Il caso

Santanchè d'acciaio: avanti contro tutti. Nonostante La Russa e il silenzio di Meloni

Simone Canettieri

La ministra del Turismo tira dritto: "Non mi dimetto". In Via della Scrofa assistono alla prova di forza "preoccupati da questo clima impatti sul lavoro di Daniela"

La posizione di Giorgia Meloni sul caso  Santanchè somiglia al tormentone del professore Antonino Tamburello che impazza sui social: “Vuoi farlo? Fallo. Potresti anche non farlo,  però se lo vuoi fare, fallo”. Il tema sono le dimissioni della ministra del Turismo, che la premier  forse si aspetterebbe anche se finora – dice – non gliele ha mai prospettate. Anche perché la Pitonessa, mentre Fratelli d’Italia in silenzio si avviluppa su stesso, dice che non ci pensa proprio a mollare dopo il rinvio a giudizio per falso in bilancio e che semmai potrebbe farlo davanti alla richiesta del gup per truffa ai danni dello stato. Stallo alla messicana. Santanchè non molla, ne fa una questione di principio e di precedenti nei confronti degli altri. E’ sola, e se ne infischia. Nonostante la puntata di “Report” di domenica si preannunci croccante.  

Nonostante Ignazio La Russa si sia esposto, andando a parlare a “Un giorno da pecora”, per dire  che la Santa “stia comunque in una fase di valutazione, credo stia valutando e sono sicuro che valuterà bene”.  Le parole del presidente del Senato arrivano dopo quelle della ministra e sembrano comunque una presa di distanza o almeno un invito alla riflessione: molla, fallo per te. “Nessuno mi ha mai chiesto un passo indietro”, dice Santanchè da Verona con una forza e una nettezza che fanno esclamare ai suoi amici: “E’ una donna con gli attributi”. Ma che fa mormorare ai detrattori dentro FdI: “E’ una scatola nera, sa troppe cose, e sa di saperle”. Resta il fatto che la ministra prima di partire per Gedda – dove con un sapiente gioco di agende non incrocerà Meloni attesa oggi – dice in chiaro che si difenderà al processo e non sui giornali, che non patteggerà, che non se ne andrà  appunto per questo processo per falso in bilancio, ma che la riflessione la farà quando e semmai sarà rinviata a giudizio per truffa all’Inps. Quindi anche la suggestiva data spartiacque del 29 gennaio per capire dove andrà il procedimento, se resterà a Milano o se ricomincerà da capo a Roma, non esiste. Almeno per la diretta interessata.

Discorso diverso per Meloni. Che per la prima volta sembra quasi subire, salvo magari stupire tutti con un blitz quando gli impegni internazionali della ministra saranno terminati. Il caso è nelle mani della premier, ovviamente.   La sorella Arianna e Giovanni Donzelli assistono a questa telenovela. Il pensiero che trapela da Via della Scrofa in queste ore è molto delicato. E suona così: “Non c'è preoccupazione e non c’è alcun braccio di ferro. Le cose da noi non funzionano così. C’è riflessione, sicuramente, confronto, ma in un clima di assoluta serenità e valutazione del quadro complessivo”. Per FdI  non ci sono “dimissioni automatiche in caso di rinvio a giudizio”. Ma attenzione: “Bisogna solo valutare, con Daniela, quanto questo impatti sul suo lavoro di ministro”. La Pitonessa d’acciaio al momento sembra inscalfibile e resistente agli urti per quanto senza una voce forte e chiara le dica “resta  con noi, non ci lasciare”. Meloni in questa fase vola alto, anche se le dispiace dover fare i conti con queste grane interne. Per tutto il resto c’è Musk. Kimbal, per la precisione. Fratello minore di Elon che ieri ha varcato il portone di Palazzo Chigi in compagnia di Andrea Stroppa,  referente italiano del patron di Tesla e SpaceX, e della moglie del tenore Andrea Bocelli, Veronica Berti. E’  stata la tappa di maggior prestigio di questo mini-tour per ministeri – compreso quello di Matteo Salvini – ed è servita per un incontro con il ministro della Cultura, Alessandro Giuli (con Giorgia Meloni solo una stretta di mano al volo in corridoio). Musk indossava un cappello alla texana, molto stile Santa dei vecchi tempi, hanno notato con malizia i cronisti interessati a questa visita. Che pare serva a sviluppare progetti inerenti alla cultura. Fratelli di Marte.
                       

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.