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il caso

Anche sulla ricerca universitaria l'ostruzione della Cgil ostacola l'agenda Schlein

Luca Roberto

Landini & Co. si battono contro il ddl sulla Valorizzazione della ricerca, puntando tutto sulla contrattazione che però potrebbe ingessare il sistema. E anche su questo dossier la segretaria Pd è costretta a inseguire

Sanità, legge sulla rappresentanza dei lavoratori, Giubileo a Roma. Ma adesso anche la ricerca universitaria, con l’impuntatura della Cgil di Maurizio Landini che rischia di diventare un nuovo grattacapo per il Pd di Elly Schlein. Che all’università, in particolare al finanziamento della ricerca, ha dedicato una parte cospicua del proprio programma elettorale con cui ha scalato il congresso dei dem. Ieri in Consiglio dei ministri il governo ha ratificato, dopo il parere favorevole del Mef e del ministero della Pubblica amministrazione, il nuovo contratto nazionale di ricerca. Uno strumento introdotto da un emendamento del senatore Pd Francesco Verducci al decreto “Pnrr 2” in discussione nel 2022, quando al ministero dell’Università e della Ricerca c’era Maria Cristina Messa. Si tratta di un intervento normativo che ha sostituito gli assegni di ricerca. E che però ha richiesto una lunga contrattazione tra le parti sociali, con un interlasso di più di due anni in cui gli assegni sono stati nel frattempo prorogati. Il problema è che dopo la contrattazione la Cgil, insieme ad altre sigle come l’Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani), ha imbracciato le armi non dicendosi disponibile a sostenere il “ddl sulla Valorizzazione della ricerca”, in discussione in Parlamento. Un tipo di intervento che secondo fonti del Mur sarebbe fondamentale per aggiungere “ulteriori figure contrattuali accanto al contratto di  ricerca, sottolineando l’urgenza di una soluzione che sia in linea con gli standard internazionali e che tenga conto delle specificità del sistema italiano”. Soprattutto nella fase del cosiddetto “pre-ruolo”. Questo perché in effetti la contrattazione nazionale per la stipula dei contratti di ricerca è praticamente un unicum a livello europeo.

 

A dire quanto un intervento aggiuntivo sia fondamentale, bastano le parole del rettore dell’Alma Mater di Bologna, Giovanni Molari, proprio sullo strumento assegno di ricerca. “Dobbiamo dare risposte alla commissione europea che più volte ha segnalato il problema e il ministero sta lavorando a questa soluzione”, ha riconosciuto Molari. “Gli assegni di ricerca sono stati l’elemento che ha dato più precariato in questi anni, quindi che si debba trovare una soluzione è chiaro a tutti. Adesso siamo in una fase transitoria, da gestire in attesa di contratti che ci possano permettere anche di dare maggiori garanzie alle persone che lavorano all’interno dei nostri Atenei”. Bisognerà dunque aspettare, ha aggiunto il rettore di Bologna, “il lavoro parlamentare e del ministero”.

 

Eppure la Cgil, per bocca della sua segretaria della Federazione Lavoratori della Conoscenza, Gianna Fracassi, ha scritto una lettera alla Commissione europea per creare allarme sul ddl di iniziativa governativa. “Dopo aver esplicitato  contraddizioni nelle audizioni e nei testi consegnati in Parlamento, dopo averlo ribadito in diversi incontri al ministero e non avendo visto cambiamenti di indirizzo sul disegno di legge proposto, abbiamo ritenuto necessario segnalare formalmente alla Commissione Europea il rischio che si aggiri e si svuoti una milestone del Pnrr, con l’introduzione di forme atipiche, svalutate e senza rappresentanza all’interno dell’università italiana”, recita il documento del sindacato. Una forma d’opposizione che la sigla sta portando avanti anche nei singoli atenei con una serie di mobilitazioni. Ora, sul ddl in discussione in Parlamento, sempre fonti del Mur hanno fatto notare come, vista la volontà di adattare il sistema della ricerca al contesto italiano e internazionale, le innovazioni presenti nel disegno di legge erano state vagliate e condivise anche dalla Conferenza dei rettori, guidata da Giovanna Iannantuoni. E anche dalla Consulta dei Presidenti degli Enti Pubblici di Ricerca. Tanto che anche la ministra Anna Maria Bernini ieri ha voluto rivolgere un appello “a tutti gli operatori della ricerca che mi hanno manifestato, pubblicamente e privatamente, le criticità legate alla disponibilità di una sola forma contrattuale e la necessità di introdurre soluzioni più flessibili e adeguate alle esigenze del settore di rendere nota questa posizione alla Commissione europea”.

 

Paradossalmente, quindi, schierandosi contro la norma in discussione nelle Aule parlamentari la Cgil è come se facesse il tifo per un ingessamento del sistema. Col rischio, però,  che a pagare possano essere soprattutto molti dei potenziali futuri ricercatori. Ovvero un bacino professionale verso cui il Pd, soprattutto durante la  segreteria Schlein, ha detto di voler guardare con grande attenzione. Non esattamente un segnale di schiarimento dopo essere rimasti imbrigliati su dossier centrali per la sinistra come la sanità e la partecipazione dei lavoratori agli organi d’azienda, oltre che agli utili d’impresa.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.