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Elly la nitida
Solo Schlein poteva dire a Meloni di non essere ambigua
"Meloni deve decidere se schierarsi con l’Europa o con Trump”, dice la segretaria del Pd. Proprio lei che votò per i dazi, e in Europa ha messo i dem contro il Pse sull’Ucraina
"Meloni deve decidere se schierarsi con l’Europa o con Trump”, dice Elly Schlein in una doppia intervista a Repubblica e a Domani. Finalmente parole chiare. “Non si può stare col piede in due scarpe in eterno”. Finalmente qualcuno lo dice. “La premier deve innanzitutto spiegare cosa intende fare”. Era ora. Per capire l’amarezza e la contrarietà contenute in queste parole della segretaria del Pd bisogna ricordare che durante tutti questi mesi, in cui la trama trumpista è stata ideata, in parte messa in esecuzione e da ultimo divenuta minacciosa anche con i dazi, in questi ultimi anni, insomma, in cui Putin ha invaso l’Ucraina mettendo alla prova la capacità di resistenza dell’Europa, l’onorevole Schlein ha mantenuto una saldezza d’intenti invidiabile. Altro che Meloni. Lontana dalle ambiguità della destra, risoluta nel difendere la democrazia, l’Ucraina, l’Europa e anche il libero mercato, ella, anzi Elly, cioè Schlein, ha guidato l’unico partito appartenente al Pse che in Europa è stato sin da subito contrario all’utilizzo sul territorio russo delle armi inviate all’Ucraina. Ma i meriti di Schlein non finiscono qua. Ella, cioè Elly, ha pure guidato l’unico partito del Pse manifestamente contrario alla creazione di Eurobond (proposti da Paolo Gentiloni) per finanziare la difesa comune. E infine ha guidato pure l’unico partito del Pse che a novembre, a Bruxelles, si è fatto in tre sugli emendamenti a sostegno dell’Ucraina. Il Pd era – contemporaneamente – favorevole, contrario, ma pure astenuto. Questa sì che è chiarezza. Ma vuoi mettere?
Soltanto dei maliziosi, cattivi, in malafede e anche un po’ fascisti possono sostenere che ella, cioè Elly, insomma Schlein, abbia la vocazione dell’equivoco e non tralasci occasione (per parafrasare Ungaretti) di illuminarsi d’oscurità. Non è così. Schlein è chiarissima, accipicchia. Date retta. Lei è chiara almeno quanto Giuseppe Conte, il suo inseguitissimo alleato (“non rinuncio all’idea di una coalizione”), il capo del M5s che ieri ha annunciato una protesta di piazza contro la proposta di scorporare le spese militari dal deficit di bilancio pubblico.
Linea Salvini-Orbàn-Putin. Più chiaro di così? Crediamo infatti che non sia affatto un dettaglio che persone che viaggiano su linee così dritte, così limpide, come Schlein e Conte, cerchino di allearsi. Per esempio, è vero che nelle due interviste parallele di ieri , tipo Plutarco, le due interviste rilasciate a Repubblica e a Domani, la segretaria del Pd ha dato forse l’impressione di non spiegare nulla di cosa farebbe lei al posto di Giorgia Meloni. Ma queste sono quisquilie. Anzi, pinzillacchere. Fidatevi. E’ vero che ella, cioè Elly, potrebbe aver offerto l’idea di circolare nel generico come un venditore di bruscolini (“noi stiamo con l’Europa”, va bene: ma per fare cosa?). Queste sono inezie, lo ripetiamo.
Ed è vero che a un orecchio mal disposto la segretaria del Pd potrebbe anche avere dato l’errata impressione di una donna che si distende nell’approssimazione come in un sacco a pelo (dice di essere favorevole a un non meglio specificato “esercito europeo” ma allo stesso tempo dice che non bisogna spendere troppo perché conta di più il Sistema sanitario nazionale). E’ tutto vero. Però, state a sentire come ella, anzi Elly, risolve ogni apparente contraddizione: è Meloni che deve chiarire. Come darle torto. Noi mai le daremmo torto. Siamo infatti da sempre degli ammiratori del suo impegno a favore dei princìpi che regolano il sistema democratico occidentale, sin da quando ha portato al Parlamento di Bruxelles Cecilia Strada e Marco Tarquinio, cioè quello che dice: “Dovremmo pensare di uscire dalla Nato”.
E ci è sempre sembrata cristallina nel suo liberalismo di carattere profondamente europeo, nella sua volontà di difendere attraverso l’Ucraina anche le nostre stesse libertà, specialmente quando ha inserito nella direzione nazionale del Pd Laura Boldrini, Erasmo Palazzotto, Sandro Ruotolo, Susanna Camusso, Arturo Scotto e altri che tanto hanno fatto in questi anni in cui Putin muoveva i carri armati verso ovest. Chi più di loro ha rappresentato la diga invalicabile contro ogni cedimento e tentazione di resa all’autoritarismo armato? Ecco. Per questo, dicevamo, siamo degli estimatori della nitidezza di Schlein, e pensiamo che abbia ragione a pretendere altrettanto dal governo. Ieri, addirittura, leggendo le parole della segretaria del Pd, abbiamo provato un senso di giubilo e di profondo e sincero orgoglio.
Abbiamo riconosciuto in lei, che vorrebbe vedere Meloni contrapporsi a Trump che mette i dazi, l’unico vero argine alla logica anti mercato del presidente americano. Subito ci sono tornati infatti alla mente, quasi con commozione, i giorni in cui Schlein, da europarlamentare, votò contro il cosiddetto Ceta, il trattato di libero scambio tra il Canada e l’Unione europea. Era il trattato che eliminava ogni dazio. Ed ella, anzi Elly, era contraria. Come Trump oggi. Il quale i dazi li mette non solo al Canada, ma presto pure all’Unione europea. Cioè a noi.
Insomma è evidente che in Italia soltanto Elly Schlein può, senza perdere la faccia, rimproverare gli altri di non essere abbastanza europeisti e democratici. Solo Schlein può vantare quella coerenza di opinioni espresse e di azioni coraggiose che oggi le consente di rivolgersi a Meloni dicendo: “Decida se schierarsi con l’Europa o con Trump”. Nessuno, a parte lei, può infatti rivendicare un approccio così deciso, manifesto, persino nel linguaggio. Solo Schlein può rivendicare il rigore e l’intransigenza addirittura nella selezione degli alleati che sono quanto di più distante da Trump e da Putin. A cominciare dal M5s di Conte, un tempo chiamato Giuseppi come tutti si ricordano.
Salvatore Merlo
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