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L'editoriale del Direttore
Come e perché Meloni e Mattarella, sull'Ucraina, sono i più credibili figli del secolo antifascista
Il presidente della Repubblica e la presidente del Consiglio sono una coppia strana, non sempre affiatata, ma sono entrambi i migliori argini a tutto ciò che dovrebbe spaventare chiunque abbia a cuore i valori non negoziabili di una democrazia sana e che oggi si incarnano nel grande fascista che minaccia l'Europa: Vladimir Putin
Il figlio del secolo, secondo una fortunata saga letteraria firmata da Antonio Scurati trasformata mesi fa in una serie televisiva di successo, si chiama “M”, lo sapete, dove “M” sta per Mussolini, naturalmente, e dove la “M” di Mussolini è sinonimo di tutte le “M” più terribili che possano venire in mente a chiunque abbia a cuore i valori non negoziabili di una democrazia sana e fieramente antifascista. “M” come Marcio. “M” come Male. “M” come Maligno. “M” come Mai più.
Rispetto al grande figlio del secolo passato, nessuna discussione, naturalmente. Sul figlio del secolo presente, invece, qualche discussione si potrebbe aprire, e giocando sempre con la “M” di Scurati, cambiandone però la prospettiva e la dimensione, non sarebbe uno scandalo concentrarsi su altre due “M” che da posizioni diverse oggi, con stili diversi, con approcci diversi, con sfumature diverse, sono forse i migliori argini a tutte le “M” oscure del secolo scorso. Due “M” molto diverse tra loro ma che oggi formano una miscela meravigliosa, che miracolosamente manovra contro il male più maligno del secolo in corso: il putinismo. Le due “M” sono quella di Mattarella Sergio e Meloni Giorgia. E sono due “M” a cui curiosamente guardano con sospetto i fan della saga di Scurati & Co. proprio per le posizioni assunte contro il grande fascista in chief che oggi minaccia l’Europa come un tempo faceva Hitler: Putin, naturalmente. Da posizioni diverse, con stili diversi, con sfumature diverse, durante la stagione trumpiana i due figli del secolo antifascista, Mattarella Sergio e Meloni Giorgia, sono lì che da giorni cercano un modo per porsi sulla scena politica come argini al putinismo di ritorno. Mattarella ha iniziato a farlo, da quando c’è Trump, con parole schiette, formidabili, durissime, andando a sostituire lo stile vellutato e prudente del passato con lo stile perentorio e assertivo del presente. L’ultima occasione è stata ieri, quando il capo dello stato, in un’intervista a una tv giapponese, ha messo in fila alcuni paletti che faranno probabilmente perdere la pazienza alla signora Zakharova (che due giorni fa ha definito Macron il nuovo Hitler, a proposito di bue che dà del cornuto all’asino) utili a rimettere le cose in chiaro sul tema della difesa dell’Ucraina e sul tema della difesa dagli utili idioti del putinismo.
Mattarella, ieri, ha ribadito che la crisi in atto in Ucraina non è l’effetto di una escalation portata avanti dall’occidente ma, al contrario, è l’effetto del “mancato rispetto delle regole della convivenza comune da parte di singoli attori della comunità internazionale”. E nel caso in cui il discorso non fosse sufficientemente chiaro, Mattarella ha ricordato la ragione per cui l’avanzata del putinismo oggi ricorda l’Europa degli anni Trenta, con i Chamberlain a passeggio nella Monaco del 1938. A quei tempi, “si era affermata, da parte di alcuni stati, una volontà di dominio sugli stati più deboli, e l’idea che si potesse imporre la propria volontà su questi ultimi attraverso la violenza militare”. Questo avvenne ad esempio “da parte della Germania nazista con la Cecoslovacchia e poi con la Polonia”, e oggi “corriamo il rischio che tornino queste cattive abitudini, che sono inammissibili”. Quella della Russia all’Ucraina, ha aggiunto Mattarella, “è stata un’aggressione, in violazione delle regole del diritto internazionale, della Carta dell’Onu, di ogni regola di convivenza dei paesi nella comunità internazionale. E in violazione anche di un trattato che la Russia aveva stilato con l’Ucraina meno di trent’anni fa, a fronte della consegna da parte dell’Ucraina alla Russia di circa tremila testate nucleari sovietiche che si trovavano in quel paese”, quando la Russia “si era assunta la responsabilità di garantire la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”. Per questa ragione, ammettere la violazione di queste regole sarebbe inammissibile, “perché equivarrebbe ad affermare il principio che uno Stato più forte possa imporre la propria volontà a quelli più deboli vicini tramite il ricorso alle armi”. Mattarella ha auspicato che si arrivi non a “una pace sicura”, come ripetono in coro i follower del trumpismo, ma a una pace “duratura e giusta”. E se così non fosse, ogni soluzione sarebbe transitoria e “si aprirebbe una stagione pericolosissima per la comunità internazionale”. Le parole di Mattarella continuano a essere preziose per mille ragioni e costituiscono un argine contro i sonnambuli di destra (la Lega), di sinistra (il Pd) e anche i cattolici, che negli ultimi tempi hanno spesso auspicato per l’Ucraina una pace purchessia, non una pace giusta, assecondando l’idea che alla fine dei conti la Russia ha attaccato l’Ucraina solo perché provocata dall’occidente.
A suo modo, però, un argine contro gli estremisti trumpiani continua a essere anche l’altra figlia del secolo antifascista, ovvero Meloni, e in questo senso la posizione assunta negli ultimi giorni dal capo del governo, posizione imbarazzata ma comunque chiara, è saggia e va nella giusta direzione: bene il riarmo europeo (anche se è meglio non chiamarlo così), bene lo scorporo delle spese militari dal deficit (anche se con il debito bisogna fare attenzione), bene l’Europa che si ingegna per difendere l’Ucraina (anche se sarebbe meglio mandare truppe sotto l’egida della Nato), bene non distanziarsi dall’Europa allargata anche al Regno Unito per offrire agli eroi ucraini la vicinanza che l’America dell’amico Trump non offre più. E’ vero. Mattarella e Meloni sono una coppia strana, complicata, non sempre affiatata, ma i veri figli del secolo antifascista, i veri figli del secolo anti putiniano, oggi in Italia sono loro, e sarebbe il caso che almeno sull’Ucraina gli antifascisti di professione prendessero appunti nei momenti quando si ritrovano a pensare a come arginare le quattro “M” pericolose incarnate dal putinismo: “M” come Marcio, “M” come Male, “M” come Maligno, “M” come Mai più.