Ignazio Marino (Ansa)

Dopo il 15 marzo

Il j'accuse di Ignazio Marino. “Spesa ingiustificabile” quella di Gualtieri per Piazza del Popolo

Marianna Rizzini

L'ex sindaco di Roma: "A me per 700 euro di cene con alcuni donatori di fondi destinati a progetti archeologici di interesse universale è successo di tutto: tre gradi di giudizio che hanno portato al nulla. Ci fossi stato io, al posto di Gualtieri, sarei già stato metaforicamente crocifisso a testa in giù"

Sarebbe andata diversamente, fosse successo a lui? Parliamo di Ignazio Marino, oggi europarlamentare Avs e ieri sindaco di Roma defenestrato dal Pd, allora suo partito, e dei fatti che riguardano l’attuale sindaco pd di Roma Roberto Gualtieri. Antefatto: Gualtieri è accusato dai consiglieri romani di Lega e FdI, con esposto alla Procura e alla Corte dei Conti, di aver usato “soldi dei cittadini per una manifestazione di parte”, cioè la manifestazione pro-Europa del 15 marzo, nata su impulso del giornalista Michele Serra, senza bandiere di partito e con diversi sindaci in fascia tricolore.

“A me”, dice Marino, “per 700 euro di cene con alcuni donatori di fondi destinati a progetti archeologici di interesse universale è successo di tutto: tre gradi di giudizio che hanno portato al nulla, cioè alla mia assoluzione con formula piena, anzi con la Cassazione che scrisse che non vi fossero elementi neanche per avviare un’indagine. Ci fossi stato io, al posto di Gualtieri, sarei già stato metaforicamente crocifisso a testa giù nella stessa Piazza del Popolo, temo”.

Ma secondo lei chi ha ragione, sull’esborso di quei circa 270 mila euro? “Non so esattamente come sia stata organizzata la manifestazione, peraltro nata da una brillantissima idea di Serra”, dice Marino, “ma il mio approccio, quando si è trattato di spendere risorse provenienti dalle tasche dei cittadini romani, è stato molto differente. Ricordo il 27 aprile del 2014, giorno della canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, evento internazionale dal costo di qualche milione di euro per logistica, sicurezza, pulizia straordinaria. Prevedendo costi alti, nei mesi precedenti avevo chiesto al governo e al Vaticano un contributo. E ripeto: era un evento di carattere internazionale. L’idea di Serra della manifestazione di Piazza del Popolo è stata brillantissima, ma quell’evento non doveva essere pagato con le tasse dei cittadini romani perché era un evento di carattere politico. Su cento romani, ce ne potevano essere venti indifferenti e dieci contrari, ma il denaro è del Comune, non del sindaco, quindi di tutti i cittadini. Non è giustificabile, insomma, a mio parere, usare risorse della città per questo tipo di manifestazione”.  

L’ha detto anche il leader di Azione Carlo Calenda — che sabato scorso era in piazza ma che avrebbe preferito fosse “autofinanziata”. Dal Pd, la difesa di Gualtieri è compatta: ha parlato la capogruppo in Campidoglio Valeria Baglio, ha parlato il deputato dem romano Andrea Casu: l’iniziativa è nata da un appello di sindaci, è il concetto, e Gualtieri ha “legittimamente finanziato”. Oggi si riunisce la Commissione Trasparenza. La linea dei dem è: Gualtieri poteva farlo, è nelle sue prerogative. “A me è stato detto, anche dal Pd, che non rientrava nelle mie prerogative neppure invitare a cena i suddetti finanziatori di progetti di alto interesse universale”, dice Marino: “Non so davvero in base a quale norma il sindaco possa aver potuto spendere a sua discrezione questa enorme somma di denaro pubblico. Indagheranno Procura e Corte dei Conti. Che nel mio caso mi avrebbero con certezza rinviato a giudizio. Ma qui magari si sceglierà l’archiviazione. Nota a margine: la piazza non era neanche unitaria. C’era Calenda con l’elmetto ed Elly Schlein che mostrava il volto pacifista di un Pd diviso sul riarmo”.

Fine del j’accuse? No: in Europa Marino sta puntando ancora al sindaco di Roma, per l’inceneritore di Santa Palomba. All’Europarlamento è arrivata una petizione con 13 mila firme contro l’impianto. Dice l’ex sindaco: “Chi è artefice di questo progetto vuole lucrare sulla gestione dei rifiuti, come è stato fatto dal 1963 al 2013 con la discarica di Malagrotta, a vantaggio di un solo soggetto privato, per un business da 900 milioni di euro l’anno, disinteressandosi del pesante impatto sull’ambiente e sulla salute, e delle censure espresse in maniera reiterata dalla Commissione Ue, all’epoca, nel quadro di una procedura di infrazione”. Roma però ha un problema di rifiuti enorme. “Chiedetevi perché si è stati fermi dieci anni dopo il mio impulso alla raccolta differenziata, dopo la chiusura di Malagrotta. La realizzazione di un impianto di incenerimento con capacità pari a 600mila tonnellate di rifiuti l’anno è espressione della scelta intenzionale di abbandonare le azioni di riciclo, recupero e riuso dei materiali, con un’impostazione che di fatto contribuisce esclusivamente ad alimentare tale impianto e non a rendere virtuosa la gestione dei rifiuti”. Tira dritto, Marino, tornato a Roma in sella alla bicicletta per volare a Strasburgo e poi puntare di nuovo a Roma, ma nel senso della procedura d’infrazione.

 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.