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Il racconto
La Sbarra di Meloni: strappa a Tajani la Cisl e il segretario uscente per farne il leader dei centristi di destra
La premier interviene al congresso del sindacato ed esalta il leader Sbarra che vorrebbe, dicono gli alleati, "ministro del Lavoro, il suo Franco Marini". L'irritazione di Forza Italia che si vedrebbe scavalcata
Fa la parte di Meloni l’eterea, la Callas della nazione, la diva premier. Dice a Luigi Sbarra, il segretario uscente della Cisl, “guardiamo verso l’oltre e verso l’alto”, ma non saluta i giornalisti ed esce dal retro come i superospiti di Sanremo. Dove è finita l’underdog che scherzava con la stampa e dove è finito il “salve” che era la sua forza regina, la grazia popolare? Si è innamorata di Sbarra che, raccontano gli alleati, “vuole indicare ministro del Lavoro, farne il suo Franco Marini”, leader del centro, del centrodestra. A Salvini scippa adesso anche il colore, il verde Cisl, a Tajani porta via un amico, alla sinistra la memoria di Marini, la pipa cattolica. Sono prove di Meloni 40 per cento, esercizi da coro della nazione, i bimbi di Meloni al posto dell’orchestra di Carlo Conti.
È meglio Santanchè che parla a fronte alta, alla Camera, o Meloni, che cammina a muso duro, all’Auditorium Conciliazione, con tanto di funzionari di Questura che scacciano cronisti: “Lontano, lontano. State dentro le transenne! Nelle transenne!”? Non parla in pubblico da giorni, forse settimane, e illusi i giornalisti, che la seguono “dai fiordi alle dune del deserto”, quelli che credevano che almeno al congresso della Cisl, “ci farà un saluto”. Passano le suorine della Sierra Leone intonando tu “sei la mia strada, altro io non ho” e tutti i corpi dello stato scambiano la cantilena per un ordine dell’Aisi. Cronisti che seguono Meloni da due anni e mezzo, volti familiari che ormai l’Italia conosce, vengono respinti dal servizio d’ordine come fossero carcerieri libici, tanto che una giornalista dai tacchi alti e dallo spirito pronto, risponde: “Eh, no, quelli li liberano”. Si celebra la staffetta Sbarra-Fumarola, la nuova segretaria Cisl, si festeggia il bellissimo mandato di “Gigi Sbarra”, ma sembra di stare a Kyiv, con gipponi blindati, sgommate improvvise, sirene e silenzi da città coprifuoco. Anche le donne della polizia, madri dolcissime, si sono indurite e ordinano: “Abbiamo disposizioni superiori, se non le rispettiamo, poi la colpa è nostra. Non è detto che entrerete in sala”. La colpa, il castigo, la punizione … Forse Matteo Renzi esagera quando dice che con Meloni si ha paura anche di parlare, ma è vero, o sarà forse perché si è troppo vicini a San Pietro, alla porta santa, che il clima è da film di Elio Petri, Todo Modo, aria cupa, occhialacci neri, inquisizione da pizzardoni: “Apra la borsa, la apra!” e che i legali dei giornalisti avvertono “il vento è cambiato anche al Csm, fate attenzione. Proteggiti”. All’entrata, Walter Rizzetto, che è il presidente della commissione Lavoro, deputato di FdI, conferma che la Cisl “lo sentiamo il nostro sindacato” e che “non ci sono derive libiche come dice Renzi, che fa Renzi”. Si stanno imbiancando tutti. E’ imbiancato Fabrizio Alfano, il Fred Buscaglione che Meloni scelse portavoce, con la sigaretta in bocca come stuzzicadenti, ha il passo meno veloce Patrizia Scurti, la segretaria mamma, tuttofare, la forza del governo, lei che ha girato il mondo con Giorgia, ventimila leghe sotto Trump. Anche il colore del quaderno di Meloni è cambiato dal giallo al rosso Mao. I geografi di governo dicono che Meloni tema la Cina più dei dazi di Trump e che rilegge “Heartland” di Halford John Mackinder perché la “Cina è vicina”. Non è la stessa, non è più quella che straordinaria, a Rimini, nel 2023, aveva zittito Landini, la Cgil. Adesso pratica l’annessione gentile. I duemila quadri dirigenti della Cisl la apprezzano ma senza trasporto, per necessità, come riconosce l’iscritto Emilio Iannone di Salerno: “Mi chiede se mi piace, mi chiede se l’ho votata? E io le rispondo che la rispetto e che se si dovesse votare oggi, probabilmente voterei lei, perché la sinistra non è pronta”. Sono passati due anni e mezzo di governo e senza nominare Landini, ma riferendosi a Landini, Meloni lo agita ancora come nemico perché occorre superare la “tossica divisione”. Sono quattro milioni e duecentomila gli iscritti della Cisl e Meloni vuole far cantare pure loro a San Meloni, il festival del suo consenso, regalarsi un Terzo polo come anello. In prima fila c’è il deputato di FdI, Malagola, quello che in Rai, ospite di Annalisa Bruchi, non sapeva neppure quanto costasse un chilo di pane ma che per la Cisl, dicono i dirigenti Cisl, si sta battendo. E’ Malagola il relatore del ddl sulla partecipazione, il capolavoro di “Gigi” Sbarra, il segretario che Tajani stava per candidare capolista al sud, alle europee. Poi, nulla. La sinistra, il Pd, ha mandato la senatrice Furlan, che però fa parte dell’album di famiglia, ex segreteria di questo sindacato dal fazzolettone liberale, che parla di “responsabilità” e che sogna di avere un altro Franco Marini, ministro del Lavoro. Quella in carica, la ministra Calderone, forse perché ha già capito che vacilla più di Santanchè, si sente così a disagio tanto da mostrarlo mentre Meloni loda Sbarra a cui ci unisce “l’ottimismo della volontà”. C’è qualcosa di più della cortesia di Meloni a Sbarra, che ora va a presiedere la Fondazione Marini. C’è in questa visita di Meloni il piano, lo raccontano in Lega e Forza Italia, di irrobustire il centro di Maurizio Lupi anche grazie a Sbarra, questo nonno che piace all’Italia che fatica e risparmia, e che il Pd, clamoroso errore, si è lasciato portar via. All’ultima riunione dei Popolari, le scampagnate che organizza Pierluigi Castagnetti, è stato Sbarra a chiedere alla sinistra, “aiutatemi a sostenere il ddl sulla partecipazione”, ma il Pd ha scelto un’altra strada. Per sedurlo meglio, Rai News 24, la serra della destra Rai, quella che cerca di irretire giornalisti a colpi di citazioni e querele settimanali (papà Mattarella, proteggici da questi direttori stivaloni) ha mandato ben due inviati e uno ha provato in tutti i modi, senza esito, a far parlare male Sbarra di Landini. Tajani ci aveva investito, gli aveva detto: “Gigi, tu sei di Forza Italia” e si accorge solo adesso che Meloni diceva le stesse cose a Sbarra: “Gigi, a FdI, al governo servono persone come te”. Ne ha conquistato un altro ed esce ormai dalle porte di servizio, per non perdere tempo, accompagnata dai pellegrini, dalle croci dei volontari, lusingata da banche, imprenditori che si lasciano truffare appena sentono “lo chiede il governo”, con gli alleati che ormai le cantano: “Tu sei la mia vita/ altro io non ho/ tu sei la mia strada/ la mia verità/ io ti prego resta con me”.