L'editoriale dell'elefantino
La verità sulla politica nella giustizia
Finché non sentiremo i magistrati riconoscere che ci sono guasti da riparare, che qualcosa bisogna fare, faremo bene a fidarci di più del potere legislativo, che almeno è sottoposto ogni tanto al controllo elettorale
I magistrati protestano contro le riforme proposte dal potere legislativo. Va bene. Ammettiamo che non siano una categoria affetta storicamente da una cultura o sottocultura eversiva, e che la loro sia esclusivamente una preoccupazione a tutela del livello di legalità da difendere. Affermiamo per di più che non c’è corporativismo nella rivolta e nello sciopero contro l’intervento sulle loro carriere. Affermiamolo per comodità di ragionamento e per estremo sforzo di imparzialità argomentativa. Bisogna tuttavia ammettere che in tutte le democrazie o simili le avventure della giurisdizione in relazione alla politica sono burrascose. Un fatto, incontrovertibile. Per decenni qui ci siamo esercitati nel segnalare gli indici meteorologici e ciclonici quotidiani. Quando c’era Lui, cari voi, quando dominava il Cav., dal governo o più spesso dall’opposizione, la fantasia nazionale era quella del conflitto di interessi. Dossier totalmente abrogato dallo sviluppo degli avvenimenti nel mondo. E questa fantasia era condita da sapori giuridicamente forti: evasione fiscale, finanziamento irregolare della politica, traffico di influenze, come si dice oggi, corruzione della magistratura. Addirittura, e qui si rideva, Cosa Nostra di Brianza. Anche edilizia e televisione commerciale chissà da dove erano arrivate, il genio e il talento e la squadra erano esclusi dal novero delle cause, qualcosa sotto “Drive In” e Milano due e “Beautiful” doveva pur esserci. Così per trent’anni abbiamo vissuto di pane, giustizia, ingiustizia e buona e cattiva politica, ma è l’intreccio che conta. L’Italia sembrava un caso unico al mondo, fra classi dirigenti per bene e magistrature impeccabili per ogni dove tranne che da noi.
Ora Trump si è fatto dare dal popolo pieni poteri per combattere tra l’altro la weaponisation della malagiustizia, e si prepara a castigare i reprobi di un sistema fondato sulla separazione delle carriere e sull’elezione dei magistrati e su una tradizione di rispetto per la loro giurisdizione quasi assoluta. Brutta faccenda quando i Barabba, i colpevoli, vengono scelti per il comando.
Ma che dire del socialista Sánchez e della sua affascinante moglie Begoña e della sua denuncia della malagiustizia? Che dire del ridente ex presidente Sarkozy, il cui sarcasmo è stato intrappolato, a suo dire, per ragioni politiche? Che dire delle decine di uomini di sinistra, e donne, che sono stati accusati, si è poi visto con qualche leggerezza, di brutti reati, e invalidati, e colpiti e affondati? Che dire delle battaglie tra magistrati, delle reciproche accuse di loscaggine, delle condanne dei cavalieri dell’apocalisse mediatico-politica? Problemi tra giustizia e politica sono emersi in modo spettacolare ovunque, e la politica nella giustizia, meglio, nella sua amministrazione, si è fatta vedere in modo spesso osceno dal caso Palamara al caso Davigo. Nessuno è colpevole fino a prova contraria, diciamo così, ma nessuno in questa materia è innocente, è provato che c’è una questione da risolvere.
I magistrati fanno finta di non esserne consapevoli. Continuano a dirci che fanno solo il loro mestiere e che gli si vogliono mettere i bastoni fra le ruote per farsi gli affari propri con mezzi e risorse pubbliche, brandiscono la Costituzione, che hanno fatto o scritto i parlamentari, compresi gli articoli sacrosanti sull’immunità, e non il Csm. Sono stati avvertiti, criticati, da presidenti della Repubblica, da uomini del sistema, da uomini contro il sistema, da altri magistrati in vena di denuncia, da semplici cittadini che hanno perso fiducia nella imparzialità della giustizia, e loro fanno finta di niente e si riparano dietro la cortina fumogena e mediatica e dietro le pratiche a difesa presso il parlamentino delle correnti e il loro sindacato. Non è una cosa seria. Finché non sentiremo i magistrati riconoscere che ci sono guasti da riparare, che qualcosa bisogna fare, faremo bene a fidarci di più del potere legislativo, che almeno è sottoposto ogni tanto al controllo elettorale.
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