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il colloquio

Fiano: "Essere di sinistra e per Israele non è un ossimoro"

Luca Roberto

L'ex deputato del Pd è stato rieletto all'unanimità segretario di Sinistra per Israele: "Noi un modello per le contraddizioni del campo largo"

“In estrema sintesi, il nostro obiettivo è dimostrare che continuare a difendere Israele non è e non deve essere un ossimoro se si è persone di sinistra”. Lo dice al Foglio, all’indomani della rielezione all’unanimità come segretario di Sinistra per Israele, l’ex deputato del Pd Emanuele Fiano. Sabato e domenica s’è tenuto il congresso che ha optato per la continuità, in una fase in cui, soprattutto nel campo progressista, s’è perso un po’ l’orientamento sulla situazione in medio oriente. “Oggi più che mai sentiamo delle frizioni forti tra la sinistra, soprattutto a livello internazionale, e la difesa dell’esistenza di Israele. Col nostro mandato noi però abbiamo deciso, sin dal cambio del nome dell’associazione, di insistere sulla soluzione dei due popoli e due stati. Sapendo che non ci sarà stabilità fin quando entrambi non riconosceranno la libertà e il diritto alla sicurezza altrui”. Al congresso celebrato a Roma Fiano stesso ci ha tenuto alla presenza di un mondo politico, sindacale e associazionistico il più variegato possibile. “C’erano dal presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo alla presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni, dal segretario della Cgil Maurizio Landini al presidente dell’associazione Sette ottobre Stefano Parisi. E’ chiaro che noi parliamo principalmente al nostro campo politico, ma restiamo aperti al dialogo con tutti. Se non riusciamo a dialogare tra di noi, figuriamoci come possiamo essere utili al dialogo in medio oriente”.

 

Ma siccome Sinistra per Israele guarda principalmente alle contraddizioni nel campo progressista, quali sono stati gli errori più evidenti in questo fronte politico dal 7 ottobre in poi? “Io credo che ci sia stata una differenza abissale tra le forze del centrosinistra e la cosiddetta estrema sinistra”, ragiona Fiano. “Detto questo è chiaro che abbiamo sentito un certo tipo di paragoni, come quello tra la reazione israeliana e la Shoah, e lo sdoganamento del termine genocidio, che a mio avviso sono completamente sbagliati. C’è stato un uso distorto di alcuni termini. E più in generale una certa sinistra è come se avesse equiparato le legittime critiche a Netanyahu alla messa in discussione dell’esistenza stessa di Israele. A mio avviso un grave errore perché si rischia di far ricadere le colpe di un governo su un’intera popolazione. Una contraddizione perché non mi pare che lo stesso meccanismo si sia innescato nel caso di altre situazioni drammatiche, guerre, massacri di popolazioni civili che accadono in diverse parti del mondo”. Anche per questo, forse, Sinistra per Israele può fungere da raccordo rispetto alla galassia di posizioni emerse nel cosiddetto campo largo. Dove accanto a un Pd più omogeneo si muovono dal Movimento Cinque Stelle fino ad Avs, posizioni molto più filopalestinesi. “Questa diversità di vedute ci è chiara”, ragiona allora Fiano. “Ma il nostro compito come associazione è anche quello di offrire un modello di equilibrio. Vogliamo essere un momento di approfondimento, perché sulla situazione in medio oriente molto spesso le cose neanche le si conoscono bene. Per questo abbiamo in mente di fare un tour tra le diverse organizzazioni partitiche, sindacali, associazionistiche. Anche attraverso il lavoro del nostro Laboratorio Rabin quel che vogliamo è diffondere conoscenza, rifuggendo gli stereotipi. Non ci arrendiamo alla cessazione del dialogo. Siamo armati di buona volontà”.

 

Eppure, secondo alcuni osservatori, la proposta su Gaza del presidente americano Trump, che sobillando le richieste dell’ultradestra israeliana vorrebbe appropriarsi della Striscia e della sua ricostruzione, rischia di accrescere ancor di più le ostilità verso Tel Aviv. “Per questo credo che ci sia bisogno di ribadire, come ho fatto anch’io nella mia tesi congressuale, che quella proposta non è solo folle ma è disumana. Non si risolve una questione di decenni facendo sì che più di due milioni e mezzo di persone diventino sfollati. Ripeto, io credo che si debba fare un grande sforzo per riconoscere che la sicurezza di Israele è una priorità. E allo stesso tempo far si che per la popolazione palestinese ci sia il diritto a vivere in un loro stato riconosciuto. Mi pare che su questa soluzione, qui da noi, si possa trovare un punto di equilibrio”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.