Elly Schlein (Ansa)

Elly e virgola

Schlein mette il Pd fuori dalla storia sul riarmo, convinta di prendersi la piazza del 15 (contro Conte)

Carmelo Caruso

Pensa che l’ultimo rifugio, quantico, sia l’ortografia: “Magari mettiamo delle virgole nelle risoluzioni Ue e ne usciamo”, dice la segretaria dem in vista del voto europeo sul piano ReArm. Il rischio per il Pd è di finire ai margini del gruppo dei socialisti a Bruxelles

Roma. Ha inventato l’Elly e virgola, il segno dei fuggiaschi, il punto mobile della sinistra “laviamoci le mani”. Usa le virgole, alla Schlein, l’interpunzione, per imbucarsi fuori dalla storia, chiede ai suoi parlamentari europei di votare contro la famiglia socialista, la sua, per non perdere la piazza del 15 marzo, del quotidiano Repubblica, la piazza che immagina a sua misura. Elly Schlein pensa che l’ultimo  rifugio, quantico, sia l’ortografia: “Magari mettiamo delle virgole nelle risoluzioni Ue e ne usciamo”. A Bruxelles si vota il piano di difesa comune, ReArmEu, e la scappatoia della segretaria, che è anche quella di Meloni, ma Meloni lo ha suggerito prima di lei, è cambiare nome, SafeUe o Security for Europe al posto di ReArm Ue, inserire “tra una virgola e un’altra, la parola pace”. I grandi vecchi del Pd, Prodi, Gentiloni, Enrico Letta, le spiegano che è un passaggio d’epoca, come per l’euro, ma il suo problema è sedersi sull’amaca, aprire l’ombrello arcobaleno contro i missili di Putin.

 

Ci sono 150 miliardi certi che l’Europa, von der Leyen, può già destinare per la Difesa, ci sono tutti i leader socialisti, che Elly Schlein, da due anni, ci porta a modello, uno su tutti Pedro Sanchez, che sono pronti a dire sì, eccetto lei. Perché lo fa? Lo fa, e lo dicono nel partito, perché vuole prendersi la piazza che avrebbe dovuto convocare Schlein, ma che ha convocato Repubblica. Lo fa perché è “convinta che arriverà a Palazzo Chigi spostandosi sulla sinistra. Senza lasciare spazio a Giuseppe Conte”. Se ci arriva, e come, se ci arriva insieme ai russi a Trieste, poco importa. Grazie alla sua strategia, il più grande gruppo socialista, il Pd, è guardato a Bruxelles come un autobus di professori sdentati guidato da una neopatentata. Grazie alla sua strategia, la decisione di consegnare, per i primi due anni, la guida del Pse alla spagnola Peréz, il Pd (dopo la sospensione delle eurodem Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini) rischia di non guidarlo mai più. Hai mai condiviso questa scelta con il Pd? Non risulta. Ha deciso di dire “no” al piano von der Leyen senza convocare il partito, unilateralmente, e quando qualcuno lo ha fatto notare, Schlein ha risposto: “Hanno votato in direzione”.

E’ vero che c’è stato un voto, era la giornata del salto quantico, ma non era ancora arrivato il piano von der Leyen, non c’era un piano, ma solo bozze, e Schlein poteva benissimo attendere, fare Meloni, e sarebbe stata politica. Avrebbe potuto, una volta almeno, dire: “Vediamo, voglio leggere tutto”, e invece ha deciso per il “no”, di fare asse con Salvini e Conte. E per carità, risparmi di citare Draghi, dato che il piano di von der Leyen è il piano Draghi. E risparmi di attaccare Meloni su Starlink, se non vuole dire sì al piano di riarmo o come altro lo vuole chiamare. Musk, il suo Starlink, no, la difesa europea neppure. Agli ucraini vuole forse consegnare la tecnologia di Alessandro Zan o i walkie talkie del suo Igor Taruffi? Perfino Marco Damilano, l’intellettuale che più la consiglia, nel suo editoriale quantico su Domani, che nel Pd chiamano ormai “l’editoriale salvaSchlein”, scrive che “il piano ReArm è un punto di partenza, da accettare con realismo”. Il capogruppo del Pd, Francesco Boccia, e si dice senza fare spirito, ha dichiarato che “quella di Elly Schlein è una forte leadership reputazionale”.

E’ la reputazione di un partito che aveva emendato il salva Milano, con la sua capogruppo  Braga, prima di dimenticarsene come Il Pilato di Anatole France, nel procuratore della Giudea, si dimenticava di aver consegnato Cristo alla piazza. E’ un partito che in Europa voterà secondo coscienza, la coscienza di chi sa che un riarmo serve. La reputazione si costruisce parlando in maniera sgradevole, come parla Prodi, che va anche in Cina, rilascia interviste che ora la segreteria detesta. Con l’Elly e virgola non si fa altro che fare quanto ha fatto Meloni quando era all’opposizione, copiarla in tutto pur dicendone le peggiori cose. E’ il metodo del “no”, quantico, distinguersi, al momento, inseguire Conte e Salvini con la pace. Forse si può arrivare primi alle prossime elezioni, ma si è già terzi nella classifica dei venditori di nuvole. 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio