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Foto ANSA
L'evento
Gasparri, Ingroia, De Donno, Mori, Santoro: il manicomio dell'antimafia
La presentazione di un libro sull'inchiesta mafia-appalti al Senato e una turpe cravatta arancione prestata dalla guardarobiera. Fra citazioni del “Padrino” e tensioni tra il generale e l'ex pm
Quando mi annoio della mia grossolanità, prendo il cappotto e vado ad ascoltare menti raffinatissime. Così ieri pomeriggio me ne sono andato alla Sala Koch del Senato per godermi Michele Santoro e Antonio Ingroia che dialogavano – Maurizio Gasparri faceva da cerimoniere – con il generale Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno, autori di un libro, “L’altra verità” (Piemme), dedicato all’inchiesta mafia-appalti. Do la colpa di tutto alla mia cravatta, o meglio alla turpe cravatta arancione che la guardarobiera del Senato mi ha prestato cortesemente perché non sfigurassi tra quelle mura e che mi sono annodato in fretta nell’atrio, probabilmente strozzandomi; fatto sta che senza accorgermene devo aver superato qualche soglia spazio-temporale, una barriera oltre la quale le polarità si invertono, l’alto diventa basso, la sinistra diventa destra, i pesci volano e gli uccelli nuotano.
Mori e De Donno presentavano una ricostruzione dei fatti dietro la quale si profila la figura di un Grande Architetto, la “vera mafia” alle spalle della mafia volgare, insomma il famigerato terzo livello. Michele Santoro ribatteva che è urgente dedicarsi alla mafia attuale, di cui non sappiamo nulla, non all’archeologia di Cosa Nostra; e che bisogna fondarsi sui fatti, sulle prove, senza chiamare in ballo misteriosi architetti e ingegneri né fare “sceneggiature cinematografiche”. Era un Santoro britannico tutto rules of evidence, che si diceva spaventato da una magistratura che procede per partito preso. Aggiungeva, il baronetto, che gli autori dovrebbero avere la franchezza di riconoscere che il loro libro dà torto a Giovanni Falcone, il quale com’è noto non credeva all’esistenza del terzo livello. Poi prendeva la parola Ingroia – era seduto proprio accanto a De Donno, ma essendo ormai avvocato non ha ammanettato in flagranza né lui né Mori – e diceva che la famosa sentenza della Cassazione ha confermato che la trattativa c’è stata e come, e che il reato è stato commesso, anche se non era il reato di trattativa perché quello non esiste.
Qui Mori dev’essersi leggermente incazzato, perché ha tirato fuori l’evergreen della perquisizione del covo di Riina, e gli ha detto papale papale “lei non capisce nulla di investigazioni” (ma Ingroia, abbronzato e sornione, ridacchiava). Gasparri, in compenso, citava ripetutamente “Il padrino - parte prima” per riassumere il senso degli interventi in chiave Puzo-Coppola. A questo punto la cravatta deve avermi bloccato definitivamente l’afflusso del sangue, perché ho visto Vito Ciancimino sulla traversa della porta che agitava le chiavi del Paradiso. O del manicomio.