libano, ad esempio, con il meccanismo a 4, poteva esserci l’Italia, che è stato uno dei maggiori paesi contributori, e invece non c’è, nonostante ci volesse Israele, nonostante ci volesse il Libano e nonostante ci volessero gli Stati Uniti. Perché non c’è? Chiedere alla Francia. Questa è l’Europa. Quindi, quando parliamo di Europa unita parliamo di un sogno che nella realtà quotidiana non si vede, non esiste, è una pura chimera, se non attraverso una sempre meno accettabile attività regolatoria. L’esempio più evidente (sì, so di parlare di una cosa ridicola e lo faccio in modo provocatorio) sono i nuovi tappi per le bottiglie di plastica: vaste programme”.
Attrattività che manca, burocrazia che non viene sburocratizzata, competitività che viene trascurata, imprese lasciate al loro destino: stiamo parlando dell’Europa o stiamo parlando dell’Italia?
“Ma guardi che il governo di cui faccio parte è il primo governo che ha lanciato allarmi su tutti questi argomenti, e non solo: sta provando a modificare le cose. Ha lanciato anche una sfida che l’Europa non ha ancora capito. Un’Europa che è priva totalmente di materie prime vive se si aggancia all’Africa. Vive se diventa il primo motore di scambio e di ricchezza dell’Africa. Cooperando non depredando. Questa non riusciamo ancora a spiegarla”.
La domanda era specifica. Imprese, burocrazia e competitività. Possiamo dire che su questi temi serve una nuova fase, anche uno scatto da parte del presidente del Consiglio e del vostro governo?
“Guardi, il governo ha lavorato in questi due anni e mezzo e ha consolidato una credibilità che quando siamo arrivati non avevamo, anche per la disinformazione atta ad avvelenare i pozzi. Tutto il mondo era contro di noi. L’Italia ora ha il ministro dell’Economia che vince il premio come il miglior ministro dell’Economia d’Europa ed ha uno dei premier più considerati e autorevoli in Ue e nel mondo”.
Credibilità e affidabilità. Manca l’attrattività. Manca la capacità di sapere guardare al futuro. La visione. La creatività e il coraggio per aiutare le imprese. Non trova?
“La prima parte è consolidata. Adesso, è vero, bisogna fare uno scatto e lavorare sulla competitività e sull’attrattività dell’Italia. Si può fare di più. E penso che questo sia l’obiettivo dei prossimi anni. Anzi dei prossimi sette anni e mezzo di Giorgia Meloni. Vedrà – dice Crosetto con un sorriso – ci scommetto sopra quello che vuole”.