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(foto EPA)
l'editoriale del direttore
Ragioni per studiare Merz in Germania e incrociare le dita
Il caso unico al mondo di una destra, quella tedesca, e della sua leadership anti trumpiana, anti putiniana e anti muskiana
Un’alternativa di destra all’Europa modello Putin e modello Trump esiste? Forse sì. In questo momento storico, trovare buone notizie in Europa, e per l’Europa, è un’operazione spericolata, proibitiva, quasi autolesionista, perché più si cerca di ragionare su quello che potrebbe fare l’Europa per aiutare se stessa e più ci si rende conto che l’Europa, come ha notato due giorni fa Mario Draghi al Parlamento europeo, non sembra essere affatto pronta ad aiutare se stessa, ad affrontare i suoi tabù, a combattere i suoi vizi, a governare le sue divisioni e a offrire risposte non macchinose a problemi gravi, urgenti e impellenti. Nello tsunami di pessimismo che sta investendo l’Europa, all’orizzonte, con un cannocchiale ben calibrato e ad alta definizione, è possibile intravedere però una luce di speranza, che arriva da un paese, la Germania, finito al centro dell’attenzione, negli ultimi mesi, più per notizie spaventose che per notizie rassicuranti. Si parla molto di Germania, comprensibilmente, per via dei numeri potenzialmente esplosivi e devastanti dell’AfD, un partito che si trova a metà strada tra l’Europa che ha in mente Putin (devastata) e l’Europa che ha in mente Trump (dilaniata). Ma si parla poco di Germania per quello che finora è stato invece un protagonista interessante ed eccitante della campagna elettorale e che risponde al nome di Friedrich Merz. Friedrich Merz è il candidato cancelliere della Cdu, il centrodestra tedesco, e ha alcune caratteristiche straordinarie e piuttosto anomale per un leader di destra.
Primo punto. Merz è ostile agli estremisti di destra, durante la campagna elettorale ha ripetuto all’infinito che chi vota Cdu lo deve fare anche per non ritrovarsi al governo l’AfD (Merz vuole governare con una grande coalizione, allargata all’Spd, e nonostante lo scivolone di qualche settimana fa, quando ha scelto di votare al Bundestag una legge sull’immigrazione con l’AfD, la sua promessa appare sincera) e se ci si riflette un istante non esiste in Europa nessuna destra così apertamente critica contro la destra estrema (forse anche perché non esiste in Europa nessuna destra così estrema come quella guidata dai neonazisti dell’AfD).
Secondo punto. Merz è l’unico importante politico di destra al mondo ad aver sfidato la piattaforma Maga e Mega, Make America Great Again, Make Europe Great Again. Lo ha fatto, nelle ultime settimane, rispondendo, a tono, ai goffi e violenti attacchi portati avanti dal vice di Donald Trump, J. D. Vance, contro l’Europa. “Non lascerò – ha detto Merz, da vero patriota – che i politici di altri paesi mi dicano cosa fare o con quale partito dovrei negoziare”’. Lo ha fatto, giorni fa, parlando di commercio, sapendo che la Germania è per Trump uno dei principali problemi in Europa, per via del suo grande disavanzo commerciale con gli Stati Uniti, e lo ha fatto utilizzando un linguaggio non diplomatico, nei confronti di Trump, dicendo che l’Europa non aveva “alcun interesse in un conflitto commerciale (con Trump). Mentre al contrario, pensiamo che il commercio avvantaggi tutti e che le tariffe danneggino tutti... Ma se lui vuole questo conflitto, allora dovremo dare la risposta giusta”.
Terzo punto. Merz, in queste ore, è l’unico leader di destra, in Europa, ad aver utilizzato in pubblico parole durissime nei confronti del tentativo portato avanti da Donald Trump di offrire in Ucraina una vittoria strategica a Vladimir Putin, dicendo quello che altri leader della destra europea non hanno ancora detto in modo chiaro. Per esempio: “E’ assolutamente inaccettabile che Russia e Stati Uniti stiano negoziando senza l’Ucraina e gli europei al tavolo”, perché gli ucraini devono essere al tavolo “e noi come europei dobbiamo sostenerli con enfasi” (e sì, sarebbe bello sentire frasi simili anche in Italia, dagli amici di Trump). Il quarto elemento di interesse che rende unica la leadership di Merz è il suo essere esplicitamente e senza infingimenti contro il tentativo da parte della Decima Musk, guidata dall’imprenditore più ricco del mondo, di colpire il modello di democrazia liberale incarnato dall’Europa, sostenendo i partiti più estremisti del continente. Il 14 febbraio, al Wall Street Journal, Merz ha detto che l’ingerenza di Elon Musk nella campagna elettorale tedesca “non può rimanere impunita”, ha detto che “quello che è successo in questa campagna elettorale non può passare inosservato”, ha detto che occorrerà “indagare su come l’ingerenza di Musk possa aver influenzato l’opinione degli elettori” perché quello che ha fatto Musk non è solo “un sostegno alla campagna elettorale ma è stato anche un sostegno economico all’AfD, e per questo bisognerà approfondire”. L’eventuale vittoria elettorale di Merz sarebbe una buona, splendida, notizia per la Germania, e per l’Europa, ma sarebbe una buona, splendida, notizia anche per l’Italia, per moltissime ragioni. In primo luogo perché mai come oggi la difesa degli interessi della Germania, la difesa dell’Ucraina, le esportazioni, la sicurezza nazionale, l’approvvigionamento energetico alternativo a quello russo, la ricerca di una strada per un appeaseament commerciale con la Cina, coincide con gli interessi italiani, e anche per l’Europa avere, nei confronti di Trump, un poliziotto buono (Meloni) e uno cattivo (Merz) potrebbe essere un vantaggio mica da poco. In secondo luogo perché, come hanno notato sul Foglio Luciano Capone e Carlo Stagnaro, la Germania e l’Italia sono le due principali potenze manifatturiere d’Europa (rispettivamente 27 e 14 per cento della produzione industriale Ue) e hanno in questa fase problemi analoghi: un declino della produzione industriale, dovuto a problemi di competitività legati alla iper-regolamentazione e ai costi dell’energia, e non ci vuole molto a capire che per l’Italia di Meloni costruire un asse speciale con la possibile Germania di Merz potrebbe aiutare l’Italia a contare di più non solo in astratto (soft power) ma anche in concreto (politiche industriali, immigrazione, attrattività).
Nel corso di un intervento a Davos, a gennaio, Merz, che incarna una forma di leadership moderna cresciuta nella modernità e non nella nostalgia, ha elogiato Meloni per essere una leader “molto pro europea, molto chiara nella sua posizione nei confronti dell’Ucraina e della Russia e molto chiara sull’ordine basato sulle regole dell’Unione europea”. Merz ha detto anche che in Europa occorrerebbe “parlare con lei (con Meloni) più spesso di quanto abbiamo fatto in passato”. Trovare buone notizie, in questo momento, in Europa non è semplice. Ma immaginare che lunedì un leader di destra contemporaneo, anti trumpiano, anti muskiano, anti estremista, nemico dei dazi, amico dell’Ucraina e favorevole al libero commercio (Merz è favorevole anche all’accordo di libero scambio con il Sudamerica, il Mercosur, cosa che non farà piacere alla Francia di Macron ma che potrebbe far piacere all’Italia di Meloni & Co.) possa fare un passo in avanti è una prospettiva che dovrebbe essere osservata con un misto di eccitazione e di speranza da chiunque sogni di trovare un modo per arginare, come suggerito da Marina Berlusconi, il bullismo degli illiberali della Decima Musk che sognano un’Europa costruita a immagine e somiglianza di Putin e di Trump.