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Il colloquio
Un tè con Goffredo Bettini: "Nel Pd c'è degrado. Serve un partito di centro e coalizione Assisi contro 'regime' Meloni"
I dubbi, i pensieri di un protagonista del Pd: "Atlantismo superato, Trump assalta la civiltà, Schlein leader ma nel Pd si parla poco. Le nostre risposte, di centrosinistra, sono ancora incerte rispetto a Meloni"
Dopo questa intervista sa che si dirà? Era Bettini “il monaco” e adesso è “Goffredo il vescovo”. “Ho preferito parlare poco, cercato il disincanto, praticato la distanza”. L’isolamento? “Pietro Ingrao amava i conventi, ragionava sul bisogno di astrarsi. Mario Tronti li frequentava. Mi piacerebbe rifugiarmi in un convento. A mio modo, mi astraggo”. E ora Goffredo Bettini perché torna a parlare? “Perché cinque anni di Meloni si possono sopportare, ma dieci anni diventerebbero un regime”. Preghiamo? “Ho smesso di pregare quando ho scelto la militanza”. Meloni, chi è? “Una furbesca, abile, una Zelig, una donna di maschere come quelle di Pirandello”. Si può battere? “Si deve battere mandandola in cortocircuito, ci serve un partito di centro, di energie civiche, per contrastare quello che chiamo un assalto alla civiltà”. Sta lanciando un nuovo modello? “Penso a una carta dei valori delle opposizioni”. Da firmare dove? “Ad Assisi”.
Siamo invitati a prendere un tè a casa di Bettini, che è un’altra, un’altra ancora, rispetto alla casa “campo largo”, il condominio dove per anni sostava l’Italia, gialla e rossa, l’anonimo appartamento del pensatore, di uno dei fondatori del Pd, che veniva blandito. Le sue interviste erano replicate in serie e iniziarono a moltiplicarsi i ritratti, le “confessioni” con Goffredo. Il viso è tornato rotondo, le guance tese, e la mano è pesante, forte, sonora, tanto da batterla sul tavolo, tre volte, quando dice: “Mi piacerebbe discutere di vita autentica, del testo di bruciante attualità del vescovo di Milano Delpini o della nostra povertà di risposte, e parlo della mia parte politica. Mi piacerebbe parlare di questa epoca crudele, descritta già nel ’75 da Salò di Pasolini, dell’Europa che si è ridotta a supina dell’America. Oggi Trump va ai negoziati con l’aggressività del padrone e l’Europa balbetta. Non voglio continuare a parlare di guerra, ma di quale pace. È un tema concretissimo per un partito che vuole rimettere al centro la vita. Vede, gli italiani amano la vita, ma non questa vita”. E del Pd, vuole parlare? “Ci sono luci ma ci sono ombre”. Quando gli viene chiesto cosa si intende per “ombre”, Bettini risponde: “Degrado. C’è un certo degrado nel Pd territoriale, conflitti di potere che sono sotto gli occhi di tutti, insieme a luci di splendida militanza”. Indossa una maglia grigia, larga. Sullo scaffale della libreria si scorge il testo che Bettini definisce “fondamentale”, il saggio di Emmanuel Todd, “La sconfitta dell’occidente” (Fazi). Gli chiediamo se si senta sconfitto, dimenticato dal Pd, dalla segretaria, ma Bettini garantisce che non lo è e che “si parla quando si ha un ruolo da onorare, quando le tue parole possono incidere”, poi, aggiunge: “C’è stato un momento in cui ho parlato troppo. E’ vero. Ma lo sentivo come un dovere. Successivamente io stesso avrei voluto urlare: dimenticatemi”. Sente regolarmente Franceschini, Orlando. Gli chiedo: Schlein, la sente? Racconta che l’ultima volta che l’ha sentita è stato “prima della proposta di Dario”, il suo “marciamo divisi”. E dopo? “Da quella volta non l’ho più sentita, ma se la domanda che vuole farmi è: ‘Schlein è una leader?’, ebbene, io rispondo che lo è. Ha avuto il merito di guidare, risollevare il Pd, un Pd che è come un pianoforte. Suonarlo tutto è quasi impossibile e a volte rischia di sembrare la Prova di orchestra di Fellini’. Di certo mi dispiace che la proposta di Franceschini sia passata sotto silenzio”. Gli sottoponiamo queste domande, veloci: Schlein può fare la presidente del Consiglio? E Bettini: “Ecco, questo è ciò che io chiamo il pensare tossico, che non aiuta”. Aiuterebbe avere Ernesto Maria Ruffini in politica? Vi frequentate? E lui: “Lo conosco bene. Porta un arricchimento e la sua è una presenza di valore”. Ricorda che il suo desiderio è parlare del dialogo, che avrà oggi con mons. Paglia, il sindaco di Roma, Gualtieri, e proprio con Ernesto Maria Ruffini, dal titolo: “Dialogo tra socialismo e cristianesimo: una vita autentica”, ma lo dice sorridendo, come chi è corteggiato e non vuole cedere subito alle curiosità dell’avversario. Gli chiediamo: Bettini, serve un partito cattolico da affiancare a Pd e M5s?, e lui: “Ci serve un soggetto di centro, liberale e di impegno civico. Non un partito cattolico. I cattolici stanno ovunque, stanno a destra, nel Pd. La sfida è mettere socialisti e cattolici su un cammino comune e in sintonia sulla lettura del mondo”. Comincia a parlare della “tecnica” come ne parlava il filosofo Severino, la spaventosa tecnica che, dice Bettini, “cosizza il mondo”, e dell’atlantismo “superato”, di come l’Europa “si sia subordinata all’America”. Batte la mano sul tavolo, nuovamente, quando per provocarlo gli diciamo: Vuole forse uscire dal Patto Atlantico”, abbandonare l’Ucraina? Bettini si ribella, dice che “abbiamo giurato fedeltà all’America ma abbiamo scoperto Trump il cinico e che l’Ucraina è già stata abbandonata. L’unica nostra speranza è che non venga spartita come un cane morto. Ci sono ormai tanti occidenti, non solo uno. C’è quello di Trump e Musk, due che hanno reso spettacolare l’assalto alla civiltà. C’è l’Europa che ha rinunciato ad avere un ruolo, accettato di vivere in servitù. A sinistra si può invece emendare quanto proposto da Franceschini. Ma io dico: mai più divisi e propongo una carta di valori comuni partendo da vita autentica e più giusta, pace, difesa comune, multilateralismo. Una carta da firmare in un luogo simbolico, come Assisi, ci permetterebbe di avere dei valori comuni e costruire la coalizione a maglie larghe”. La “carta di Assisi”? “Non è forse un nome bellissimo?”. Gli domando se abbia ancora un debole per Conte e Bettini risponde serenamente che non si è mai compreso cosa abbia fatto. Cosa? “Ha trasformato il M5s in una forza di governo. Ha strappato con Grillo. È un po’ come se il vecchio Pci, con le dovute differenze, avesse strappato con Togliatti. Continuo a pensare che Conte abbia pagato, sul piano internazionale, la sua adesione alla Via della seta”. Torniamo a chiedergli di Meloni. Si salverà grazie a Trump o cadrà per essersi legata a Trump? E Bettini risponde che “Meloni fa l’atlantista con Trump, l’europeista contro i fondamenti dell’Europa e la patriota in Italia. Ma riconosco che le nostre risposte, di centrosinistra, sono ancora incerte. La debolezza di Meloni è il circo che si porta appresso. E poi il legame di sangue con la destra estrema degli anni ‘70 che non vuole spezzare. Ha un piano: sabotare l’Europa da dentro e intorbidire la maggioranza di Von der Leyen”. Cosa pensa di Musk? “La sua mano alzata? O ha i reumatismi o forse gli scappa, è un tic, come nel film di Peter Sellers, il Dottor Stranamore”. Gli domando alla fine quale film consiglierebbe a Schlein e Bettini: “Germania anno zero, il mio preferito, perché parliamo di guerra ma la nostra generazione non ne conosce la dimensione concreta, carnale”. Si rammenta che non vuole prendersi sul serio e aggiunge dunque: “La politica sembra titanica ma è un pulviscolo, che eco possono avere i nostri bisticci di fronte alla solidità dell’infinito nulla?”. Ci lascia andare e si mette a studiare i suoi appunti prima di benedirci da vescovo laico: “Sono pieno di dubbi, a volte, neppure sono certo di quello che dico”.
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