Contro la dittatura della trasparenza
Che cosa è mancato nei discorsi del governo sulla liberazione di Almasri
Difendere il primato della politica e sostenere il diritto, di una democrazia sana, a non essere trasparente, quando è necessario proteggere un bene intangibile e non negoziabile chiamato ragion di stato
Le informative sul caso della liberazione del generale libico Osama Almasri, pronunciate ieri alla Camera e al Senato dal ministro della Giustizia e dal ministro dell’Interno, hanno offerto agli osservatori elementi interessanti sia per ciò che i ministri hanno scelto di dire sia per ciò che i ministri hanno scelto di non dire. I primi due elementi riguardano due spunti di riflessione che coincidono con due messaggi non scontati presenti nell’informativa del ministro della Giustizia.
Nordio, a costo di apparire cinico, ha spiegato le ragioni per cui il mandato di arresto della Corte penale internazionale, a carico di Almasri, era contraddittorio, nonché viziato da vistosi errori formali, e in uno stato di diritto, ha detto Nordio, occorre rispettare i diritti di tutti, anche i diritti di chi è accusato di aver commesso crimini orribili (ci auguriamo che il ministro spieghi il concetto anche al collega Salvini, che non sembra essere sempre impeccabile nel suo difendere i diritti dei potenziali criminali, specie quelli che arrivano dall’Africa, garantismo a parte sul torturatore libico).
Il secondo passaggio interessante del discorso di Nordio riguarda un tema che il ministro tocca in modo episodico senza però affondare il colpo. Il tema ha a che fare con la necessità di proteggere il perimetro sacro che delimita il primato della politica e il ministro, con chiarezza, ha ricordato che in presenza di un individuo che ha a suo carico un mandato di arresto della Corte penale internazionale il ministero della Giustizia non è un semplice “passacarte” ma è un organo politico “che deve meditare il contenuto degli atti che arrivano”. La legge, aggiunge Nordio – dopo aver ripetuto che l’arresto è stato deciso in seguito a una comunicazione errata della Polizia, che ha notificato la presenza di Almasri in Italia alla procura di Torino e non al ministero – “conferisce il potere-dovere di dare una sorta di delibazione preliminare di ordine politico”. Nordio lascia dunque intendere che se quella comunicazione fosse stata fatta in modo corretto il caso Almasri si sarebbe risolto in modo più ordinato: nessuno probabilmente avrebbe saputo nulla.
Il terzo elemento emerso dalle comunicazioni di ieri dei due ministri riguarda un tema che si lega sempre al primato della politica ma che sfortunatamente non è stato in alcun modo affrontato dai due membri del governo. Il tema è semplice e lineare e riguarda il diritto assoluto di un governo di non essere trasparente, di proteggere la sua opacità e di non raccontare tutta la verità nei casi in cui vi è in ballo un bene superiore che protegge le democrazie e che si chiama sicurezza nazionale. Nelle loro relazioni, né Nordio né Piantedosi hanno ricordato che una volta scarcerato Almasri per ragioni procedurali, o di garantismo se volete, vi era un’alternativa al rimpatrio, che era un nuovo arresto in attesa di chiarimenti della Corte. Quel passaggio, evidentemente, non vi è stato per una scelta politica con ogni probabilità collegata alle ragioni per cui la Libia è un paese strategico per l’Italia, per il controllo dei flussi, per l’approvvigionamento del gas, per il controllo del terrorismo islamista (“Ogni decisione – ha ammesso Piantedosi, riferendosi probabilmente a queste ragioni – è stata assunta in base a valutazioni compiute su fatti e situazioni, anche in chiave prognostica, nell'esclusiva prospettiva della tutela di interessi del nostro paese”). Rifugiarsi nei cavilli per illuminare il caso di Almasri era ovviamente un diritto ed era un’opzione per il governo. Non era però un dovere. E un’alternativa c’era: dare lezioni all’opposizione sul diritto, di una democrazia sana, a non essere trasparente, quando è necessario proteggere un bene intangibile e non negoziabile chiamato ragion di stato. Dittatura della trasparenza? Anche no, grazie.