Il racconto
Salvini congela il congresso e demansiona Calderoli sulla legge elettorale. La figuraccia sulle soprintendenze
Toglie al ministro il dossier sulla riforma elettorale e lo consegna a Paganella, all'insaputa del partito. Chiede di fare "le vittime di Meloni". L'ira della premier e del Quirinale sull'emendamento sulle soprintendenze (ritirato)
Da capitan Salvini è passato a giardiniere, dalla ruspa all’annaffiatoio. Ha così nostalgia del Salvini indagato che si è dato al pollice verde, alle erbe officinali. Chiede ai parlamentari di organizzare gazebate in vista dell’Otto marzo, per celebrare le donne, ma li fa incendiare come i bonzi tibetani. Li ha mandati a schiantarsi in commissione Cultura, sulle soprintendenze, contro il ministro Giuli, e coprire di ridicolo dai pediatri con la proposta: usciamo dall’Oms. A Calderoli ha tolto la competenza sulla legge elettorale per consegnarla ad Andrea Paganella, il suo Peters Sellers, il suo Chance. Il congresso Lega, che si doveva tenere a marzo, è stato potato dall’agenda, congelato, e si parla solo della direzione nazionale di FdI, con Arianna Meloni. Le sorelle Meloni raccolgono voti e Salvini le mimose.
E’ così suonato da Meloni, stordito, che come il pugile di Dino Risi, il Gassman-Altidori, Salvini le prende e dice: “So’ contento”. Le peggiori idee gli vengono dopo cena e le fa comunicare ai parlamentari direttamente dalla sua serra, il suo ufficio grandi intuizioni. L’emendamento per sopprimere le soprintendenze, bocciato dal governo, su mandato di Meloni, è nato così come l’altro, l’uscita dall’Oms, guardando le stelle. Mercoledì, al chiaro di luna, Salvini afferra il telefono e chiama il suo deputato Gianangelo Bof, che ha firmato l’emendamento pota- burocrate, uno dei leghisti più moderati che si conoscano, e gli ordina di scrivere un emendamento così raffazzonato tanto che si imbarazza perfino Bof. Quando il testo lo vedono alla Camera, quando lo staff del presidente, leghista, Lorenzo Fontana, un altro che rispetta le istituzioni, lo legge e lo studia, viene spiegato alla Lega che è improponibile. Si parla, e si parla a ragione veduta, di irritazione del Quirinale, che sul patrimonio non scherza, si parla di chiamate per avvisare che quelle righe sono uno sgorbio. Suggeriscono a Salvini di ritirarlo, per evitare la figura di tolla, ma lui si emoziona e carica Bof. Teorizza la linea Giarabub, l’eroica sconfitta italiana presso l’oasi africana, perché il messaggio che deve passare, dice Salvini, è che la Lega si batte per il cemento e l’edilizia, gli immobili, mentre FdI è per i vincoli. E’ per perdere, perdere, perdere. Il suo colpo di genio? Pensa: se Meloni fa vittimismo contro i magistrati, noi facciamo le vittime di Meloni. Solo che Meloni gli fa abbassare le orecchie. Giovedì chiama Salvini e gli dice di ritirare l’emendamento che esautora le soprintendenze altrimenti lo mette su un aereo di stato e lo spedisce a Tripoli. L’emendamento viene ritirato e per non perdere la faccia, intera, la Lega annuncia che ci riproverà con disegno di legge, già da lunedì. Nel giro di una settimana, per la seconda volta, i parlamentari della Lega passano per i Pierino della Repubblica. L’altra proposta di Salvini, uscire dall’Oms, era così imbarazzante che si sono rifiutati di presentarla perfino i capigruppo della Lega. In Lombardia, Attilio Fontana, lo ha detto: “Ma che uscire? Semmai riformare l’Oms”. Il ministro della Salute. Schillaci, alla domanda, uscire dall’Oms, ha risposto che “non è nel programma di governo”, risposto chiaramente che è una boiata. Tutto il partito è allarmato e vuole sapere cosa ha in mente Meloni sulla legge elettorale, e lo vorrebbe sapere anche da Salvini, ma Salvini fa lo gnorri. Se Tajani ha indicato Battilocchio e Benigni per discutere di legge elettorale, i leghisti hanno unito i puntini e detto: esiste dunque un tavolo. Ma se esiste un tavolo, chi è il leghista che siede al tavolo? I capigruppo erano all’oscuro, Giorgetti, la “grande mente”, fa il propensatore, mentre Zaia sta per essere proclamato dai veneti (che raccolgono le firme a suo favore) imperatore del sacro veneto impero. Nessun leghista sapeva nulla tanto che hanno dovuto chiedere ai colleghi di FdI: “Perdonateci, ma esiste un tavolo sulla legge elettorale, e se sì, per noi se ne occupa Calderoli?”. I deputati di FdI hanno risposto che è da “mo’” che il tavolo esiste e che, a dirla tutta, si è giù riunito quattro volte. Hanno tutti creduto che per loro ci andasse il migliore, l’imprendibile Calderoli, ma hanno scoperto che il Calde ne sapeva meno di loro e che al tavolo Salvini ha inviato Paganella. C’è un’arietta da putsch Lega se non fosse che nella Lega finiscono in due modi: o a colpi di scopa o a birrate. Al momento siamo sempre (da tre anni) nella fase birrata. Il congresso che ha annunciato Salvini a marzo, che servirebbe a rieleggerlo, se davvero si tiene a marzo, andrebbe organizzato, ma nessuno ha avuto segnali. Disperato per non essere più indagato mentre Meloni sì, Salvini ne ha invocato uno, almeno uno, anche piccolino. A Rapallo, Salvini parlava di intelligenza artificiale e ha detto: “Il ponte sullo Stretto è sotto indagine dallo stesso procuratore che ha mandato l’avviso di garanzia a Meloni: sul tavolo della procura di Roma c’è un avviso contro ignoti e immagino che questo ignoto sia io”. Gli manca essere indagato come all’amante mancano i baci. A San Valentino chiederà a Lo Voi un avviso di garanzia a lume di candela.
Sulle esondazioni ha ragione Meloni