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Foto Ansa
l'editoriale del direttore
Il fattore C, per Meloni, esiste. È tempo di capitalizzarlo
Gli astri allineati sono stati importanti in questi anni di governo (c’entra anche Sanremo). Più che evocare complotti, per la premier è arrivato il momento di entrare in una fase nuova: cosa può fare l’Italia per aiutare sé stessa e non campare di rendita
C’entra anche Sanremo? Forse sì. Giorgia Meloni, lo sappiamo, è una professionista della politica, questo è un dato di fatto, un elemento che non possono non riconoscere anche gli avversari. Giorgia Meloni, in questi mesi, si è mossa con una certa abilità sulla scacchiera politica nazionale e anche su quella internazionale, caso Almasri a parte, su cui la premier sta pasticciando, e se l’Italia oggi è un paese attrattivo, centrale nel dibattito pubblico europeo, buona parte del merito è certamente della presidente del Consiglio, che è riuscita a governare una maggioranza stabile ma mattacchiona e che è riuscita a creare un equilibrio magico all’interno dell’Europa e anche sul piano internazionale. E’ a metà da tutto e tutti, Giorgia Meloni, ed è a metà tra populisti ed europeisti, tra nazionalisti e antinazionalisti, tra amici di Trump e nemici di Trump, tra amici dell’Europa e nemici dell’Europa, tra destre moderate e destre meno moderate, tra follower di Musk e nemici di Musk.
Il posizionamento di Meloni è una delle ragioni del suo successo, successo chissà se momentaneo, ma all’interno del quale c’è un fattore a-politico che meriterebbe di essere considerato e che su questo punto, nonostante l’antipatia per il professor Romano Prodi, rende Meloni molto prodiana.
In tre parole: il fattore C. Non staremo qui a dire cosa si intende con la lettera “c”, la parola è un sinonimo basso della parola fortuna, ma il senso del ragionamento è evidente: Meloni ci mette certamente del suo per primeggiare, in Italia e in alcuni frangenti anche in Europa, ma il fattore C, in questi due anni, è stato determinante, come lo fu a lungo con Prodi.
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, la circostanza unica di avere una magistratura ritenuta così poco avveduta da trasformare in un assist al presidente del Consiglio anche gli avvisi di garanzia?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, la circostanza unica di avere una maggioranza composta da partiti con leader troppo deboli per poter primeggiare con la premier ma non così deboli da sentirsi in dovere di rompere le uova nel paniere nel governo?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, la circostanza unica di avere alleati troppo impegnati a litigare tra loro per trovare il tempo di litigare con la premier?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, la circostanza unica di avere un alleato che ha avuto il picco massimo di credibilità non per qualcosa che ha fatto ma per qualcosa che non gli è successo, ovvero non essere stato condannato per sequestro di persona?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, avere un alleato come Salvini che ti permette di apparire come moderata, come un argine all’estremismo, solo per il semplice fatto di essere altro rispetto a lui?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, avere un’opposizione formata da partiti che passano più tempo a litigare tra loro che a fare opposizione al partito della premier?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, avere partiti di opposizione così poco presentabili sui valori non negoziabili di una democrazia liberale – difesa del debito, difesa dell’Ucraina, lotta contro il putinismo, sostegno alle democrazie liberali – da permetterti di essere percepita come l’unico asset politico a difesa, senza troppe ipocrisie, dei valori non negoziabili di una democrazia?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, essere percepita contemporaneamente come la più trumpiana degli europei e come la più europeista dei trumpiani?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, governare un paese europeo come l’Italia in un momento in cui l’instabilità assoluta dei tuoi partner europei contribuisce a dare al tuo paese un’aura di autorevolezza anche quando la credibilità del governo viene a mancare?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, vivere in una stagione politica in cui, grazie ai regali degli avversari, si può essere considerati affidabili per il semplice fatto di non fare nulla?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, governare un paese che nella sua storia recente non ha mai avuto a disposizione così tanti soldi pubblici, soldi pubblici europei si intende, che pur essendo stati spesi poco hanno comunque fatto segnare per il secondo anno di seguito un più venti per cento di investimenti pubblici nel paese?
Come altro può chiamarsi poi, se non fattore C, essere l’unico leader europeo forte in una fase in cui il mondo si interroga, vista l’instabilità che c’è, su quale sia il numero giusto da chiamare in Europa, per parlare con l’Europa?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, avere alla propria destra delle destre così impresentabili che ti danno la possibilità di diventare europeista anche senza esserlo fino in fondo per il semplice fatto di non essere come le Le Pen e come gli Orbán?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, avere una magistratura ideologizzata indebolita a tal punto da far notizia più per i processi che subisce che per quelli che fa?
Come altro può chiamarsi, se non fattore C, vivere in un contesto politico all’interno del quale il tuo principale avversario è così lontano dalla realtà da avere i sindaci del partito che spesso si trovano d’accordo più con te che con il proprio leader?
E come altro può chiamarsi infine, se non fattore C, vivere in una stagione politica, di politica europea, all’interno della quale uno storico partner dell’Italia, come la Francia, si è indebolito talmente in un contesto strategico per l’Italia come l’Africa, come il medio e il vicino oriente, da aver regalato una prateria al nostro paese, anche qui senza avere fatto praticamente nulla se non mettere il becco fuori dall’Italia e ricordarsi di essere bagnati dal Mediterraneo?
La fortuna, si sa, aiuta gli audaci, diceva Virgilio. Ma senza il fattore C, prodianamente parlando, sarebbe mai esistita l’audacia del timoniere Meloni? Il fattore C ha certamente aiutato Meloni a essere quello che è oggi. Ma il grande tema che si trova di fronte oggi la premier, arrivata a metà del suo percorso, è cosa farci con il suo bottino, con la sua forza, con la sua credibilità. “Ha un prestigio internazionale unico”, ha detto la scorsa settimana l’ad di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, ed è proprio questo il punto: come provare a trasformare il suo posizionamento in una leva per far contare di più l’Italia, per renderla più attrattiva, per renderla più centrale in Europa, per dare alle imprese più linfa per crescere, per esportare, per produrre. Meloni, insieme con il suo governo, ha dimostrato spesso di apprezzare l’arte del complottismo, di fronte a un problema che si manifesta.
I nemici di Meloni in giro per l’Italia, anche quelli più subdoli, ci sono, ma il più grande nemico della premier resta la premier stessa. E in fondo lo dimostra anche il caso Almasri: il pasticcio non nasce da un complotto, ma nasce da una catena infinita di errori fatti da parte del governo, primo fra tutti quello di non portare subito la vicenda al Copasir, e primo fra tutti quello di non sedare il dibattito appellandosi alla ragion di stato. Almasri a parte (caso che, a proposito di fattore C, verrà con ogni probabilità spazzato via nell’immersione nelle acque magiche di Sanremo) ostacoli veri non ce ne sono, le opposizioni non si vedono, i rivali in Europa latitano e più che cercare nemici esterni, più che evocare complotti, due anni e mezzo dopo l’inizio dell’esperienza di governo, per Meloni è arrivato il momento di entrare in una fase nuova: non cosa possono fare gli altri per aiutare l’Italia, Europa compresa, ma cosa può fare finalmente l’Italia per aiutare sé stessa, fattore C a parte. Meglio tirare a campare che tirare le cuoia, diceva il saggio Giulio Andreotti. Ma un governo che a parte sé stesso non ha nemici può davvero rassegnarsi, due anni e mezzo dopo, ad accontentarsi e a campare di rendita?
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l'editoriale dell'elefantino