L'intervista

Parla Tremonti: "La Ue? Autorottamata senza Trump. Meloni è europeista. Ora nuova Ue ed esercito comune"

Carmelo Caruso

"Meglio vassallo di Trump che della Cina. Il trauma della Ue causato dall'eccesso di regole. Nessuno stato si salva da solo. Serve l'Europa. Attenti agli isterismi sui dazi. Ripartire dal manifesto di Ventotene". Parla l'ex ministro

Professor Tremonti, è la  fine dell’Europa o la sua rinascita? “Siamo di fronte a un salto della storia, a un trauma, alle conseguenze di quello che si può chiamare il ventennio perduto”. Ne usciremo da europei o singolarmente? “Nessun governo nazionale può farcela da solo. Serve l’Europa ma un’Europa che si allinei alla natura dei problemi. Serve un esercito comune”. Finiremo vassalli di Trump? “Rischiamo di finire vassalli della Cina. L’Europa riparta dal manifesto di Ventotene”.

 

Tremonti, mentre parliamo, a Parigi, i leader europei si incontrano, dopo la minaccia dei dazi americani, la proposta di negoziato avanzata da Trump a Putin, sull’ Ucraina. Le chiedo, riprendendo le parole di Marina Berlusconi al Foglio: Trump rottamerà  l’Europa? “L’Europa si era già autorottamata. Il trauma l’ha prodotto  con il suo ‘ventennio perduto’. L’Europa si è rottamata con l’eccesso di regole, dall’impatto devastante. Austerità, mercato unico, pensiero unico ed errore unico. Da una parte la Ue, e il suo trattato di Maastricht, con l’idea sucida del mercato perfetto, super regolamentato, e dall’altra il Wto, di Marrakech, che era l’esatto opposto. Tutto ciò ha provocato la fatale asimmetria. E’ stata un’Europa elitaria e totalitaria”. Nel suo libro Guerra o pace (Solferino) scrive, riprendendo le parole di Einstein, “mai affidare le soluzioni dei problemi alle teste che le hanno causate”. Chi sono i responsabili?   Draghi? “Omissis. Dico solamente che ho denunciato i rischi  dell’Europa, ne ho fatto pure un libro, per Mondadori, Rischi Fatali. Da ministro avevo proposto gli eurobond nel 2003 per infrastrutture, difesa comune, chiesto di allentare i vincoli. L’Europa paga,  drammaticamente, la sua follia, il suo folklore giuridico. A Pechino, a piazza Tienanmen, non esiste la targa dell’Antitrust e non sono vietati gli aiuti di stato, e per l’Antitrust non è molto diverso in America. Chi ha messo le catene all’Europa ora vende ricette per salvarla. E’ singolare”. Tremonti, mi sembra di capire che lei sia fermamente europeista. E’ un errore? “Margaret Thatcher, nel 1988, nel suo famoso discorso di Bruges, metteva in guardia dal rischio di avere ‘una fortezza Europa’. L’Europa purtroppo non corre questo rischio.  Si parla di dazi ma per capire l’insistenza sui dazi servirebbe leggere “Elegia americana” di Vance, sul dramma vissuto dalla working class americana, il dramma della manifattura per il lavoro che si spostava in Cina. E’ il fantasma della povertà, se permette  un mio copyright del 1994, che si è manifestato nella parte orientale dell’America. Alcuni ‘saggi’ europei dicevano: il lavoro in Asia e i servizi in Europa”. Chi lo diceva? “Romano Prodi, che raccomandava: apriamo i porti alla Cina. I dazi americani sono anche un mezzo per fare giustizia”. Le chiedo, di nuovo, lei non ha paura di finire vassallo di Trump? “L’Europa è stordita, ma, dopo le parole di Vance, è positivo che ci sia stata una reazione. Non voglio essere né vassallo della Cina né dell’America”. Se dovesse scegliere? “Preferirei esserlo dell’America che della Cina. C’è un’alternativa”. Quale? “Un’Europa che tenga conto dei popoli. La politica commerciale e la risposta ai dazi americani deve essere europea e non ci dobbiamo fare prendere da isterismi”.  Trump bluffa? “Quando si parla di dazi vanno calcolati gli effetti di ritorno, i cambi, i tassi, guardare il fenomeno nel suo insieme e ricordare che anche l’Europa applica l’iva all’importazione che è un dazio. Nel codice doganale europeo l’iva è del 20 per cento e si trasla sul consumatore. Voglio dire che il dazio che impone l’America ritornerebbe a carico americano. Tra l’altro, sono di proprietà americane multinazionali che operano in Europa”. Si chiede a Meloni di scegliere da che parte stare: o l’Europa o l’America. Meloni con chi sta? “Sta con l’Europa ma cercando di allineare quelle asimmetrie che ha causato la crisi della Ue  e aggiungo, più in generale, la crisi della democrazia. Si è spezzata la catena stato-territorio-ricchezza, oggi la ricchezza sta fuori dai confini dello stato. Una volta un governo nazionale poteva governare questi fenomeni, adesso  ci serve l’Europa, ma bisogna tenere conto dei popoli”. Ci serve un esercito comune, un grande esercito europeo o dobbiamo ancora confidare nella clemenza americana? “Ci serve un esercito e non solo per difendere l’Ucraina. Abbiamo la Nato e si chiama Patto Atlantico, ma la geografia ci porta a considerare anche il Pacifico e a spostare mezzi anche su quella frontiera”. Secondo lei un  europeo sarebbe disposto a pagarsi la difesa, sostenere altre spese militari? “Faccia un test, entri in una birreria, luoghi realmente democratici. Se inizia a parlare di unione bancaria, nessuno la comprenderà, ma se parlerà di difesa, sicurezza, io sono convinto che le pagheranno da bere”. Non crede di essere ottimista? “E’ il caso di leggere la Bibbia: dal male può venire il bene.  Ed è il caso forse di leggere e rileggere il manifesto di Ventotene”. Tremonti è diventato marxista? “E’ un testo visionario, ma è un testo dove si parla di difesa comune. Rileggiamolo. Un testo scritto ieri, ma che sembra scritto oggi, scritto quando i carri armati tedeschi erano già arrivati alle porte di Mosca”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio