Verso la riforma?
Proporzionale? Preferenze? Il Pd e il "board" elettorale meloniano
Il superamento delle liste bloccate troverebbe fan bipartisan, ma dal Pd si teme che l'idea "proporzionale" della destra sia un "maggioritario diverso"
Parlano i dem Orfini, Bonafè, Alfieri, Parrini. Il seminario del 2022, il contro-premierato Pd e il possibile terreno d'incontro
Un cantiere, un tavolo, un board per la riforma elettorale, annunciato da un centrodestra che ipotizza l’eliminazione dei collegi e un “proporzionale” con “premio di maggioranza” per chi supera la soglia del 40 per cento dei voti. Un ossimoro? Un ircocervo mezzo maggioritario e mezzo proporzionale o un canovaccio per convergere almeno su un punto, quello che a parole trova accordo preventivo bipartisan, cioè il ritorno delle preferenze? Intanto, negli stessi giorni, l’ex ministro dem della Cultura Dario Franceschini, dal centrosinistra, ha parlato di “marciare divisi” per poi colpire uniti, con accordi tecnici soltanto nel 37 per cento dei collegi uninominali (in caso lo scenario dovesse restare quello attuale). Di ritorno al proporzionale nel Pd si è parlato a più riprese, tanto che, nella primavera del 2022, un seminario in materia, organizzato da Left wing, aveva trovato concordi esponenti dem di varie aree, sempre attorno all’idea di un proporzionale con sbarramento robusto, ricorda il deputato pd Matteo Orfini: “Io sono un proporzionalista convinto”, dice, “ma il proporzionale di coalizione che propone la destra non è un proporzionale. Mi sembra comunque che, a oggi, un vero dibattito non ci sia”. Anche il responsabile Riforme del Pd Alessandro Alfieri parla di tema “prematuro”: “La priorità adesso è la battaglia contro premierato e autonomia. C’è, tra l’altro, una nostra proposta di riforma costituzionale alternativa al premierato, sul modello tedesco. Ma se dovesse aprirsi un confronto, ci confronteremo senz’altro con l’obiettivo di superare le liste bloccate”. Ritorno delle preferenze significa anche possibilità di imporsi sul territorio con i voti in caso di non supporto dal vertice di partito, considerazione non secondaria in un Pd dove serpeggia, sottotraccia, una certa insoddisfazione per alcune modalità accentratrici della segretaria Elly Schlein.
Dal centrodestra, intanto, si sottolinea che “l’impianto maggioritario” della legge elettorale “verrà salvaguardato”. Lo dice il presidente di FdI della Commissione Affari Costituzionali del Senato Alberto Balboni. E Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Forza Italia, sottolinea: “Il modello è quello delle elezioni regionali, dove può anche esserci il proporzionale ma sempre con un premio di maggioranza”. Il ritorno delle preferenze, comunque, non soltanto non è escluso, ma viene indicato come obiettivo comune da un lato all’altro del Parlamento. La deputata dem Simona Bonafè pensa però “che non basti proporre agli elettori un solo accordo tecnico sui collegi uninominali dell’attuale legge elettorale, così come proposto da Dario Franceschini, senza una coalizione con un progetto di paese alternativo alla destra. Del resto anche le ipotesi di modifica della destra, seppur proporzionali, premiano le coalizioni. E resto anche convinta che, in ogni caso, solo un Pd forte e plurale possa essere perno della coalizione”. Vede grande confusione sul terreno di un’eventuale riforma elettorale il senatore dem Dario Parrini, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato. “Il centrodestra sta giocando con le parole”, dice. “Appare diviso e incerto, mezzo per le preferenze e mezzo contro, mezzo per il ballottaggio e mezzo no. Sembra insomma faticare, come ha faticato in passato, anche soltanto a immaginare l’idea di restituire potere agli elettori. Invece, a mio avviso, la cosa fondamentale è proprio questa: è un quarto di secolo che gli italiani non hanno il potere di scegliere chi li rappresenta in Parlamento, e questo ha creato disaffezione verso la politica. Il ritorno delle preferenze è prioritario. Se arrivasse una proposta della maggioranza in questo senso saremmo pronti a discutere, ma questa proposta, per essere seria, dovrebbe essere allora preceduta dall’accantonamento della riforma costituzionale per il premierato. Mettere in cantiere il premierato senza prima cambiare la legge elettorale è infatti come voler costruire una casa partendo dal tetto. E poi: la destra ora parla di attribuire il 55 per cento di seggi alla coalizione che ottiene almeno il 40 per cento dei voti, ma non ha spiegato che cosa succede se nessuno prende il 40 per cento”.