(foto Ansa)

il colloquio

Dirsi occidentali con l'occidente assediato. Parla Rampini

Marianna Rizzini

L’Europa “Bella Addormentata”, l’assetto del Dopoguerra sconvolto,. Si può essere comunque ottimisti? Intervista con il giornalista ed editorialista del Corriere della sera, in libreria con un nuovo saggio sulla società occidentale

Sono giorni difficili per l’occidente e per l’Europa in particolare, di fronte all’atteggiamento del presidente americano Donald Trump e a una serie di congiunture (guerre, guerre sui mercati, protagonismo dei grandi player tra piattaforme e AI) che sembrano portare nella direzione di una rottura dell’ordine mondiale e dell’asse atlantico per come li abbiamo conosciuti dal secondo dopoguerra a oggi. E’ possibile non disperare, oggi, come occidentali e come europei, chiediamo a Federico Rampini, scrittore ed editorialista del Corriere della Sera che nel suo ultimo libro (“Grazie, Occidente - tutto il bene che abbiamo fatto”, ed. Mondadori) parla del tabù che impedisce all’Occidente di riconoscere a se stesso il suo ruolo nella storia dell’umanità? “L’Europa è una bella addormentata nel bosco”, dice Rampini. “Ma, in questa versione horror, la protagonista della favola non viene svegliata dal bacio di un principe, i suoi sogni beati sono interrotti dal morso di un orco cattivo. Cioè Donald Trump. Tutto il male della storia umana ora è colpa sua. La guerra in Ucraina che era in un tragico stallo da tre anni, ora la sta perdendo Trump. L’impasse mediorientale che dura dal 1948, pure quella è colpa sua. La decennale recessione euro-germanica sarà addebitata alla sua guerra dei dazi. Quanto all’AI, è un nuovo capitolo del dominio tecnologico americano, sul quale si staglia l’ombra malefica di Elon Musk, cioè il Grande Satana. L’infantilismo europeo è patetico. L’idea di Occidente è estranea alla cultura di Trump, lui non vede il mondo come il teatro di uno scontro di valori. Ma gli europei cos’hanno fatto per difendere l’Occidente dai suoi nemici? In stato d’ibernazione geopolitica, hanno creduto di essere la prima superpotenza erbivora della storia umana, si sono disarmati mentre crescevano gli appetiti neoimperiali di Russia, Cina, Iran, Turchia. L’idea stessa che siamo esponenti di una civiltà, fautrice di progresso, e che i nostri valori devono essere insegnati agli immigrati, è stata messa al bando”.

 

Ci si chiede come si possa reagire. E quale ruolo debba assumere l’Italia governata da Giorgia Meloni – che da un lato è in buoni rapporti con Trump, ma dall’altro è a capo di uno dei paesi cardine della Ue. “Il vicepresidente americano JD Vance”, dice Rampini, “ha fatto scalpore a Monaco per la sua requisitoria all’Europa. In mezzo ad alcune provocazioni, ha infilato anche delle verità scomode. Per esempio che gli europei sono sempre pronti a salire in cattedra per dare lezioni agli Stati Uniti, ma non muovono il dito mignolo per difendersi e continuano a essere dei parassiti della sicurezza, vivono a sbafo del contribuente americano per poi rinfacciare allo Zio Sam di non avere un welfare altrettanto generoso. Vance ha aggiunto una constatazione inconfutabile: i leader europei si considerano campioni di democrazia, ma hanno aperto le frontiere a milioni di immigrati senza mai chiedere ai loro elettori un mandato in tal senso. Giorgia Meloni forse saprà usare i suoi buoni rapporti con Trump per ottenere sconti sui dazi. Resta però inadempiente sugli impegni che l’Italia prese fin dai tempi di Barack Obama, di aumentare al 2 per cento del pil le spese per la difesa. Il governo Meloni è di una timidezza sconcertante quando si tratta di spiegare agli italiani perché gli investimenti nelle forze armate sono indispensabili”.

 

Dove affondano le radici di questa situazione? Perché ci troviamo a questo punto? L’Occidente ha in qualche modo abdicato? E da dove viene questa sorta di senso di colpa che porta a rinnegare valori e storia  in nome di una sorta di conformismo mondialista? Per Rampini è una storia antica: “Ero un bambino di sei anni, quando nel 1962 l’università di Stanford abolì il corso di storia della civiltà occidentale. Oggi il titolo del mio libro suona osceno, pornografico. Ci siamo inflitti un’amputazione della memoria storica. Ci è vietato ricordare ai giovani che l’Occidente non ha solo dei peccati da espiare (imperialismo, colonialismo, schiavismo: tutti orrori peraltro praticati anche da altre civiltà), perché senza la nostra scienza medica, la nostra agronomia, le Rivoluzioni americana e francese, non ci sarebbe stato il miglioramento della salute in Africa, l’India e la Cina sarebbero decimate dalle carestie, non esisterebbe la scuola pubblica nel mondo arabo e in Iran. Quando ero ventenne, e iscritto al Partito comunista italiano, sfilavo in piazza contro la Nato, colpevole di difendere l’Europa dai missili nucleari sovietici. E noi di sinistra esaltavamo la rivoluzione di Khomeini. Sono rare nella storia umana le civiltà che si suicidano così, distruggendo l’autostima. Questo dato culturale accompagna tutti gli errori strategici, dal disarmo militare alla dipendenza energetica verso la Russia, prima, e poi verso la Cina dei pannelli solari e delle batterie elettriche”.  Se è questa la nuova “ora più buia” per l’Europa e per l’Occidente, e in assenza di un altro Winston Churchill, a chi o a che cosa appellarsi? “Sull’America resto abbastanza fiducioso. È sopravvissuta a crisi più gravi. La sua liberaldemocrazia regge da due secoli e mezzo, durante i quali ha avuto una guerra civile, la Grande Depressione, due guerre mondiali, l’11 settembre 2001. Certo, il presidente attuale disprezza gli alleati. Però proprio quegli oligarchi capitalistici che fanno orrore all’Europa hanno accumulato così tanti interessi nei paesi amici che cercheranno di salvaguardare le relazioni. In Europa, il primo problema è il male tedesco. Se Friedrich Merz sia la persona giusta non lo so, ma un nuovo cancelliere dovrà guidare la formulazione di un nuovo modello sociale ed economico, cancellando gli errori tremendi di Angela Merkel e Olaf Scholz. Finché non rinasce la Germania, i vertici da Emmanuel Macron sono esercizi di stile”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.