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La camera ardente di Aldo Tortorella a Montecitorio (Ansa)
Tre mondi ex-post Pci
Il saluto ad Aldo Tortorella. Sposetti: la mia generazione non ce l'ha fatta. Lo sguardo cade su D'Alema
La stretta di mano D'Alema-Veltroni, le lacrime di Luciana Castellina, le ipotesi sul centro, gli schleiniani e la vecchia guardia spodestata. Tra i presenti c'erano Fassino, Cuperlo, Turco e Zingaretti. Occhetto e gli ex anti-occhettiani, Vendola e Landini
“La mia generazione non ce l’ha fatta”, sospira Ugo Sposetti, storico tesoriere degli ex Ds, custode della memoria (e della mobilia) del Pci: “Non siamo riusciti a prendere il testimone da loro”. Loro sono i pilastri e i demiurghi del Partito comunista italiano, tra cui l’ex partigiano, dirigente e parlamentare Aldo Tortorella, braccio destro di Enrico Berlinguer, scomparso il 5 febbraio, a 98 anni, e salutato alla Camera da chi c’era ieri e da chi c’è oggi. Due mondi che si incontrano per un attimo per le scale o sulla soglia della sala Aldo Moro, senza mai fondersi e senza neanche provarci. Anzi, tre mondi: dietro ci sono quelli che hanno visto e fatto la guerra e la Resistenza, che hanno vissuto l’energia del Dopoguerra e gli anni del terrorismo; davanti quelli che oggi al saluto sono arrivati per primi, come delegazione del nuovo Pd di Elly Schlein (Chiara Braga, Antonio Misiani, Arturo Scotto, Roberto Morassut – e poco dopo Marco Sarracino e Beppe Provenzano).
Dov’è Elly? chiede un signore canuto, vicino al gonfalone dell’Anpi (la segretaria si trova in Puglia). Si staglia, al di sopra delle corone di fiori, l’ex segretario del Pds ed ex ministro Piero Fassino, uno degli uomini del mondo sospeso tra gli uni e gli altri, il mondo di quelli che hanno visto, fatto o subito la svolta della Bolognina: l’artefice Achille Occhetto, da solo davanti alla bara del Tortorella che la svolta non l’aveva mai digerita, pur restando nel partito fino al 1999; Massimo D’Alema, che nel ’99, da presidente del Consiglio, diede l’ok all’entrata dell’Italia nello scenario di guerra ex jugoslavo (e Tortorella abbandonò il partito), e Walter Veltroni, ex sindaco di Roma, ex segretario Ds e padre del Pd che con D’Alema fu fratello-coltello per quasi vent’anni. E oggi gli ex rivali entravano e uscivano in perfetta sincronia da balletto: usciva Veltroni e arrivava D’Alema, in tempo per una stretta di mano, staffetta ideale tra appartenenti al secondo cerchio ex Pci-Pds-Ds, oggi dissolto nei meandri del nuovo corso schleiniano.
C’è anche Gianni Cuperlo, che ai tempi del secondo mondo era “il giovane”, già segretario Fgci, e che al congresso Pd contro Elly Schlein si è candidato due anni fa. Nessuno parla più quando compare, regale, Luciana Castellina, con l’eleganza e le lacrime composte dei suoi 95 anni. Attorno si muovono i testimoni di tutti e tre i mondi messi assieme, ex attori o attori in vari ruoli. E se Claudio Petruccioli, ritrovando vecchi compagni, indulge nel ricordo di Berlinguer (fosse stato vivo ai tempi della Bolognina, che cosa avrebbe fatto?), e se Nichi Vendola omaggia “la vita straordinaria” dell’ex partigiano “Alessio”, il Tortorella che appena diciassettenne preparava notturni fogli clandestini dell’Unità, giornale di cui poi fu direttore, Sposetti a un certo punto si ritrova a commentare le nuove evoluzioni-involuzioni del fantomatico centro, dentro e attorno al Pd. E no, non gli pare sia l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini il vero deus ex machina, l’anima bianca o nera a seconda dei punti di vista (quello di Sposetti, si capisce, propende verso il nero, rispetto a possibili simili operazioni). D’altronde, dice, uno che fa pagare le tasse poi capirai, al voto è dura, e il suo sguardo punta scherzosamente Vincenzo Visco, intento ad omaggiare Tortorella e in passato più volte ministro delle Finanze.
No, è un altro il regista che presidia e non da oggi il centro che non c’è, par di capire ascoltando l’ex tesoriere: risponde al nome di Pierluigi Castagnetti. Fatto sta che i testimoni di ieri e di oggi continuano ad avvicendarsi sotto la guida di Vincenzo Vita, nuovo presidente dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra, già guidata da Tortorella: si avvicinano al feretro Anna Ascani in jeans e Livia Turco in giubbotto rosso, Luciano Violante discreto e i dioscuri di Avs Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, in tempi diversi, e le figlie di Pietro Ingrao e lo storico capogruppo al Senato Gavino Angius, salutatissimo, e Fulvia Bandoli, Gloria Buffo, Giulia Rodano e l’ex sottosegretario ai Trasporti ed ex segretario in Calabria Pino Soriero (che racconta il giorno in cui Tortorella, dopo la Bolognina, vista la sua decisione di seguire Occhetto, gli disse ridendo: ora vallo a spiegare ai compagni a Catanzaro). Arrivano Maurizio Landini e Pierferdinando Casini, gli azzurri Paolo Barelli e Alessandro Battilocchio, il questore della Camera di FdI Paolo Trancassini, l’ex capogruppo di M5s Francesco Silvestri, l’ex ministra di Iv Teresa Bellanova con Silvia Fregolent e Gennaro Migliore. Arriva anche l’ex segretario ed ex governatore laziale Nicola Zingaretti, e parla a Livia Turco di un blog che vorrebbe aprire. E quando, a ora di pranzo, scende il silenzio, si affaccia, solitario, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Sposetti e Vita rispuntano dal corridoio. Sui loro volti sfuma il confine tra orgoglio, rimpianto e nostalgia.
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onomatopee
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