
l'intervista
L'alternativa possibile a Musk. Parla Urso
Difesa e satelliti meglio Made in Italy. Il ministro dell'Industria contro i ritardi europei: “Bruxelles ha perso troppo tempo”
Ministro, lei di Elon Musk si fida? Silenzio. Gliele affiderebbe le comunicazioni strategiche italiane? Adolfo Urso, ministro dell’Industria e del Made in Italy, parla dalla sua stanza di Palazzo Piacentini in via Veneto a Roma, in maniche di camicia arrotolate e cravatta, una scrivania piena di faldoni e vecchie relazioni del Copasir, di cui è stato presidente tra il 2021 e il 2022 e vicepresidente nel triennio precedente. Fa una pausa riflessiva – ne fa poche, il ministro, di solito: “Io guardo sempre, ogni volta che prendo... che prendiamo una decisione, perché poi molto spesso le decisioni sono collettive nel governo, perché riguardano diversi aspetti, anche se io ho la responsabilità sulle telecomunicazioni, sull’industria, ecco, insomma, noi guardiamo sempre e solo all’interesse nazionale. E sulla base di questo prendiamo le decisioni”. Negli ultimi mesi in molti stanno mettendo in discussione l’affidabilità di SpaceX di Elon Musk, un uomo che minaccia di spegnere il sistema satellitare Starlink all’Ucraina per un ricatto puramente politico (o economico). Dunque non è che per interesse nazionale si rischia di finire in una trappola che mette a rischio la sicurezza nazionale? “No, perché l’interesse nazionale deve tener conto della sicurezza nazionale”. Dall’altra parte della stanza, su un tavolo, giace una tazza con “Trump” scritto in rosso, un gadget elettorale, ma Urso sembra muoversi in equilibrio in questa conversazione col Foglio, dicendo e non dicendo, commentando e non commentando, serrando i ranghi di un governo che è sembrato un po’ diviso nelle ultime settimane sull’uragano Trump. “Abbiamo una chiara visione strategica”, ripete spesso Urso. Poi certo, “le forze politiche esprimono le loro opinioni ed è legittimo che vengono espresse le opinioni”, come il vicepremier Matteo Salvini, che qualche giorno fa ha ribadito che secondo lui il governo dovrebbe “firmare domattina” un contratto con Starlink.
Urso minimizza: “La cosa importante è che quando il consiglio dei ministri, presieduto da Giorgia, raggiunge un’intesa e prende una decisione, poi tutti noi, per la parte che ci compete, agiamo come una squadra per raggiungere l’obiettivo”. L’interesse nazionale che risponde a un perimetro di sicurezza, secondo il ministro, è quindi lo studio di fattibilità di una rete satellitare made in Italy: “Per capire se, in che misura e con quale tempistica, ove fosse necessario rivolgersi ad altri, prima dobbiamo vedere se siamo in condizione di sviluppare, in che modo, con quale risorse e in che tempi, il nostro progetto di sicurezza nazionale. Il governo tra qualche settimana avrà lo studio di fattibilità e la possibilità di costruire una propria costellazione satellitare con le proprie imprese che garantisca la propria sicurezza e magari contribuisca alla sicurezza di altri paesi europei ed euromediterranei. E nel frattempo che facciamo?”. Ecco, stavo per chiederglielo, nel frattempo che facciamo? “Dipende da quanti anni mi servono”. Il 2030 è l’orizzonte temporale che ripetono spesso gli analisti, pure italiani, ed è lo stesso anche del progetto Iris2 dell’Unione europea e dei suoi partner. “Concretamente dobbiamo aspettare prima di avere la contezza di quello che possiamo fare noi. E poi, per quello che non possiamo fare noi, avere la contezza di quello che possiamo realizzare con altri”. Ma Urso non vuole parlare di privati stranieri e soprattutto dell’azienda di cui si è parlato molto negli ultimi giorni: “Preferisco non esprimermi sul consorzio che realizza Eutelsat e sui ritardi che anche per responsabilità loro sta accumulando”. Ne ha parlato, invece, anche con Andrius Kubilius, commissario europeo per la Difesa e lo spazio, e “con i miei colleghi francesi”, per prendere “decisioni che siano fondate su analisi certe e su potenzialità sicure e non evocate di volta in volta per battaglie politiche, elettorali o parlamentari”. Solo che qui la faccenda è urgente, poniamo che nel frattempo Elon Musk spenga Starlink per l’Ucraina: “Certo che c’è una situazione d’emergenza, ma quanti satelliti posso lanciare al giorno una volta che ho deciso di farlo? Ogni cosa e ogni aspirazione, ogni progetto, si deve fondare sulla realtà”.
Urso ce l’ha molto con i ritardi accumulati dall’Europa. All’inizio della sua intervista con il Foglio, aveva mostrato alcune relazioni su Spazio e Difesa del suo Copasir: “In questa relazione del 2022 emergeva che nell’Ue esistevano 178 sistemi d’arma diversi a fronte dei 30 censiti negli Stati Uniti. Il che vuol dire che solo per quanto riguarda ricerca e sviluppo, rispetto agli investimenti fatti, i risultati erano da 1 al 10. Non è soltanto di quantità di risorse, è dispersione di risorse in programmi diversi tra loro”. Cambia pagina: “Qui c’era scritto che per garantire la sua difesa, l’Europa non può più contare esclusivamente sull’ombrello protettivo della Nato”. Solo che poi è arrivato Trump: “Il problema della capacità strategica europea nella sua difesa era già esistente. Talmente vero che si parla di una forza di intervento rapida che non è stata mai realizzata”. Ma lei non è un po’ spaventato da Trump? “Credo che dipenda dalla reazione europea. Se la reazione europea sarà positiva, propositiva, costruttiva, alla fine Trump sarà stata una sveglia per l’Europa. Se reagisci in positivo, costruendo quello che non abbiamo fatto in questi anni, tornando alla priorità dell’architrave europea, la Difesa, l’energia, l’acciaio, l’industria, allora sarà stata una sveglia salutare”. Urso cita l’acciaio non a caso. Ieri pomeriggio il ministro ha incontrato al Tavolo Chigi i sindacati di Ilva. Il nome del nuovo proprietario del gruppo Acciaierie d’Italia non è ancora noto, ma dovrebbe arrivare presto, “diciamo entro marzo. C’è una gara realmente competitiva con gli attori che talvolta comunicano i loro rilanci anche sui giornali, per aggiudicarsi un asset strategico per lo sviluppo della siderurgia europea e contribuire quindi al rilancio industriale del paese. Le dirò che nella via green l’Italia tra cinque anni sarà forse il primo paese in Europa a produrre acciaio totalmente green”. E poi l’industria della Difesa – Kubilius sarà in Italia nelle prossime settimane a far visita ad alcuni distretti industriali – e “trarre un’opportunità” da situazione di necessità. Urso fa l’esempio di Piaggio Aerospace, la riconversione nella produzione di droni, e le altre possibili: “Il settore delle auto, e l’occupazione che lavora nel settore inevitabilmente dovrà affrontare, e noi lo stiamo accompagnando, una sorta di diversificazione produttiva nei settori più contigui”. E i cinesi, che dovevano investire in Italia, che fine hanno fatto? Le hanno fatto ghosting? Urso ride. “Qualcuno dice esattamente il contrario. L’altro giorno un attore mi ha detto: lei ha utilizzato i cinesi per fare accordo con... Non lo so, ognuno legga la realtà come vuole”.
