Il racconto
Gli europarlmentari del Pd: "Meloni è imbattibile, Schlein non può farcela"
La paura del Partito democratico: "Le liste le fa Elly"
Indagata e lodata anche dal Pd. A Bruxelles, Bonaccini, Gori, Nardella e Picierno lodano Meloni, a Roma il partito diviso sul Salva Milano e ddl partecipazione. La parola magica: congresso
Meloni indagata, Meloni lodata. Gli europarlamentari del Pd sono i nuovi esuli italiani, la resistenza con il passaporto. Si riparano a Bruxelles ma di Elly Schlein dicono questo: “Con Meloni è inutile. Non può farcela. E’ impossibile batterla. Meloni si sta muovendo da statista. Ha compiuto un capolavoro liberando Cecilia Sala. E’ bravissima. Serviranno anni per raggiungerla. Le va riconosciuto. Bisogna farle i complimenti”. Sono le frasi che corrono lungo i corridoi dell’europarlamento, e sui telefoni di Pina Picierno, Dario Nardella, Giorgio Gori e Stefano Bonaccini, i Salvemini oltre patria, la corrente Gentiloni e libertà. Sono sedotti da Meloni, ma non possono ripeterlo pubblicamente, tifano Schlein perché mette la firma sulle prossime liste, ma sono convinti che si perde. Il congresso è la speranza, il loro 25 aprile.
Lo confermano dal partito, dal Pd, alla Camera, “a Bruxelles, abbiamo la cellula Gentiloni e libertà. E’ vero. I riformisti pensano che con questa Meloni, Schlein non abbia possibilità”. Si parlano per silenzi e fuori dai confini. L’ultima assemblea dei gruppi, ieri. Argomento: il ddl sulla partecipazione dei lavoratori. In Aula è arrivato il testo proposto dalla Cisl, e il Pd, che non aveva una sua proposta autonoma, lo ha emendato. Cecilia Guerra, che siede in segreteria e che ha la delega al Lavoro, ex sottosegretaria dell’Economia, spiega ai colleghi che così si danneggia la Cgil, a favore della Cisl, ma i riformisti del Pd, Lorenzo Guerini, Piero De Luca, non ci stanno. E’ impazzimento generale e replica: “Se si è emendato il testo significa che il testo lo si è riconosciuto come un punto di partenza. Non facciamoci male”. Da Genova arriva Andrea Orlando, che ha il mandato, da parte di Schlein, di dialogare con Confindustria, con gli imprenditori. Una fatica. Nelle stesse ore, al Senato, viene audito il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che difende il “Salva Milano”. Ancora impazzimento. Alla Camera, il partito, con la sua capogruppo Chiara Braga, ha detto sì ma al Senato, Ciccio Boccia ha detto no. Cosa è accaduto? Dai sotterranei del Nazareno: “E’ accaduto che 150 urbanisti hanno sottoscritto un documento contro il Salva Milano, e il Pd faceva la figura di tolla”. Ma avere sostenuto il disegno alla Camera, per poi ripensarci al Senato, che figura è? Dario Franceschini, il luminare del partito, l’Alexander Fleming dei progressisti, ha pensato che non c’era nulla di meglio che una bella, bella, intervista su Repubblica, per somministrare un po’ di penicillina. Catastrofe. Il Pd si interroga da giorni sulla frase di Franceschini, frase impastata di grasso (nel par time fa l’elettrauto con la chiave a stella e il motorone Bmw) la frase totemica: “Marciare divisi per battere la destra”. La segretaria non ha apprezzato, e questo si sa, quello che non si sa è che è rimasta profondamente delusa dallo spazio che La Repubblica ha dedicato a Fleming-Franceschini e dalla collaborazione che è stata avviata, sempre da Repubblica, con Paolo Gentiloni. Altra delusione: la copertura che hanno avuto gli eventi cattolici di Orvieto e Milano. Le manine esistono anche a sinistra. In segreteria è già “qui c’è un grande disegno per indebolire la segretaria” tanto che la linea concordata da Schlein è “noi stiamo sui fatti”. I fatti: ogni volta che l’unico riformista, Alessandro Alfieri, dice la sua, Marta Bonafoni, anche lei in segreteria, sorride e gli chiede: “Ma tu non vai a Orvieto?”. A Bruxelles, gli esuli, lontano dalla patria, si sfrenano ma dietro le tende perché l’accusa sarebbe “sabotaggio contro la segretaria”. Interviste contro? Zero. Paura della vendetta di Schlein? Tanta.
Decaro deve tornare per candidarsi in Puglia, Ricci nelle Marche, Nardella sogna il posto di Giani, Gori è il riformista grandi speranze. Resta Picierno che ha vinto la sua battaglia, vicepresidente del Parlamento europeo, e che a Roma non ci torna se prima non arrivano gli anglovaticani, Gentiloni-Ruffini a liberare il partito. Altra grande questione. Se agli amici di Gentiloni chiedete cosa voglia fare Gentiloni la risposta è: “Ma scherziamo? Paolo non farebbe mai qualcosa contro la segretaria”. Se chiedete a quelli di Ruffini, San Ruffini: “Ma scherziamo? Ernesto vorrebbe rappresentare un’area cattolica all’interno del Pd”. Graziano Delrio, al Senato, ha già spiegato: “Ma scherziamo? I cattolici sono già rappresentati nel Pd”. Ci sarebbe il filtro magico, ma nessuno ha il coraggio di pronunciare, in pubblico, la parola: un bel congresso anche solo programmatico. Meloni, continua a dire, dopo l’avviso di garanzia, “non mi lascio intimidire”, Schlein avvisa che la firma sulle liste del Pd, le prossime (e in Italia mai dire mai) la mette lei. La sorte del Pd: Meloni è la loro fiamma e Schlein la loro nemica di penna.
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