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La linea dell'Italia sul piano Ursula sulle armi
“Meloni sul riarmo starà con von der Leyen, ma ha il problema Salvini”, dice Alessandro Campi
La "prudenza" della premier davanti al trumpismo ortodosso del leader leghista al pacifismo-neutrale di Schlein
“Questo è un momento spartiacque per l’Europa e l’Ucraina come parte della nostra famiglia europea”, ha detto ieri la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al Consiglio europeo straordinario di Bruxelles, alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “L’Europa affronta un pericolo concreto e presente”, ha aggiunto, “e quindi deve essere in grado di proteggersi, di difendersi, così come l’Ucraina”, per arrivare “a una pace duratura e giusta”. C’è anche la premier italiana Giorgia Meloni, a Bruxelles. Di fronte al tema dell’ineluttabilità del riarmo europeo, su quale sentiero dovrebbe incamminarsi? Ne parliamo con Alessandro Campi, direttore della “Rivista di politica” e docente di Storia delle dottrine politiche e di Scienza politica all’Università di Perugia: “Von der Leyen”, dice Campi, “non ha presentato un piano per il riarmo europeo, ha lanciato un messaggio politico forte. Ha dato la sveglia all’Europa e ha indicato una direzione di marcia. Ora si tratta di dare una traduzione operativa credibile agli obiettivi che sono stati annunciati, sapendo che ci sono diversi problemi da affrontare. Dove reperire le risorse a debito, evitando di incidere sulla spesa pubblica riservata allo stato sociale? Perché questo darebbe fiato (aggiungo giustamente) alla propaganda populista. E cosa s’intende per ‘riarmo’? Potenziamento dell’industria di difesa europea o shopping compulsivo di armi che, nell’immediato, i diversi Stati europei potrebbero comprare quasi soltanto da Usa, Israele e Francia? C’è poi da capire cosa fare in futuro con la Nato”. Tuttavia, dice Campi, “qualcosa d’urgente bisognerà fare per garantire all’Europa quella sicurezza che gli Usa non vogliono più accollarsi in via esclusiva. In questo quadro, Meloni deve fare quello che stanno cercando di fare tutti gli altri Stati europei: provare a far quadrare il cerchio. Vale a dire continuare a garantire il sostegno all’Ucraina; pretendere di avere voce in capitolo nelle future trattative di pace tra Russia e Ucraina; evitare una rottura politico-diplomatica con gli Usa, senza per questo cedere a richieste sin troppo perentorie e aggressive; agire in maniera unitaria dal momento che la disunità politica dell’Europa è esattamente quello che vogliono, anche se per ragioni diverse, Trump e Putin”. L’Italia è stata finora coerente nella difesa dell’Ucraina, in nome dei valori occidentali e quindi anche europei. Non sarebbe il caso, ora, di non mostrare esitazione? “Meloni”, dice Campi, “appoggerà certamente la posizione europea sul cosiddetto ‘riarmo’ (sottolineo europea, non di von der Leyen, che forse sta correndo un po’ troppo nel tentativo di intestarsi questo delicato passaggio storico e politico), ma ha oggettivamente tre problemi che gravano sulle sue scelte. Primo: il controcanto nella maggioranza di Matteo Salvini, che gioca a fare il trumpista ortodosso sperando di riguadagnare parte del consenso perduto. Secondo: le ambiguità in politica estera di Elly Schlein, dunque la mancanza di una sponda istituzionale nell’opposizione sulle questioni di politica estera (il Pd ha in questo momento un atteggiamento in chiave neutral-pacifista molto diverso da quello ufficiale della famiglia socialista europea). Terzo: la situazione critica dei nostri conti pubblici — che rende difficile pianificare a breve un massiccio aumento delle spese militari. Da qui la comprensibile prudenza della premier”. Ma, al tempo stesso, dice Campi, questa situazione rappresenta per lei “una grande opportunità: Meloni può cioè intestarsi una scelta – che dovrà avere il coraggio di spiegare non solo ai suoi alleati ma soprattutto alla pubblica opinione – che vede coincidere l’interesse nazionale con quello europeo. In questo momento patriottismo ed europeismo vanno insieme. Il problema semmai è per tutte quelle forze politiche – Pd, Lega, M5S, sinistra radicale – che, in una fase delicata come questa, si trovano a sostenere posizioni pericolosamente ambigue. Per la Meloni, a ben vedere, si tratta di un autentico regalo”. Anche se si trova ora a dover conciliare i buoni rapporti con gli Usa con il ruolo di grande paese europeo? “Da buoni europei, e da amici degli Usa guidati da Trump, bisogna spiegare a quest’ultimo che anche l’America ha da perdere, in prospettiva, da uno scontro frontale con i suoi storici alleati. L’Europa, nano politico-militare, è comunque un gigante economico-industriale-tecnologico e un grande mercato anche per i prodotti americani. Se messa troppo alle strette da un eccesso di protezionismo economico, giocoforza dovrà rivedere le sue politiche industriali e commerciali”.
