Silvio Berlusconi nel 1996 (Ansa)

La destra e il Cav.

Non è stato Berlusconi a sdoganare la destra, ma Tangentopoli, dice Annalisa Terranova

Marianna Rizzini

"L’allora Movimento sociale ha beneficiato di un ‘effetto Tangentopoli’, cioè della sfiducia verso i partiti tradizionali e dell’onda antisistema che li travolge" dice a giornalista e saggista

"Il fatto che Silvio Berlusconi abbia sdoganato la destra è un falso storico. La svolta per la destra ci fu con la legge per le amministrative del 1993. E’ con questa riforma che nacque il bipolarismo”. Lo ha detto Giovanni Donzelli, responsabile Organizzazione di FdI, durante un convegno sui trent’anni dalla nascita di Alleanza Nazionale, scatenando la reazione di Forza Italia (“parole ingenerose e non veritiere”, è stata la risposta azzurra: “Berlusconi è colui che ha portato nell’arco costituzionale la destra post-missina”). E anche se alla polemica è seguita una telefonata chiarificatrice tra il deputato meloniano e Antonio Tajani, resta la sensazione che il pensiero di Donzelli non sia isolato a destra. “Io sono d’accordo con lui”, dice la giornalista e saggista Annalisa Terranova – che nei suoi libri ha analizzato a fondo la storia della destra italiana. “Diciamo intanto che nel 1993 Gianfranco Fini arriva da sé al ballottaggio nella corsa a sindaco di Roma. Come pure Alessandra Mussolini arriva senza che Berlusconi intervenga al ballottaggio a Napoli. L’allora Movimento sociale ha beneficiato di un ‘effetto Tangentopoli’, cioè della sfiducia verso i partiti tradizionali e dell’onda antisistema che li travolge, pur compiendo alcuni errori. Ricordo, di quello stesso anno, a Roma, la cosiddetta marcia dei guanti bianchi organizzata da Fini, un corteo che andava da piazza della Repubblica a piazza S.S.Apostoli, passando per piazza Venezia. L’intento era sottolineare la purezza rispetto alla corruzione degli altri, solo che una volta arrivati sotto al balcone di Mussolini qualcuno urlò ‘Duce!Duce!’, subito contestato all’interno dello stesso corteo.  Ma è chiaro che quella stagione fu vissuta da una parte del Movimento sociale come lotta buoni contro cattivi”. Berlusconi, dice Terranova, “più che sdoganare la destra, intravede uno spazio nella destra che avanza e, nel momento di articolare il suo progetto, intuisce che quella collocazione può essere vincente e che la destra può diventare sua vassalla. All’interno della destra ci fu chi si convinse della necessità di stare attaccati a Berlusconi come ostriche, come diceva Giulio Maceratini, e chi era meno convinto, perché intravedeva quello che poi sarebbe accaduto: lo sbocco nel partito unico. Ma lo sdoganamento non l’ha fatto Berlusconi, lo hanno fatto gli elettori. Certo, Berlusconi è stato coraggioso a dire, nel ‘93, ‘io voterei per Fini’. Ha rotto il cordone sanitario. E da lì è andato avanti, inventando per così dire il centrodestra”.

Prima, dice Terranova, c’erano stati gli anni in cui si era cercato di costruire “una grande destra nazionale: fu questo il tentativo di Giorgio Almirante, tentativo non riuscito, in anni di antifascismo militante. Negli Ottanta, però, il Fronte della Gioventù ha dato un contributo importante in quella direzione, mettendo al bando il saluto romano e il repertorio di canzonette fasciste, puntando sull’ecologia e sulla battaglia contro il nucleare, cercando di essere presente nelle scuole e nelle università. Ma è stata Tangentopoli, ripeto, a sdoganare il Msi. Berlusconi è stato intuitivo e lungimirante, e ha capito che questo è un paese profondamente di destra. E l’anno, infatti, dopo è riuscito a vincere la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto”. Il rapporto Berlusconi-Msi (poi An dopo la svolta di Fiuggi), non è stato sempre sereno. “Berlusconi ha messo in essere un progetto egemonico nei confronti di An. A volte anche con atti vissuti male dai vertici del partito, mentre la parte meno consapevole dell’elettorato di destra provava una sorta di fascinazione: quando parlava su un palco Berlusconi, c’era sempre una piccola folla di militanti di An in visibilio. Fini appariva più algido nella sua opera di riconoscimento reciproco tra avversari politici. Ricordo che, al congresso di Verona, nel 1997, arrivò dicendo che era finita la stagione dell’antifascismo e dell’anticomunismo. Ma a un certo punto si vide entrare Berlusconi con pile di libri da donare ai militanti, libri sui crimini del comunismo. Come tra Berlusconi e Fini, anche tra i vertici di An e Berlusconi ci fu un rapporto di amore-odio. Ma se Berlusconi ha avuto intuito e visione, Fini è arrivato da solo al punto in cui Berlusconi ha detto ‘voterei per lui’”. 

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.