Fabio Rampelli (Ansa)

Roma capoccia

Tutte le strade che a Roma portano a Rampelli

Gianluca Roselli

L’attivismo del vicepresidente della Camera ha già aperto la corsa al dopo Gualtieri. Come si muovono i poteri nella città 

Il suo attivismo non è passato inosservato. Da qualche tempo Fabio Rampelli ha ricominciato a volgere lo sguardo verso la sua città. Su dieci suoi comunicati stampa, quasi la metà di questi riguardano le vicende della capitale. Da novembre in avanti, per esempio, si è occupato degli scontri tra studenti e forze dell’ordine nelle strade del centro; dell’abbattimento delle ville “rom” alla Borgata Finocchio; dell’aggressione degli studenti di sinistra ai giovani di Azione Universitaria alla Sapienza e Tor Vergata; dell’operazione anti-degrado contro le baracche abusive alla stazione Tuscolana; della rimozione della targa “abusiva” in ricordo della strage di Acca Larenzia; e poi, sullo stesso tema, la richiesta di istituire una commissione d’inchiesta in Parlamento. Inoltre, si trova anche un forte “no” alla costruzione di grattacieli a Roma perché “non fanno parte della cultura italiana”, parole contro l’aggressione alle forze dell’ordine da parte di spacciatori al Quarticciolo e il plauso per lo sgombero di uno stabile occupato abusivamente a La Rustica.

Ora, come spiega un deputato che conosce bene Fabio Rampelli, “lui un occhio di riguardo per la città l’ha sempre avuto, perché ama la capitale e lo interessa tutto ciò che vi accade”. Ma l’attivismo sui temi capitolini da alcuni è visto come l’inizio di un percorso: iniziare a mettere giù mattoncini in vista di una candidatura nella primavera del 2027 al Campidoglio per il centrodestra. Attenzione, però, perché qui bisogna andarci con piedi di piombo e guanti di velluto, dato che Rampelli, ogni volta che si è votato a Roma e nel Lazio dal 2013 in avanti, è sempre stato tra i “papabili” senza però mai ricevere l’investitura. Tanto che lui stesso è il primo a scherzarci su. “Ogni volta che si vota si fa il mio nome. Sono sempre il candidato perfetto, ma solo per tre ore. Sono come la sora Camilla, tutti la vonno e nessuno se la pija”, ha detto in più occasioni, con il suo inconfondibile intercalare romanesco. Sta di fatto che anche nelle ultime occasioni l’ex guru di Colle Oppio ha dovuto ingoiare a malincuore la candidatura alla Pisana di Francesco Rocca, ex presidente della Croce Rossa risultato poi vincente, ma aveva preso malissimo soprattutto quella di Enrico Michetti al Campidoglio, un “signor nessuno” tirato fuori dal cilindro all’ultimo dalle sorelle Meloni, poi asfaltato da Roberto Gualtieri.

 

Ecco, Gualtieri. Al prossimo giro il sindaco si ripresenterà, forte del primo mandato e soprattutto dall’incasso della fine dei cantieri e dello spacchettamento della città, grazie al mix tra Pnrr e Giubileo. A meno di disastri nei prossimi due anni, il sindaco di Roma si ricandiderà da strafavorito. Davvero conviene presentarsi contro di lui? “Se Giorgia vuole sbarazzarsi definitivamente di Rampelli, allora lo candiderà al prossimo giro in Campidoglio…”, è la battuta, cattiva, che gira sull’argomento tra i meloniani a Montecitorio. Perché il rischio di andare a schiantarsi, anche per uno come lui, è alto. “Sarebbe l’ultima polpetta avvelenata che gli rifilano le sorelle Meloni…”, si sussurra.

 

Detto questo, se c’è uno che può battere Gualtieri, questo, secondo molti in Fratelli d’Italia, è proprio Rampelli. L’unico problema è vedere come ci si arriva. Perché innanzitutto occorre l’investitura da parte della premier, niente affatto scontata, visti i precedenti. E poi il discorso va allargato agli alleati. Insomma: il vicepresidente della Camera avrebbe chance, ovviamente, solo se sostenuto in modo forte e unitario da tutto il centrodestra. “Vedo anch’io questo movimentismo, ma mi sembra troppo presto per parlarne. L’eventuale corsa di Rampelli non può essere una regata solitaria, ma ne deve discutere tutta la coalizione: lui è una figura di primo piano, ma anche noi avremmo dei nomi da giocare…”, ragiona il segretario regionale di Forza Italia, Claudio Fazzone. “Rampelli si è sempre occupato di cose romane, non vediamo grandi novità, però, se c’è un nome forte da mettere in campo, chi meglio di lui…?”, si fa notare da Via Della Scrofa.

Con le sorelle Meloni il rapporto è migliorato da quando, all’ultimo congresso romano nel marzo scorso, Rampelli decide di non andare allo scontro, ritirando il suo candidato, Massimo Milani, in favore del meloniano Claudio Perissa. Mentre più di recente l’ex capo dei Gabbiani s’è infilato nel vuoto di potere lasciato nel Lazio da Francesco Lollobrigida, suo storico avversario, dopo la rottura con Arianna Meloni. E infatti alla Pisana il rampelliano Fabrizio Ghera è considerato in grande ascesa rispetto a Giancarlo Righini, uomo di “Lollo”. Ma per il governo nazionale il vicepresidente della Camera ancora non viene considerato. In vista di una probabile successione a Daniela Santanché, per esempio, è circolato il nome di Lucio Malan e non il suo. Ma qualcuno sostiene che l’attivismo rampelliano abbia un obbiettivo più a corto raggio: la votazione di metà mandato sulle presidenze di commissione, dove ad alto rischio è considerato il “suo” Federico Mollicone alla Cultura, e il minirimpasto di sottogoverno, con vacanti i posti prima occupati da Augusta Montaruli, Vittorio Sgarbi e Galeazzo Bignami. Posti che fanno gola a tutti, rampelliani compresi.  
 

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