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Il caso
Ucraina, governo in ordine sparso: Tajani da una parte, Salvini dall'altra, Meloni contro Macron
La premier boccia in videoconferenza l'ipotesi delle truppe europee: "Rischiosa e poco efficace". Intanto il capo della Lega attacca Bruxelles e la difesa comune. Il ministro degli Esteri a colloquio con i vertici Nato
E’ il giorno dello sciogliete le righe. Totale. Un’ammuina che restituisce una fotografia del governo frastagliata (eufemismo) sulle direttrici più strategiche. Sull’Europa, sull’Ucraina, su Trump. Con una disarmonia che nemmeno a farla di proposito, il vicepremier della Lega Matteo Salvini – in grande spolvero e con la mano caldissima per lanciare tweet – dice una cosa e il ministro degli Esteri, nonché leader di Forza Italia, spinge su quella opposta. Al centro c’è Giorgia Meloni che assiste a questo scambio di missili fra alleati mentre è in videocollegamento con i leader del Consiglio europeo, convocati dal presidente António Costa per ascoltare il resoconto dopo la visita alla Casa Bianca di Emmanuel Macron da Donald Trump. La premier italiana è tra i pochi a prendere la parola dopo il presidente francese. E lo fa per ribadire una posizione distante da quella dell’inquilino dell’Eliseo.
Meloni quasi al termine di una riunione durata meno di un’ora ribadisce la contrarietà di inviare solo truppe europee (“soluzione poco efficace e praticabile nonché rischiosa”) in Ucraina e, di converso, la necessità e l’efficacia di intervenire solo dietro garanzie. Ovvero con una missione sotto l’egida dell’Onu con dentro anche gli Usa, quindi la Nato. L’appuntamento è stato preso da Palazzo Chigi senza eccessivi slanci di entusiasmi, visto che il protagonista delle “lezioni americane” era Macron: dettaglio velenosetto, che rende però bene il clima. E fin qui la giornata potrebbe passare quasi in cavalleria in vista dell’appuntamento di domenica a Londra con tutti i leader europei e il primo ministro britannico Keir Starmer. Poi ecco Matteo Salvini che in contemporanea si presenta davanti alla stampa estera, carico come non mai. Frasi da riportare: “No all’ingresso nella Ue dell’Ucraina, prima ci sono Albania e Serbia”. Oppure: “No all’esercito comune europeo con a capo Ursula von der Leyen perché durerebbe venti minuti”. E quindi: “No in generale alla difesa comune”. Visto che non intende risparmiarsi il capo della Lega incontra, all’insaputa della Farnesina, anche Paolo Zampolli, inviato Speciale per l’Italia scelto dal presidente Trump e Rudy Giuliani, ex sindaco di New York. Il quale ha detto al viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, discutendo di dazi e spese militari e in generale dell’approccio di Trump verso l’Ue, che per Donald “un conto è l’Italia e un conto è l’Ue sia per le relazioni storiche con Roma sia per la leadership di Meloni”.
Chi va da una parte, chi va dall’altra: Meloni prova a tenere i pezzi. Antonio Tajani vede il comandante supremo alleato per l’Europa della Nato, Christopher Cavoli. Sul tavolo l’obiettivo di alzare le spese militari al 3,6 per cento: se ne parlerà in estate all’Aja. Tajani ha detto l’opposto di Salvini tutto il giorno. Infine Guido Crosetto pronto ad accusare Francia e Inghilterra di non essersi confrontate.
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