
L'intervista
“Su dazi e Trump non si scherza”. Parla il nuovo capo dei confindustriali veneti
“C’è in ballo il futuro delle nostre imprese”, avverte Raffaele Boscaini, neoeletto ai vertici della regione. “Davanti a guerre e crisi serve un’Europa compatta e un’Italia coraggiosa. Meloni? Attendismo ragionato. Ma il governo si tenga lontano dai venti antisistema
Non è tempo di scherzare con le imprese. “Il Veneto non può permettersi dazi. E davanti alla minaccia di Trump – se alle sue parole dovessero seguire i fatti – servirà un’Europa compatta e un’Italia coraggiosa”. Si presenta così Raffaele Boscaini, il nuovo presidente di Confindustria in regione. “Mi dicono che è un periodo difficile per rilevare questa carica”, racconta al Foglio. “Ma era forse semplice per il mio predecessore, negli anni della pandemia? Il nostro tessuto produttivo è in grado di affrontare anche le sfide più dure”. Se ne preannunciano diverse. “Ed è importante poter contare su un supporto istituzionale vigile e ben indirizzato: sbagliare certe scelte oggi vorrebbe dire pagarle domani”.
Appunti per il governo Meloni, senza tirate d’orecchie. “Confidiamo nel loro lavoro in questo momento delicato”, spiega Boscaini. “Se l’attendismo di Giorgia in politica estera mi preoccupa? No: ha dimostrato di saper rappresentare il nostro paese. È vero, sta assumendo un atteggiamento diverso rispetto agli altri leader europei”, che subito hanno manifestato piena solidarietà a Zelensky e all’Ucraina dopo il pandemonio nello Studio ovale. “Ma la prudenza non va confusa con l’inerzia: l’obiettivo prioritario resta far convergere Europa e Stati Uniti verso una soluzione comune. E in quest’ottica l’Italia può assumere un ruolo determinante”. L’ora è matura, dopo tanti anni a inseguire nelle gerarchie comunitarie. “Va detto: Bruxelles non ha fatto abbastanza per garantire la compattezza degli stati membri. Le imprese del continente però hanno bisogno di un’unione sovranazionale forte e delle sue grandi risorse”. L’esatto opposto di chi vorrebbe smantellarla. “Penso al Veneto, in chiave imprenditoriale: siamo la terza regione italiana per export”, Germania, Francia e Stati Uniti le destinazioni principali. “Ma esportare non è abbastanza. La vera crescita avviene attraverso l’internazionalizzazione delle nostre aziende: cioè con la loro introduzione stabile all’interno dell’ecosistema estero, in sinergia con mercati e consumatori non necessariamente abituali.”. Il confindustriale non fa nomi. Ma cedimenti a destra alla Salvini, tra le fiammate di Trump e quelle di Afd, potrebbero rivelarsi pericolosi. “I dazi ci taglierebbero le gambe. E mettere in discussione principi condivisi come il mercato unico avrebbe conseguenze gravi per tutti”.
È una voce nuova dalla regione, quella di Boscaini. Veronese, 55 anni da compiere, a fine febbraio è stato eletto all’unanimità ai vertici di Confindustria Veneto dopo averne guidato la sezione provinciale. Ora conta di portare “un parere aggiunto all’interno del panorama meccanico-manifatturiero che contraddistingue le nostre Pmi”. Arriva dal settore del vino: la sua famiglia ne produce da tre secoli, Amarone in prima linea. “Sfaccettature imprenditoriali diverse, ma mi farò carico dell’interesse di tutti”, 9mila aziende per oltre 400mila lavoratori. “Davanti a noi abbiamo impegni importanti, dall’innovazione ai grandi eventi. Certo il Veneto oggi vede il segno meno sotto molti aspetti: investimenti, esportazioni, assunzioni. Continua a crescere invece la cassa integrazione. E senza opportuni finanziamenti in ricerca e sviluppo, le nostre realtà – soprattutto in ambito tecnologico – subiranno sempre di più il peso della concorrenza straniera. Dobbiamo invece rendere il Veneto ancora più attraente e all’avanguardia”. Oltre la solita locomotiva d’Italia.
Con Zaia i rapporti sono serenissimi. “Il governatore ha sempre posto attenzione alle nostre istanze: quello che dice su dazi ed equilibri internazionali rispecchia le preoccupazioni del cuore produttivo del Veneto”. Si guarda con fiducia anche a Roma. “Il dialogo non è mai mancato: il nostro compito sarà continuare farci sentire e il loro di ascoltarci”. Certo non di far saltare il banco. “Tra venti di guerra e crisi economica, c’è bisogno di politiche responsabili e pragmatiche”, ne tengano conto gli accoliti europei di The Donald. “Il presidente americano ha spesso dimostrato di esprimersi in modo più provocatorio e incendiario di quelle che si sono poi rivelate le sue azioni effettive. Dunque prudenza, ancora una volta. Se però dovesse rivelarsi un’autentica minaccia, è bene sapere da che parte stare”. Quella del Veneto operoso è presto detta.
