
Foto Ansa
Il racconto
Ostello Conte-D'Alema. Pomeriggio da ketamina. Cina, armi, contestazioni. Da leccarsi il baffo
Parlano di pace, guerra, in un ostello ma scoppia la protesta dei ragazzi di Potere Operaio: "Assassini". Conte in treno usa il termine "schizofrenite". Un manicomio
Il regista Sorrentino da oggi può consegnare pizze. Massimo D’Alema dice con garbo, al Foglio, “mi avete rotto i coglioni”, anzi, “avete valicato la soglia di rottura di coglioni”, Giuseppe Conte, collegato dal treno, diretto a Strasburgo, il FrecciaConte, ma che sembra un treno di Poggibonsi, si interrompe perché parla il train manager, “mi sentite?”. Pochi minuti dopo, i ragazzi di Potere Operaio contestano sia lui e sia D’Alema gridando “assassini”. La ketamina di Musk, qui, farebbe lo stesso effetto della valeriana.
Finiamo in un ostello, lo Scout center, per seguire il solito convegno ammazaprostata, su pace, geopolitica, con ospiti D’Alema, Conte e il professore Volpi, docente da Pechino mon amour. Lo ha organizzato l’associazione Aster, di Francesco Della Croce, che si presenta così: “Sono uno di centro, di sinistra, centrosinistra, vicino al M5s”. Dalla sinistra al caviale, quella da terrazzo, si è arrivati al letto alla francese. Presidente D’Alema, ma il piano di riarmo. Cosa ne dice? “L’Europa deve difendere i suoi interessi”. Dunque le piace? “E’ un piano incomprensibile e inoltre si volevano usare i fondi di coesione, di fatto togliendo il lavoro a Fitto, diciamolo”. Diciamolo, presidente, parliamo del Pd, di Schlein che ha detto “no” al riarmo. “Io non mi occupo di polemiche, io viaggio”. Ah, lei viaggia. Andrà quindi in piazza il 15 marzo, a manifestare, possiamo chiederlo? “No”. Allora è “no”, non va? “Intendo dire che non potete chiederlo. Non rompete i coglioni”. Presidente, lei è sempre garbatissimo. Ma come, fa? D’Alema si rivolge al povero Della Croce e gli butta la croce: “Come vi è venuto in mente di invitare i giornalisti. Pazzi”. Ci sono più barbe del centro sociale chiuso Xm di Bologna, e il sapone è tornato quel materiale capitalista da non usare. Stefano Fassina arriva con la sciarpa rossa.
La sala, piena, 250 dalemini, si chiama “la sala delle aquile randagie”, la Rai e Mediaset hanno mandato inviati come se si dovesse coprire lo sbarco in Normandia. E’ sempre più Sinistra ketamina e forse arrivano pure i pellicani dei registi onirici. Si tifa Cina, Brics, con D’Alema che spiega: “Hanno chiesto al presidente Xi Jinping, cosa ne pensava di Trump. E il presidente, in un commento che definisco mirabile, ha risposto: ‘Preoccupato, no. Curioso’”. Conte si collega perché oggi occupa l’Europa, dice “no” agli armamenti, come faceva il Dibba, dei vecchi tempi, e fa pure il Lucio Caracciolo: “Si diceva che la Russia sarebbe crollata. Ci hanno detto tutto tranne la verità”. In platea, per non farsi mancar nulla, sbuca un signore che è vestito come il direttore creativo di Valentino, Alessandro Michele, ha vestito i suoi modelli, per l’ultima sfilata quella dei cessi rossi. Scoppia la contestazione. Conte è sotto i fischi: “Serve una politica estera condivisa. Dico no a questa schizofrenite”. La giornalista Lucia Goracci, Rai, spruzza un po’ di Palestina che D’Alema condisce con l’accusa alla stampa italiana, rea “di nascondere le informazioni. Io ho letto il piano dei palestinesi. E’ interessante, dobbiamo sostenerlo”. Continuano a bruciare prostate, ma D’Alema precisa che “servirebbero almeno tre giorni per parlarne come si deve”, è panico!, perché, “diciamolo”, dice sempre D’Alema, “l’Occidente oscilla tra la velleità di fermare questi processi e la subalternità di trarre vantaggi”. A Della Croce invece, a voce bassa, D’Alema confida: “Il piano di riarmo è un buon piano”. Non si occupa di polemicuzze, ma finisce con il dire che “mandare 43 migranti in Albania è una pochade”, “come dice il Financial Times la spesa di riarmo si tradurrebbe in commesse americane”. Diciamolo. La Cina è vicina, D’Alema è in forma straordinaria. Il bagno, dov’è?



Le dimissioni spiegate in Aula