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Luca Zaia (Ansa)
L'intervista
Pavanetto (FdI): “Fine vita? Zaia parla per slogan, cerca titoli di giornale”
Il presidente del Veneto, a un anno dalla bocciatura della legge regionale da lui propugnata, torna alla carica sul fine vita e spacca la sua stessa maggioranza
È stato un fulmine a centrodestra già nuvoloso. Passi l’agone per il Veneto, per quale partito sarà a esprimere il prossimo candidato. Ma Luca Zaia che torna alla carica sul fine vita, a un anno dalla bocciatura della legge regionale da lui tanto propugnata, finisce per spaccare la sua stessa maggioranza. “Nessun ribaltone: il Consiglio si è già pronunciato. E il governatore non deve smentirlo”, risponde Lucas Pavanetto, capogruppo dei meloniani veneti. “Non so il perché di questa sua fuga in avanti. Magari per l’approvazione di una legge analoga in Toscana?” Di sicuro: l’ha ribadito il Doge in persona. Un maestro, nel calibrare modi e tempi delle dichiarazioni. “Sarà una scelta politica sua, ma la nostra posizione non cambia. E lo stesso vale per il consistente fronte contrario all’interno della Lega: in questi mesi non c’è stata alcuna discussione o evoluzione del ragionamento normativo. Ogni forzatura sarebbe irrispettosa per tutti”.
Eppure Zaia – via Corriere – dà dell’ipocrita al paese, assicura che il fine vita esiste già e incarica la sua squadra di formulare un apposito regolamento ad hoc. “Non c’è alcuna situazione in grado di giustificare una delibera della giunta contraria alla volontà del Consiglio”, spiega Pavanetto al Foglio. “Seppure con un margine risicato, in aula si è raggiunto un verdetto. Non era unitario il Pd, non lo era il Carroccio”. Soltanto gli zaiani: paradossalmente, la controffensiva del presidente ha ricompattato FdI, Forza Italia e il resto della Lega come in Veneto non si vedeva da tempo. “È così”, aggiunge il meloniano. “Zaia si è svegliato la mattina e ha gettato un sasso nello stagno. Ma nel frattempo, all’affossamento di quella legge non è seguita alcuna mozione o iniziativa per rilanciarla. Abbiamo un assessore in giunta”, Valeria Mantovan, all’Istruzione, “che ci ha assicurato la totale mancanza di ulteriori approfondimenti. Su quali basi si dovrebbe riaprire la partita?”
L’opposizione di FdI è senz’altro sostanziale. “Il tema è delicato e di competenza statale”, continua Pavanetto. “Le regioni sono chiamate a impegnarsi per alleviare le sofferenze dei pazienti, non per eliminarli. È vero che le tempistiche sul fine vita attualmente non sono rapide, ma il nostro timore è che accelerandole qualcuno non ci pensi abbastanza: poi non si torna più indietro. Questa scelta non è solo etica, anche scienza e medicina nutrono dei dubbi”. Ma se il progressismo di Zaia è ammirevole, fuori dal cortile conservatore, la forma della battaglia rischia di farsi pericolante. Ed è qui che i meloniani sbarrano la porta. “In ballo c’è la correttezza della nostra funzione di Consiglio regionale. Le leggi non si realizzano in base alle missioni personali, ma attraverso il coinvolgimento di sensibilità diverse e il dibattito ampio. Al quale noi non ci siamo mai negati: se ci vuole sforzare oltre gli slogan e i titoli di giornale, parliamone. Anche sul fine vita”.
Eppure Zaia sembra intenzionato a non mollare la strada dell’atto amministrativo, appellandosi al dovere civico e alla competenza dei suoi tecnici. Possibilità di riuscita? “Molto basse”, secondo il rappresentante di FdI. “Posso capirlo, lui ci crede, è a fine mandato, ha poco da perdere e sfrutta le sue abilità comunicative: per questo insiste. Magari otterrà qualche aggiornamento sulla procedura attorno all’eutanasia, ma smentire gli organi democratici della regione è assai sconveniente. Dunque che Zaia vada davvero in fondo, contro tutto e tutti, resta improbabile”. L’ultima parola al Doge.