Ignazio La Russa (LaPresse)

il caso

La Russa: "Il Salva-Milano? Meglio chiamarlo Salva-Sala. Lo sostenga la sinistra". Conti e strategie

Ruggiero Montenegro

"E' una norma che interviene su alcune scelte urbanistiche della giunta guidata dal sindaco dem", dice il presidente del Senato e colonnello di FdI. Dopo il sì alla Camera, Il Pd temporeggia ancora  e valuta se emendare il testo, con il rischio di affossare la legge. La partita interna ai dem e i calcoli (elettorali) del centrodestra

“Più che Salva-Milano credo sarebbe opportuno chiamarla legge Salva-Sala”. Presidente, come mai? “Perché si tratta di una norma che interviene su alcune scelte urbanistiche della giunta guidata da Beppe Sala. Per questo mi aspetto prima di tutto che siano i partiti di centrosinistra a sostenere quel provvedimento”. Ignazio La Russa dice e non dice. Il suo ruolo, è presidente del Senato oltre che storico colonnello di Fratelli d’Italia, glielo permette. Quasi glielo impone. E anche per questo, assicura al Foglio: “Non ho alcun motivo di modificare l’andamento dei lavori. Se ne occuperà la commissione e poi l’Aula”. Intanto il centrodestra fa di conto. 
La storia è nota. La norma tanto cara al sindaco Sala, quella che permetterebbe di sbloccare nel capoluogo meneghino circa 140 cantieri fermi dopo alcune inchieste su presunti abusi edilizi, galleggia a Palazzo Madama. Ma rischia di affondare. E’ stata approvata alla Camera a novembre, anche grazie a un’intesa, di quelle che non capitano tutti i giorni, tra Fratelli d’Italia e Pd (ma anche Matteo Salvini si dice convinto della necessità del provvedimento: “Fosse per me sarebbe già stato approvato”). Il relatore era l’allora capogruppo meloniano Tommaso Foti, oggi ministro per gli Affari europei e Pnrr.  

Da allora tuttavia lo scenario è cambiato. Al Nazareno innanzitutto, dove hanno iniziato a frenare: il timore – che lo stesso sindaco di Milano ha provato più volte disinnescare: “Non è un liberi tutti” – è che una norma studiata per un contesto specifico finisca alla fine per legittimare pratiche abusive in tutta Italia. E’ una posizione sostenuta dagli ambientalisti ma anche da vari docenti universitari, associazioni di urbanisti e intellettuali (molti altri esperti sostengono tuttavia il contrario) e pure dal M5s che ha più volte auspicato in queste settimane una retromarcia dem, gridando all’inciucio.

Così i senatori del Pd per il momento hanno preso tempo, hanno preferito aspettare la fine delle audizioni in commissione Ambiente al Senato (è stato ascoltato lo stesso Sala, tecnici ed esperti, oltre ad associazioni di  varia natura, da Legambiente al Forum disuguaglianze) prima di decidere come muoversi. Altri dubbi riguardavano poi l’aumento degli oneri urbanistici per i comuni, ma due giorni fa è stato il ministero dell’Economia a chiarire che questo rischio non esiste e dalla Ragioneria di stato è arrivato il via libera alla norma. Sempre che non venga cambiata: fino al 5 marzo non si può escludere, è questo infatti il termine stabilito per presentare gli emendamenti. 

Intervenire sul testo vorrebbe dire rimandare la legge alla Camera, allungandone i tempi, forse affossando la norma definitivamente. Ed è su questo crinale, sulle conseguenze di una simile prospettiva, che si muovono i ragionamenti dell’opposizione e della maggioranza. La sensazione, un’altra volta, è che sul Salva-Milano si stia giocando una partita che non riguarda solo l’urbanistica ma si spinge ben oltre, fino alle prossime amministrative e al dopo Sala. Ignazio La Russa intanto si limita a dire che “sono un osservatore imparziale, ma non distratto”.  Impossibile  dunque che non abbia notato lo scontro tutto interno al Pd, tra riformisti e sinistra (quella che in Lombardia è rappresentata da Pierfrancesco Majorino). Mentre Beppe Sala continua, per il momento senza grandi risultati, a incalzare i dem evidenziandone contraddizioni e retromarce, chiedendo chiarezza alla segretaria Schlein. Aveva anche minacciato di dimettersi.

Il centrodestra vorrebbe quindi provare ad approfittare di questa impasse, intercettando il malcontento di una parte della cittadinanza milanese che non vede di buon occhio l’approvazione del Salva-Milano. D’altra parte quello che manca ai partiti di maggioranza, e a FdI in particolare, è la guida di una grande città: il capoluogo lombardo potrebbe essere l’occasione buona. Non è tuttavia un disegno privo di rischi, a Milano il partito del mattone e dell’immobiliare è abituato infatti a trovare sponde a destra. Scommettere sul fallimento del Salva-Milano potrebbe non essere la strada più facile per tentare di riprendersi una città che la sinistra amministra dal 2011.

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