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Generale at large
Vannacci vuole fare il governatore. Pernacchie leghiste in Veneto
Il generale è sempre pronto a candidarsi. Dopo la Toscana ora si immagina successore di Luca Zaia. Ma la Liga gli ride in faccia. “Finché ci sarò io, qui non esisterà alcuna lista Vannacci a sostegno di un candidato leghista”, taglia corto l’assessore Marcato
Da generale ad ammiraglio è un attimo. Lo scorso weekend Roberto Vannacci ha squarciato le acque della laguna di Venezia – guidando un vaporetto con 150 seguaci a bordo – e della politica veneta. “I cittadini mi vogliono, alle regionali ci sarò, sul terzo mandato c’è già una regola da rispettare”. Alla faccia del mondo al contrario. Di sicuro quello leghista, che in terra di Zaia si continua a ricompattare attorno al governatore – qualcuno spieghi a Vannacci che non si tratta di un grado militare. Eppure, a giudicare dalle fiammate multiple, l’eurodeputato si candiderebbe ovunque. O quanto meno non lo esclude mai: lo ha detto in Toscana, l’ha ribadito in Veneto. Senza tante cerimonie verso le dinamiche di partito: è pur sempre un indipendente. Un petardo. Zaia avrà la sua lista? Vannacci pure. Bum.
Non c’era bisogno di altra benzina sul fuoco per deteriorare i rapporti tra il generale e il nordest. Militanti e amministratori della Liga non lo sopportano, per usare un candido eufemismo: fascista, sovranista, restio all’autonomia (e pure non-veneto, auto-calatosi dall’alto). Un abominio per l’identità locale. “Finché ci sarò io, qui non esisterà alcuna lista Vannacci a sostegno di un candidato leghista”, taglia corto l’assessore Marcato, facendosi carico del sentimento zaiano. Ma al di là delle frecciatine, dell’ansia di risalto mediatico, il generale politicamente non preoccupa sul serio. Un conto è la sua persona, le sue 75mila preferenze ottenute alle europee. Tutt’altra storia sono le regionali, con una pericolante squadra al suo posto. Da tempo Vannacci e la sua associazione stanno stringendo rapporti con l’ala più nera e antisistema della zona: quella filo-Putin, euroscettica, cospirazionista, che nel Veronese ruota attorno agli ex leghisti Valdegamberi e Comencini. Sarebbero loro, gli uomini del generale? Alle ultime elezioni – sotto il simbolo Libertà di Cateno De Luca – non sono arrivati all’1 per cento. Per intenderci: significa meno di un terzo delle 59mila firme spontanee raccolte dai gazebo pro-Zaia oggi, in pochi giorni.
Vannacci insomma spara con pistole ad acqua. Ma pur sempre spara. E i vertici della Lega non gradiscono. “Io faccio il segretario”, dice Alberto Stefani, numero uno del Veneto e vice federale. “Ora mi occupo di comporre le liste migliori possibili per il mio partito: il resto non m’interessa”. Posto per lui non ce n’è. “Quali siano le intenzioni del generale è difficile dire: Salvini ha sempre spiegato che è stato un candidato indipendente e che qualunque altra iniziativa sarà presa in accordo col Carroccio”, tira il freno Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera. Mentre Salvini stesso – che sulle note di “Generale” l’osannava infervorato a Pontida – ha risposto con un piccato messaggio in codice: “Sul terzo mandato non mollo, in Veneto squadra che vince non si cambia”. Senza troppe parafrasi, un altolà bello e buono: nemmeno il santone della Folgore può permettersi di trattare così il Doge.
Ma in fin dei conti, quello di Vannacci è un valzer per lo stivale. Se non sarà il Veneto, sarà qualcos’altro. La sua Toscana, per esempio: lì la partita interna si preannuncia aperta. Perché la Lega laggiù è allo sfascio: commissariata a Firenze, sesto partito alle urne. Lontani i tempi in cui sfidava il Pd, credendo davvero di poter contendere la regione (ieri forse, domani auguri). E allora sì che un nome forte come quello del generale – foriero di un certo consenso anche nel locale, soprattutto in Versilia – avrebbe il suo fascino. “Come ci ha aiutato in tutta la nazione, sicuramente lo farà anche a livello toscano”, l’apertura del vicesegretario Andrea Cella. Qui è un altro Carroccio: prima di Salvini non esisteva, le sue macerie comunque flirtano spontaneamente con l’ultradestra. Eppure non basta. Perché in Toscana la leonessa leghista è ancora Susanna Ceccardi, l’ex candidata altrettanto vicina a Salvini, storicamente – a quello del 34 per cento, non del 7 virgola. E continua a tenere le redini delle dinamiche regionali, seppur a distanza. Oggi è europarlamentare come Vannacci: da Bruxelles si vocifera che i due si ignorino. Anzi. È l’intero gruppo della Lega a non interagire col generale. Ormai lui fa altro. E prova a dare le carte, ma in un gioco che si prospetta un solitario. Da Venezia in giù.
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