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Il racconto
Salvini il rottamatore, litiga con Romeo e a Fedriga dice: “Fai quello che dico io”. Si scrive le regole per il Congresso
Convoca il federale e ottiene da Giorgetti la promessa di rottamare le cartelle ma scoppia la lite per le espulsione in Lombardia e con il presidente del Friuli-Venezia Giulia che voleva aiutare Meloni sulla sanità
Roma. Grazie all’offesa “bimbominkia”, made in Fazzolari, adesso è Salvinibello. Altri tre insulti di FdI e Salvini si farà consegnare da Meloni anche la Corsica. Con la scusa che è ferito, ottiene da Giorgetti la rottamazione delle cartelle, dal ministro Giuli la nomina di Marcello Foa al cda della Scala. Al Federale della Lega litiga con Max Romeo, che gli urla contro come un hooligan, a Chigi, al suo Fedriga, che si offre di aiutare Meloni, mette la mano sulla spalla e dice: “Tu fai quello che dico io”. Studia la vendetta contro Meloni, come il Dantès di Dumas. Salvini, il Conte di Bimbocristo. (
Al Federale della Lega si scrive le regole del prossimo congresso e fa girare la voce che lo può convocare a Roma, ad aprile, “perché ci serve una città baricentro”, che è un po’ come se FdI lo tenesse a Sondrio. Salvini continua a dire che la rottamazione delle cartelle si farà, e anche Giancarlo Giorgetti è costretto ad annuire, tanto da promettere che ci prova, che concerterà con il vice di FdI, Leo. Lo stanno accontentando tutti, per prima Meloni che gli riconosce l’offesa subita da quella chat tossica, a rilascio lento, dove i leghisti, Salvini e Giorgetti, erano chiamati, da Meloni, due “leccaculo”. Anche Giuseppe Conte, alla Camera, lo compatisce: “Ma che lingua usano in FdI?”. I leghisti si buttano sulle cartelle, sul congresso, per dimenticare che sono feriti e che non avrebbero mai voluto sapere quello che pensava un alleato dell’altro, come nessun amante vuole sapere di chi è il fazzoletto che ha trovato nella tasca. Claudio Durigon che è un uomo di pace, anche fiscale, scherza e dice: “Se sapessero quanto ne dico io di loro”, ma dei leghisti è quello che conosce FdI meglio di tutti: “So fatti così. Noi siamo diversi” e Simonetta Matone, l’ex toga e oggi Lega, elegantissima, una che andrebbe mandata in battaglia, di più, aggiunge: “I leghisti sono buoni, degli adorabili cazzoni. Diversi”. FdI gli ha tolto il sorriso. Ancora uno. Calderoli, convinto che non ci siano i tempi tecnici per il Congresso, viene superato da una commissione che istituisce Salvini, commissione che deve scrivere lo statuto. La compongono i tre vicesegretari, Crippa, Stefani, Durigon. Si deroga alla norma sui cinque anni di militanza e i leghisti silenziosi accettano perché, sottovoce, lo guardano e dicono: “Sta soffrendo, quell’etichetta non se la toglie più”. L’unico che si permette di argomentare sulla rottamazione delle cartelle è Marco Dreosto, il leghista che studia da prossimo Fedriga, e che avvisa: “Attenti, non deve passare l’idea che sia una sanatoria. Attenti, la nostra grande battaglia Quota 100 alla fine ha riguardato solo pochi italiani (erano 1.600). L’idea di rottamare cartelle è di Gusmeroli, il presidente delle Attività produttive, che, l’altro giorno, deve avere visto Salvini così male da pensare che per Salvini “ci vorrebbe un amico”, un Giorgetti. Gli economisti della Lega hanno ricordato che al Mef c’è Giorgetti, quello che si faceva bello dicendo “ah, se avessi una motosega come Milei” e hanno pensato bene di dirgli: “Beh, usala adesso”. Anche Giorgetti ha capito che non è aria di fare spirito e Meloni chiesto: “Trova una soluzione per Salvini”. A metà federale, il ministro dell’Economia, mette la firma sulla nota che diffonde il partito, e spiega che sulla proposta di Salvini c’è la volontà degli alleati, perché in politica “una cosa che si vuole politicamente, si farà anche tecnicamente”. Gira che alla fine il Congresso della Lega si terrà a Firenze, anche solo per fare sentire Salvini a casa sua, dalla sua inseparabile Francesca. Sono riuniti alla Camera, mentre il sottosegretario Mantovano, Mantofiore, due piani sotto, parla ai cronisti di spie, strette, Aise e Andrea Crippa forse si immedesima. Si alza e propone di cacciare chi ha la doppia tessera, Lega e Prima il Nord, la ridotta di Paolo Grimoldi, già espulso, e alla guida, oggi, di una piccola fanteria di nonni con la canotta, nostalgici di Bossi a cui è rimasto solo un bicchiere di Averna e qualche sputo, a parole, contro Salvini. Lo ascolta Romeo, che mai, e davvero dicono mai, aveva alzato la voce così tanto. Si mette a urlare “ma non capite che è così che gli date forza? Perché ve la prendete con dei pensionati, i nostri?”, ma la proposta passa, comunicata per chat. Raccontano che anche la strategia stia cambiando, un’altra volta ancora, e che adesso i temi, gli argomenti, li decida Tiziana Passerotto, che aveva curato la comunicazione di Cota e per ultimo di Vannacci, e che da Bruxelles stia per arrivare Cristiano Bosco, responsabile della comunicazione degli euroleghisti e, ancora, che al Mit un altro giornalista aiuterà il portavoce. Finora, chi ha aiutato Salvini? Fedriga, invitato a Chigi per parlare della riforma dei medici dei base,suggerisce a Meloni e Salvini che per il bene del governo “questa riforma me la posso intestare io, come presidente della Conferenza Stato-Regioni”, ma Salvini lo ferma, da capo. Non gli passerà, anche se l’offesa era lontana nel tempo, anzi, fa male per questa ragione: allora era invincibile, mentre oggi è frastornato dal partito, dal Veneto, dai treni, delle nomine di Fs. Quella chat è il Castello d’If di Salvini, l’offesa come sogno di resurrezione.