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Ragion di stato, pasticci di governo. Il caso Almasri

Claudio Cerasa

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, hanno cercato di spiegare in Parlamento le ragioni che hanno spinto l'esecutivo a rimpatriare il generale. Ma quando vi è in ballo un tema che riguarda la sicurezza nazionale è difficile essere trasparenti su ciò che trasparente non può essere

È la prima volta, da quando Giorgia Meloni è al governo, in cui la presidente del Consiglio, di fronte a una difficoltà, non riesce a ribaltare il tavolo, trasformando un problema, e un guaio, in un'opportunità. Il guaio, in questo caso, coincide con la storia del famoso generale libico Almasri. E con tutta la buona volontà del mondo, non si può dire che la settimana sia stata un successo per il governo.

    


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Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, hanno cercato di spiegare in Parlamento le ragioni che hanno spinto l'esecutivo a rimpatriare il generale. Ma quando vi è in ballo un tema che riguarda la sicurezza nazionale – perché di questo si parla quando si parla di Almasri – è difficile essere trasparenti su ciò che trasparente non può essere. E il risultato è stato quello che probabilmente avete visto. Omissioni, contraddizioni, non detti, balbettii, colpi di tosse, vaghezza e strade spianate per l'opposizione. Nulla di drammatico, a breve vi sarà certamente un tema più importante che catturerà l'attenzione degli elettori, e della politica, ma si mette insieme il pasticcio fatto sul governo sulla ragion di stato, l'indagine della Corte penale internazionale sull'azione di governo, la scelta non fatta dall'esecutivo di portare tutto il dibattito sul tema Almasri al Copasir, e non in Parlamento, si avrà chiara la dimensione di fronte a cui si trova oggi Meloni e la ragione per cui la premier ha scelto di non farsi vedere in Parlamento: non metterci la faccia per paura di perderla. Sarebbe stato sufficiente, forse, appellarsi alla ragion di stato, e al diritto di un governo di non essere trasparente, per risolvere tutto. Lezioni per il futuro.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.