
"Radicalmente" Elly
Schlein impone la sua linea alla risoluzione sul Rearm Eu. “Un piano fatto male”, dice Boccia
"Il piano va radicalmente cambiato". Della risoluzione del Pd la segretaria pretende di non cambiare neppure un avverbio. Un modo per ripadire, dopo la divisione dei dem a Strasburgo, che la linea del Pd sul piano di Ursula è la sua: sì alla difesa europea, no al riarmo nazionale. I riformisti costretti a ingoiare il rospo. Ma oggi alla Camera qualcuno potrebbe votare il testo di Azione
Alla fine ha vinto Elly Schlein. Al Senato si ascoltano le comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del consiglio europeo di giovedì e venerdì. Sempre elegantissimo, sbarbatissimo e sorridente, in Transatlantico a Palazzo Madama, il capogruppo Pd Francesco Boccia spiega: “La linea della Pd è quella dell’astensione a Strasburgo sul piano Rearm Eu, che qui in Parlamento si è tradotta in questa risoluzione. E’ una linea di critica radicale contro un piano di riarmo fatto male, quello di Ursula von der Leyen”. E non c’è dubbio che il più importante dei luogotenente schleiniani abbia buone ragioni per parlare così. La risoluzione del Pd è molto netta sul punto che divide i dem, quello sul Rearm Europe. “Serve la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati” il piano von der Leyen “va invece nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 stati membri e va radicalmente cambiato”, si legge nelle premesse. “Serve una radicale revisione del piano di riarmo”, si conferma negli impegni al governo che concludono il documento. E’ un testo che serve alla segretaria per ribadire che, nonostante a Strasburgo ben dieci eurodeputati dem abbiano votato a favore del piano contro le indicazione del Nazareno, la linea è e resta la sua: sì alla difesa europea, no al riarmo nazionale.
Sarà stata la paura di uno strappo che sarebbe diventato forse insanabile e la minaccia di un congresso contro Schlein senza avere un candidato da contrapporle – già due giorni fa l’eurodeputato e futuro Antonio Decaro faceva sapere: no, grazie, io non ci sto – ma alla fine il testo della risoluzione del Pd che è stato licenziato è rimasto assolutamente identico nella parte dedicata al piano di riarmo a quello presentato lunedì durante una videocall dal responsabile della politica estera del partito Beppe Provenzano ai capigruppo, ma anche ad alcuni esponenti della minoranza. Qualcuno di loro lo aveva definito “un testo estremista”. E così è rimasto. A nulla sono serviti i tentativi di mediazione portati avanti fino a ieri mattina dal coordinatore dei riformisti dem Alessandro Alfieri, dal deputato Piero De Luca e dall’ex ministro agli Affari europei Enzo Amendola. Più che a un accordo, come pure hanno battuto le agenzie a metà mattinata, alla fine si è avuta una resa dei riformisti che non sono riusciti nemmeno a cambiare quell’ avverbio, “radicalmente”, che avevano messo nel mirino per rivendicare almeno uno strapuntino. Niente da fare neppure su quello. La sconfitta viene comunque dissimulata. I riformisti rivendicano almeno che nella risoluzione non c’è un ‘No’ a prescindere agli investimenti militari. Complessivamente – spiega Alfieri cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno – c’è il via libera agli investimenti in difesa, a patto che siano condizionati alla costruzione della difesa comune”.
Il testo ieri a Palazzo Madama non è stato votato. Il regolamento del Senato infatti prevede che si votino solo le risoluzione che hanno il parere positivo del governo. Tradotto: si è votata solo il documento proposto dall’esecutivo governo. Oggi però le cose si faranno più piccanti. Alla Camera il voto avviene su tutte le risoluzioni. Compresa quella di Azione che per mettere in difficoltà i dem ha deciso di riproporre in Parlamento il testo che aveva diviso il Pd in Europa. Cosa farà dunque quel pezzo di Pd più favorevole al piano di Ursula? Calenda che ieri in Transatlantico sfotteva Alfieri sul fantomatico avverbio – “Vi siete fatti fregare sul ‘radicalmente’ ” – è convinto che nessuno avrà il coraggio di andare di nuovo contro la linea della segretaria “Non credo che siano ‘radicalmente’ pronti a votare la nostra risoluzione”, dice ridendo. E fino a ieri sera quel gruppo di deputati dem più favorevole al piano di riarmo europeo una linea ancora non l’aveva decisa. “Vedremo”, spiegavano al Foglio.
A unire il Pd potrebbe invece esserci il ‘No’ alla maggior parte dei punti previsti dalla risoluzione del M5s. Un documento che in poche righe chiede al governo di “interrompere immediatamente la fornitura di materiali d'armamento alle autorità governative ucraine”, “manifestare, in tutte le sedi istituzionali, nazionali ed europee, la ferma contrarietà del governo italiano al piano di riarmo europeo”, ma anche di impedire l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e anche solo “relativamente all’articolo 5”. E, per non farsi mancare nulla, anche di “non escludere a priori e pro futuro una possibile collaborazione con la Russia” sulle forniture energetiche.



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