Lo voi e non solo
Un consiglio a Mantovano: con la sicurezza dei magistrati (mai troppa) è meglio non scherzare
Vero che costa. Vero che con le scorte e altri mezzi consimili ci si costruiscono talvolta immagini grottesche e carriere tanto più fulgide quanto più blindate. Vero anche che i media ci sguazzano. Ma queste non sono buone ragioni per esporre al rischio funzionari la cui protezione è indicata come di massimo livello
Un consiglio al nostro antico collaboratore Alfredo Mantovano, nella sua nuova veste. E sede. Con la sicurezza dei magistrati è meglio non scherzare. Mantovano ricorderà che qui si litigò di brutto con il Cav., nostro caro leader, per via della scorta a Ilda Boccassini, che si voleva ritirare a dispetto. Ma di brutto. E dopo il caso Biagi, con una pagina intitolata “via il ministro della malaparola”, suggerimmo di licenziare il ministro dell’Interno Claudio Scajola. Di brutto. Siamo il paese di Falcone e Borsellino, di Galli e Alessandrini, di Livatino e tanti altri. La sicurezza dei magistrati, da un punto di vista umano e del buongoverno, non è mai troppa. Vero che costa. Vero che con le scorte e altri mezzi consimili ci si costruiscono talvolta immagini grottesche e carriere tanto più fulgide quanto più blindate. Vero che i media ci sguazzano. Vero che la protezione di qualsiasi autorità è considerata con sufficienza e talvolta con risentimento dalla folla. Vero che un conto è la protezione personale, un conto è un volo di stato. Ma non sono buone ragioni per esporre al rischio, quale ne sia la ragione, funzionari la cui protezione è indicata come di massimo livello.
Oltre che un militante cattolico e un ex fogliante, Mantovano è uno che ha funzioni di guida della presidenza del Consiglio dei ministri. Sarebbe opportuno che trovasse mezzi migliori per risparmiare sul 13° stormo o sulle spese dei servizi, cui sovrintende. Su cose del genere si misurano la responsabilità di un esecutivo e anche la sua reputazione. Degli atti del dottor Lo Voi, procuratore di Roma, si può pensare che siano voluti e sbagliati, altro che (siamo perfino in sintonia con Tonino Di Pietro nel giudicare l’informazione senza proposta di archiviazione sul caso Almasri alla stregua di una provocazione peraltro inutile, che merita ogni critica). Ma questo non c’entra. Anzi. C’entra.
Nel senso che tanto più alta è la tensione politica legittima nella relazione tra un potere costituzionale e un ordine costituzionale che si vuole potere politico e dissuasivo, tanto più legittimo è legiferare e operare per spuntare gli artigli alla magistratura militante, che non è di destra né di sinistra, è solo fuori dai binari del giusto su cui dovrebbe scorrere l’amministrazione della giustizia, tanto più bisogna fare attenzione ai rischi che corrono certi mestieri, politici o giurisdizionali. Palermo è una città difficile per le magistrature. L’asse Roma-Palermo evoca echi tremendi. Non ha alcun senso portare alla Corte dei conti o altrove che non negli organi di sicurezza, gestiti dall’esecutivo, la questione della sicurezza piena e sempre controllata dei funzionari a rischio serio. E’ una misura di elementare rispetto per un mestiere pericoloso e di elementare tutela di persone e funzioni che sollecitano l’iniziativa criminale, almeno potenzialmente.
Quando si è all’attacco, ed è sacrosanto che un qualsiasi governo sia all’attacco sul fronte della giustizia penale politicizzata o politicizzabile, anche con poca spesa, bisogna semmai raddoppiare la cautela nella gestione di certi dossier. Pazienza se della sicurezza si tenda a fare un cattivo uso e plateale, in alcune circostanze. Da allontanare sistematicamente è il solo sospetto che con mezzi impropri si intenda condizionare l’operato di magistrati, già in sé condizionati malamente da scelte culturali e di potere, di supplenza come si dice, intollerabili. Avanti con le riforme più radicali, e mettetele sotto scorta.
Sulle esondazioni ha ragione Meloni