(foto d'archivio Ansa)

il paradosso

Ecco come Salvini, il supremo sacerdote dei commestibili, è diventato il nemico numero uno delle trattorie

Salvatore Merlo

Da uomo dagli appetiti robusti, il vicepremier, anche a causa di un nuovo codice della strada che non inasprisce niente ma è stato venduto come una svolta epocale, si è trasformato in uno "svuota ristoranti". Guai a pronunciare il suo nome in trattoria, da nord a sud del paese

Tanto Salvini fa la guerra al vino quanto Lollobrigida all’acqua. Un’osteria della malora è diventata l’Italia dei ministri. Fino a qualche mese fa, percorrendo da cima a fondo il catalogo di tutte le catastrofi pensabili dopo il Papeete, quella di inimicarsi pure i ristoratori, i  produttori di vino e quelli di alcolici in generale era la meno probabile. Eppure è ciò che gli è accaduto.  Se avete coraggio provate infatti a scandire il trisillabo “Sal-vi-ni” dopo esservi messi a sedere in trattoria. Dalle Langhe alla Valpolicella, fino all’Etna del Nerello Mascalese. Provate, se avete coraggio. Ma rischiate di non mangiare. Subito infatti vedrete l’oste che si mette le mani ai capelli. Anziché illustrarvi il menù, eccolo che diventa rosso e comincia a incresparsi come una carta in rilievo della Grecia settentrionale. Seguono gorgoglii e sospiri dentro il naso. Non fatelo.

Matteo Salvini? Lo chiamano lo “svuota ristoranti”. Ed è l’unica frase gentile pronunciata a proposito del nostro ministro e vicepremier. “Non vendiamo più una bottiglia  o un bicchierino di grappa da quando ha fatto il codice della strada. E i clienti sono diminuiti”. Sicché non si può non rilevare il paradosso di come un tizio che sembrava esistere per dimostrare che  il potere è appetito – letteralmente – insomma il    supremo sacerdote dei commestibili,  il  leghista sulla cui bandiera invece del sole delle Alpi splendeva una mortadella, quello che su Instagram  ci prometteva sempre  nuove ebbrezze gastronomiche con un bicchiere di rosso     in mano, sia diventato per vinaioli, distillatori, osti,  putiari e ristoratori  di mezza Italia all’incirca come la kryptonite per Superman. Altro che Guardia di Finanza. Altro che Agenzia delle entrate. Salvini! Basta la parola. Ma il paradosso è doppio. Non c’è solo quello di un uomo dagli appetiti robusti che è finito col mettere tutti a stecchetto. Il paradosso più incredibile è che il nuovo codice della strada, come in molti hanno ormai capito, non inasprisce proprio niente. Altro che alcol: è acqua fresca.  Solo che il ministro, col suo genio recondito, lo ha spacciato per una svolta epocale. Ispettore Matteo Callaghan, il braccio violento delle trattorie. Col risultato che adesso la  vita politica, che già non gli scorreva né facile né vittoriosa,  è diventata per lui  un alimento (è il caso di dirlo) ancora più crudo e grossolano. Da digerire a fatica.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.