Il racconto
Meloni wanted, toglie a Salvini la maglia di perseguitato, punta al 40 per cento. Ciriani sull'avviso: "Un vantaggio"
L'avviso di garanzia per Meloni diventa una festa alla Camera. Il Pd superato dai magistrati, i leghisti superati da FdI, e Forza Italia: "Un avviso di garanzia anche per noi". Il "regalo" della procura di Roma alla premier
Ha tolto a Salvini il centrodestra, i migranti, il Viminale e ora anche la maglia da indagato, wanted. Meloni sogna altri 40 avvisi di garanzia e li moltiplica per cento, li mangia come Popeye, Braccio di Ferro, mangia lo spinacio. Gianni Cuperlo: “Le hanno fatto un dono”. Il ministro di FdI, Ciriani: “Un vantaggio? Non lo posso dire, ma pensare”. Clemente Mastella: “Anche i non meloniani diventeranno meloniani”. Edoardo Rixi, viceministro della Lega: “Una lettera di San Valentino con anticipo. Un’indagine assurda”. La Procura di Roma ha inventato il Peculatellum, l’indagine per peculato come premio di maggioranza: trenta per cento di consensi più dieci di solidarietà, degli italiani, a Meloni.
Indagata insieme a Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, e Alfredo Mantovano, il suo Poldo, il miglior amico di Braccio di Ferro, Meloni sente aria da quaranta per cento. Il primo a dare i numeri è Nello Musumeci, “Avanti così, e arriviamo al quaranta per cento”, e alla Camera, Francesco Filini, che è il vice Fazzolari, il dritto che pensa acuto, aggiunge: “E’ una mossa maldestra della procura. Le parole più interessanti le ha pronunciate l’Unione Camere Penali quando nota che sarà solo un’ulteriore tensione e di conflitto fra politica e magistratura”. Torna il 1994 ma senza la grandezza del 1994, le cravatte di Berlusconi, la voglia di vivere di quegli anni, lo scoop del Corriere, i fondi di Claudio Magris. Paolo Emilio Russo che è stato l’ultimo portavoce del Cavaliere, oggi deputato di Forza Italia, dice che “è oggettivamente un capolavoro di comunicazione. La notizia data direttamente da Meloni, con un video diffuso sui propri profili social. I giornali spiazzati, il flusso delle notizie abilmente veicolato”.
Alessandro Sorte, coordinatore di Forza Italia in Lombardia, scherzando, ha nel cuore il tempo irripetibile, “quando gli avvisi di garanzia arrivavano solo al nostro Silvio, leone che combatteva. Tajani non ne ha neppure uno”. La procura di Roma non ci ha pensato ma è la prima indagine a un premier senza drammaticità, sofferenza, ma con i pasticcini sul tavolo, i coriandoli al muro di Chigi, l’avviso come la spazzola del barbiere che ha già fatto dimenticare Santanchè, La Russa, l’Albania, le spiate, la Tripolitania di Almasri. Dopo l’avviso a Meloni salta la strana informativa a quattro mani, Nordio-Piantedosi, sul libico scarcerato, che è la ragione dell’indagine della procura guidata da Lo Voi che non è affatto una toga rossa. Cuperlo ricorda che il procuratore di Roma è più vicino alla corrente di destra, la corrente storicamente casa del sottosegretario Mantovano e che quest’indagine “sembra un fogliettone risorgimentale. C’è la sorella di Meloni, Arianna, che dice ‘avanti, sorella mia’, la premier che si presenta in video per comunicare la ‘notizia è questa’. Il fatto, la liberazione del carceriere libico, viene soverchiato dall’atto, l’indagine. Meloni farà la vittima e lo farà benissimo”. Il Pd è ammutolito superato a sinistra dai magistrati. Laura Boldrini resta al telefono, Andrea Gnassi, che è stato sindaco di Rimini, a cui non manca coraggio, accanto a Enzo Amendola, riconosce che “la magistratura fa opposizione perché il Pd non poteva urlare che il libico era un macellaio”.
Amendola, il Walter Benjamin di Napoli, carica di complessità, di non detto, perché “Meloni monta la panna dunque qualche errore nella scarcerazione di Almasri c’è stato”. Ogni volta che si parla di Libia, alla Camera, scatta nel Pd il riflesso condizionato “ah, se ci fosse Minniti”, ma oggi anche Minniti è vicino a Mantovano e Mantovano è l’uomo della scopa, l’uomo che sta riformando i servizi. Chi fa pulizia nelle procure? L’insuperabile Augusto Minzolini va a caccia per il suo Giornale di parlamentari disponibili a ragionare sull’obbligatorietà dell’azione penale. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Ciriani, che andrebbe mandato nelle scuole a insegnare l’amabilità del conversare, preoccupato si chiede: “Si può alzare qualsiasi spostato e denunciarmi”. E però, poco lontano, Nico Stumpo, amico dell’ex ministro Speranza, che ha buona memoria, domanda “quante denunce sono state ricevute da Roberto Speranza?”. Un altro ex ministro del Pd, sotto il governo Draghi, Lorenzo Guerini, apprezzato da destra sinistra e pure dal Cielo, dicono che anche lui ne abbia ricevuti e molti partivano da esposti presentati da destra. Molti ministri non hanno mai saputo di essere iscritti e c’è poi, per fortuna, il Tribunale dei ministri, che il M5s non ha abolito. Non accadrà nulla a Meloni perché l’Aula non autorizzerà l’azione giudiziaria, ma la disputa diventa tra “atto dovuto” e “atto voluto”. Sembra il foro, tutti Calamandrei con la spremuta d’arancia. Di leghisti se ne vedono pochissimi perché anche quest’avviso è in parte un’ulteriore pena. Rixi, che per nove anni ha dovuto subire un processo per peculato, vorrebbe sapere “peculato di cosa? Quale sarebbe il peculato di Meloni, aver spedito un uomo pericoloso con il Falcon a Tripoli?”. Meloni si farà difendere da Giulia Bongiorno, l’avvocato di Salvini, al momento rimasto a secco, senza indagini, trascurato pure dai pm. Sono tutti convinti che Meloni abbia ricevuto un regalo, tutti, e come prova mostrano pure il bigliettino, l’avviso di garanzia autografato da Lo Voi, con tanto di corsivo a penna: “Pongo distinti auguri. Francesco Lo Voi”.
colleghi perplessi
"Macché atto dovuto": persino le toghe criticano Lo Voi
"Chiuso per informativa"