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L'editoriale dell'elefantino
Cessati gli schiamazzi neo woke, ci si interroghi se Ventotene sia davvero un faro da seguire
Il rischio che la sinistra italiana riproduca il meccanismo ideologico che perfino la sventurata sinistra americana sta abbandonando in tutta fretta: la quotidiana declinazione di un manuale della correttezza politica inteso come vincolo regolativo, ricattatorio, della libertà critica e di pensiero
Non è un caso di lesa maestà. La grandezza di due confinati di Ventotene, e di un eroe come Eugenio Colorni, che immaginano l’Europa di un futuro possibile, libero e federalista, nell’anno chiave della sua tentata distruzione da parte dei totalitarismi nazista e fascista è fuori discussione. Meloni ha detto in Parlamento che la sua Europa non è quella. Legittimo, vorrei vedere. Ritirare fuori il Manifesto di Spinelli e Rossi, come avevamo tentato di spiegare qui, è una scelta pigra e ambigua, è un affondare nel vuoto dei “valori” e delle declamazioni ornamentali quando sono necessari, oggi più che mai, solidi concetti politici, scelte che a piazza del Popolo non si sono viste, tra tanti sbandieramenti equivoci e sentimentali di un europeismo languido, inservibile, una via di fuga dalla responsabilità, il contrario delle intenzioni di chi il Manifesto aveva scritto (e che oggi, probabilmente, voterebbe a favore del piano ReArm Europe).
Che nel testo si esprima anche una cultura intrisa di arcaismi ideologici è un fatto. Lo aveva dimostrato per tempo, in un suo saggio storico di analisi delle contraddizioni e aporie del Manifesto, Ernesto Galli della Loggia, che si beccava di storico revisionista, intendendo per revisionista il male assoluto dell’infedeltà ai cardini della nostra cultura costituzionale, ogni volta che scriveva una cosa vera ma scorretta.
Ora il problema, al di là delle chiassate parlamentari e delle basse retoriche neo woke, è questo. Davvero la sinistra italiana vuole riprodurre il meccanismo ideologico che perfino la sventurata sinistra americana sta abbandonando in tutta fretta, e cioè la quotidiana declinazione di un manuale della correttezza politica inteso come vincolo regolativo, ricattatorio, della libertà critica e di pensiero? Spero di no. Per loro e per tutti noi.
A forza di spingere per fare dell’istruzione, della ricerca e della conoscenza criticamente elaborata un canone obbligatorio del progressismo, i democratici americani si sono beccati la reazione selvaggia, e scandalosamente violenta, ma efficacissima, del trumpismo e del vancismo. I nuovi padroni d’America, in nome dell’iperdemocrazia, del mandato popolare, smantellano il dipartimento dell’Istruzione colpendo i canonisti del progresso forzato, inondano la Fox di intemerate contro l’indottrinamento delle nuove generazioni che raggiungono e persuadono i ceti familiari e popolari alla base del successo della destra populista, pescano nel torbido di un consenso addirittura fanatico quando stabiliscono giustamente che i maschi non devono gareggiare con le femmine negli sport competitivi, quando affermano non senza ragioni, in modo tuttavia violento e irriflessivo, privo di cautele liberali a loro estranee, il concetto ovvio che ci sono solo due sessi, maschile e femminile.
Non vorrei che le grottesche imitazioni della Ocasio-Cortez o di altri obamiani spiccioli inquadrati nella radical left americana, persone che dovrebbero sorvegliare meglio la loro personalità politica come Debora Serracchiani o altri, offrissero, con un grave ritardo provinciale, le stesse armi di scompaginamento ideologico offerte a Trump e al popolo Maga dagli sfortunati araldi della wokeness americana.
Sono fieramente avverso ai fanatici hamasiani detti pro Pal, ma vorrei conservare i miei dubbi sull’arresto e il tentativo di rimpatrio forzato del militante propalestinese della Columbia. Sono fieramente avverso all’interferenza della giustizia politicizzata con le procedure della democrazia e dello stesso stato di diritto, ma se un domani Meloni decidesse semplicemente di non osservare le sentenze dei giudici che fanno rientrare i richiedenti asilo dall’Albania, invece di interporre appello e cercare una via legale e istituzionale per difendere il suo spazio politico esecutivo, insomma se decidesse di ignorare le sentenze e criminalizzare i giudici come fa Trump quando si scaglia contro chi mette i bastoni legali tra le ruote delle sue decisioni di rimpatrio o deportazione in Ecuador dei venezuelani, lo considererei uno scandalo in termini di garantismo giuridico e costituzionale. Su Ventotene e sul resto, vi prego, surtout pas trop de zèle (soprattutto, niente zelo).


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