La sinistra

Elly la quantica. “Esercito europeo sì, riarmo no”. Il Pd ora è un elettrone

Salvatore Merlo

A Bruxelles, quanticamente, Schlein dà la linea: armati e disarmati allo stesso tempo 

Ora, non è che uno voglia dubitare della profondità del pensiero di Elly Schlein. Dopotutto, chi siamo noi per mettere in discussione ella, cioè Elly, insomma una donna che parla di “bivi” europei e “salti quantici”  come se stesse dirigendo un film di fantascienza con budget ridotto. Soltanto, qualche volta, ogni tanto, ascoltandola, una certa inquietudine ci coglie. Come ieri, per esempio. Quando l’abbiamo sentita, al termine di un vertice con il Partito socialista europeo, a Bruxelles, sintetizzare la posizione del Pd a proposito del piano di investimenti militari europei, all’incirca in questi termini: “Difesa comune sì, riarmo no”. Che è un po’ come dire “mangio volentieri ma non mastico”, “cucino l’arrosto ma non compro il forno”, “canto l’opera però sono senza voce”, “voglio vincere il Palio ma  col mulo zoppo”. C’è da chiedersi se al Nazareno abbiano assunto un poeta surrealista per disegnare questa linea politica che per esempio il 15 marzo li porterà in piazza “per l’Europa” ma sostanzialmente contro la Commissione europea. Loro l’Europa la vogliono difendere, sì, purché l’Europa non si difenda. Non fa una piega. Sicché alla fine uno li osserva, questi dirigenti del Pd, con la loro giovane segretaria, e lo fa con la stessa espressione attonita che riserverebbe all’immagine incongrua di un gatto che prova a guidare un trattore. 


Di tanto in tanto, nella vita politica, appare un profeta che, equipaggiato di metafore ardite e di  sopracciglio  alzato, ci ricorda che il mondo è sull’orlo del baratro e che solo un miracolo – o un “salto quantico” – può salvarci. La segretaria del Pd, con l’aplomb di chi ha appena scoperto Einstein in un manuale di Fisica per liceali, lo  ha sentenziato qualche giorno fa: “L’Europa è a un bivio, non è tempo di incertezze, serve un salto quantico, una svolta radicale o l’Unione europea rischia di essere spazzata via”. E uno già si immaginava Schlein in un laboratorio segreto, con un camice bianco e una lavagna piena di equazioni, mentre spiegava a Macron e agli altri leader che basta un po’ di fisica delle particelle per risolvere il problema. “Signori, è semplice: se l’elettrone può essere in due posti contemporaneamente, anche noi del Pd possiamo essere armati e disarmati allo stesso tempo. Fate come noi”. E infatti pure ieri, ella, cioè Elly, insomma Schlein, ha chiarito che “il salto quantico” è la linea da perseguire. “Altro che riarmo”, ha detto.  “Ci vuole un esercito europeo”. Bum! Oppure, come ha spiegato  Debora Serracchiani, un’altra che deve avere competenze in fisica quantistica: “Altro che riarmo, ci vogliono...” – badate bene – “gli Stati Uniti d’Europa”. Bum! Bum! Hanno paura di dire “riarmo” perché evoca immagini di generali con i baffi e cannoni fumanti, e non si accorgono che dire “difesa comune”, “esercito europeo”, e addirittura “Stati Uniti d’Europa” senza soldi, senza armi nazionali e senza un piano è come organizzare una festa senza invitati. Sicché alla fine noi poveri mortali li ascoltiamo e  stiamo qui a chiederci se per “salto quantico” intendano  un balzo nel futuro o un capitombolo nel ridicolo.  Chissà. Non che la destra stia meglio, intendiamoci. Però la sinistra ha un talento speciale, una maledizione quasi biblica d’impiccarsi alle parole pur di non dire le cose come stanno. E’ un’arte, in fondo. Ci vuole genio per trasformare un’emergenza globale in un dibattito semantico, per contorcersi in acrobazie lessicali, in contraddizioni logiche e tirare la palla in tribuna mentre il vento della storia soffia come un uragano: “Non chiamatelo riarmo, chiamatelo potenziamento difensivo sostenibile”. Una danza di distinguo, un minuetto di “sì però no” che farebbe invidia a un gesuita del Seicento. Se un giorno qualcuno chiederà a Schlein perché non abbia fatto nulla ai tempi in cui la Russia si spartiva l’Ucraina con Trump, potrà sempre rispondere, con un sorriso: “Stavamo cercando le parole giuste”. Nel frattempo noi un paio di parole  le abbiamo trovate per questo Pd, peccato siano in latino: “Requiescat in pace”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.