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l'analisi
Click day per gestire i flussi migratori: sì o no?
Regolarizzare gli immigrati fa bene e riduce la criminalità, ma esistono alternative più eque ed efficienti di quella scelta dal governo. L'esempio americano e il caso lombardo
Ieri è cominciata la nuova tornata di click days per la regolarizzazione di lavoratori stranieri. Nel dibattito pubblico l’attenzione è catturata dalla gestione dei flussi migratori, tra il caso Almasri e quello dei centri in Albania. Si parla molto poco invece della gestione di quei lavoratori stranieri che sono già presenti in Italia a centinaia di migliaia, nascosti sotto il mantello del lavoro nero. Gestione che passa da una regolarizzazione che porta benefici a tutti: i lavoratori, le aziende, le casse dello stato e la comunità italiana nel suo insieme. Anche il governo sembra riconoscerlo implicitamente: con il decreto flussi del governo Meloni è stato fissato il numero più alto di ingressi ammessi degli ultimi quindici anni.
A supporto della regolarizzazione esistono anche solide evidenze scientifiche. Tra gli studi più rilevanti, quello dell’economista Paolo Pinotti (Università Bocconi) analizza il primo click day digitale del 2007. Il risultato più importante riguarda la riduzione della propensione alla criminalità degli individui stranieri, un tema centrale nel dibattito pubblico in materia di immigrazione. Gli immigrati che ottengono un permesso di soggiorno mostrano una riduzione del tasso di criminalità del 55 per cento rispetto al livello pre-regolarizzazione, un dato estremamente significativo. La diminuzione dei reati riguarda soprattutto quelli a sfondo economico (furti, rapine, truffe), mentre non si osservano variazioni significative per i reati violenti. La riduzione della criminalità è più marcata tra gli immigrati che prima della regolarizzazione non avevano un’occupazione stabile, mentre è trascurabile tra quelli che già lavoravano nel mercato informale. I dati suggeriscono quindi che la possibilità di accedere al lavoro formale rappresenta il principale canale attraverso cui la legalizzazione riduce la criminalità. Rispetto ad altre scelte politiche basate su criminalizzazione e repressione per ridurre il tasso di criminalità di questa fetta della popolazione, la regolarizzazione offre quindi un tasso di successo assai elevato. Tradotto: la regolarizzazione, e quindi l’integrazione, come mezzo efficace per portare più sicurezza e più rispetto della legge.
Tuttavia, i risultati positivi della regolarizzazione non devono far dimenticare le storture del sistema con cui viene attuata: i click day, infatti, sono un meccanismo che continua a evidenziare i suoi limiti e le sue assurdità. Come ha sottolineato in passato il think-tank Tortuga, il primo problema è una disuguaglianza sostanziale nell'accesso, mascherata da una parvenza di imparzialità. Tutto, infatti, dipende dalla velocità con cui si riesce a inviare la domanda telematica, che è influenzata da fattori tecnici come la qualità della connessione internet o la potenza dei server, avvantaggiando le grandi imprese e penalizzando quelle piccole e meno attrezzate tecnologicamente. Negli anni, si sono diffusi servizi a pagamento che offrono software e operatori specializzati per aumentare le probabilità di successo, creando un’ulteriore disparità tra chi può permetterselo e chi no. Basta una rapida ricerca su Google per trovare numerosi annunci che invitano a candidarsi come “cliccatori professionisti”. In molti casi, tutto si decide in decimi di secondo. Quando nel 2020 si tenne il click day per il bando Impresa Sicura, destinato al rimborso delle spese per dispositivi di protezione sanitaria, i 50 milioni di euro disponibili furono esauriti in un secondo e 46 millesimi. Il primo assegnatario completò la procedura in appena 0,000237 secondi dall’apertura del portale. Di fronte a questi numeri i dubbi non sono solo di natura pratica, ma anche giuridica. La Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale hanno negli anni sollevato perplessità sul click day, considerandolo potenzialmente arbitrario e non sempre conforme ai principi di equità e trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche.
Se il governo Meloni volesse segnare una discontinuità rispetto al passato su questo fronte dovrebbe considerare quindi alternative più eque ed efficienti, come vere e proprie estrazioni a sorte dopo una preselezione basata su criteri oggettivi. Esempi non mancano: il più noto è la lotteria per la Green Card americana, il permesso di residenza negli Stati Uniti. Un caso meno conosciuto, ma interessante, è quello della Lombardia, che nel 2016 ha introdotto un sistema di sorteggio per i bandi con richieste superiori alle risorse disponibili, successivo a una fase di pre-qualifica basata su criteri dettagliati.
Francesco Armillei, Think-tank Tortuga