
Il caso
Ucraina, dubbi di Meloni sulla risoluzione del Parlamento europeo: "E' anti Trump, così non la votiamo"
Fratelli d'Italia dice sì al riarmo, ma sull'altro testo per i tre anni della guerra frena. E cerca una mediazione. "Altrimenti sceglieremo l'astensione"
Sì al riarmo, ma dubbi sull’Ucraina. Meloni al telefono con i proconsoli brussellesi Carlo Fidanza e Nicola Procaccini fino a ieri sera aveva una certezza e un dubbio. F dI seppur con qualche proposta di correzione, voterà la risoluzione sul piano della Commissione. Tuttavia sull’Ucraina Meloni potrebbe astenersi perché reputa la risoluzione scritta dal tandem a guida Ppe-Socialisti troppo anti Trump, troppo anti americana. Sarebbe una scelta di campo clamorosa: prendere le distanze da Kyiv.
La decisione ieri sera non era stata ancora presa, ma nel dubbio Fidanza per FdI ha messo agli atti un emendamento che tenta di riequilibrare una posizione europea, vista dalla premier, come eccessivamente e ideologicamente contro l’Amministrazione di The Donald. Il testo di FdI chiede un vertice con America ed Europa per arrivare alla pace. Se non dovesse passare, per riequilibrare la risoluzione, il partito è pronto all’astensione o forse addirittura a dividersi. Tutto è ancora possibile. Il voto di Strasburgo servirà a pesare gli umori nel partito di Meloni.
Cosa diversa accadrà in Parlamento la prossima settimana.
Quando – martedì e mercoledì prossimi – la premier si presenterà in Aula per le consuete comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Un momento che sarà accompagnato, come da prassi, anche da una risoluzione di maggioranza. Ecco in questa occasione, con un buon esercizio di equilibrismo, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia dovranno marciare uniti. A partire dal piano di riarmo presentato da Ursula von der Leyen, motivo per il quale da giorni i Fratelli che contano si incontrano e cercano di tenere tutto insieme, anche se la posizione di Salvini sembra chiara: no. Lunedì si vedranno i capigruppo di Camera e Senato che reggono la maggioranza, facile che alla fine anche i leader si daranno un colpo di telefono o discuteranno de visu per uscire con una linea comune. Di questo hanno parlato ieri l’altro in via della Scrofa i vertici del partito. Alla riunione erano presenti, tra gli altri, Arianna Meloni, segretaria politica, e Luca Ciriani, ministro di FdI con la delega ai Rapporti con il Parlamento.
La giornata interessante inizia oggi a Strasburgo. Fidanza e Meloni hanno preparato l’appuntamento del voto per cercare di segnare un’identità dei Conservatori all’interno di un sì che allargherà la maggioranza della Commissione. Senza ambizioni di riuscire nel colpaccio, ma per marcare il territorio e i distinguo, per esempio, la delegazione meloniana ha presentato un emendamento per modificare il titolo del piano presentato da Ursula von der Leyen dall’attuale “ReArm Europe” a “Defend Europe”. Perché, si legge, “rischia di essere fuorviante e troppo restrittivo per un Piano che mira a rafforzare la difesa europea in tutti i settori e i domini essenziali per garantire la sicurezza dei nostri cittadini”. Una posizione che piacerebbe o piacerà anche al Pd di Elly Schlein in piena crisi di coscienza in queste ore con la segretaria che manda a dire agli europarlamentari “attenzione, mi ricorderò di chi voterà in contrasto all’indicazione del partito”. Nella burocrazia asettica dei testi che saranno discussi e votati dalle delegazioni a Strasburgo Meloni, con il compasso, disegna cerchi per inviare messaggi. Ecco perché per esempio si opporrà alla parte del piano del “Buy european”, cioè la possibilità in ottica di riarmo di fare acquisti per la difesa solo da società europee. E quindi prettamente francesi. Una mossa che non piace agli Usa. Tutto è in movimento, compresi i negoziati per la tregua, e dunque Meloni aspetta a esporsi. Per questo motivo ieri sera era ancora in dubbio la sua partecipazione alla video call indetta per sabato dal governo britannico di Keir Starmer con i leader europei, i volenterosi. La premier italiana è poco convinta del formato e teme che questa riunione possa essere un nuovo sprint per l’invio di truppe europee, scenario che ha sempre respinto senza le garanzie dell’America in un quadro nato e con una missione sotto l’egida dell’Onu.
