
Afdolfo Urso (Ansa)
intesa vicina
Cosa cambia per Ilva (e la politica) l'accordo con gli azeri sul gas
Il ministro Urso ha dichiarato chi sarà “verosimilmente” il vincitore della gara: Baku Steel insieme alla holding statale azera Azerbaijan Investment. Intanto Taranto è in campagna elettorale dopo la caduta anticipata del sindaco Melucci
Nel silenzio, anzi per dirla come il sottosegretario Fausta Siracusano nella “riservatezza”, che aleggia intorno alla gara per la vendita Ilva, ieri il ministro Urso ha dichiarato chi sarà “verosimilmente” il vincitore: Baku Steel insieme alla holding statale azera Azerbaijan Investment. Secondo fonti interne ma non ufficiali gli azeri hanno offerto 600 milioni per gli impianti e 500 per il magazzino. Con la promessa di 4 miliardi di investimenti in 5 anni (di cui una parte pubblica grazie al 10% di Invitalia). E l’assunzione di 7mila dipendenti a fronte dei 12mila attuali. Quindi 5 mila esuberi per una produzione di 6 milioni di tonnellate da un altoforno e due forni elettrici. A gas, proveniente da una nave rigassificatrice che verrà istallata nel mar grande di Taranto. La “riservatezza” sulle offerte non è casuale. Ancora oggi Michele Emiliano polemizza sulla gara del 2018 dicendo che avrebbe dovuto vincere Jindal (anche se poi ha fatto fallire Piombino).
Mittal si aggiudicò il fitto (ora invece è vendita) con 2 miliardi per gli impianti e 2 per l’ambientalizzazione. Era la seconda azienda siderurgica più grande del mondo, mentre Baku produce solo ottocentomila tonnellate di acciaio con 1500 dipendenti. E’ chiaro che l’aggiudicazione nasce da un accordo tra i due governi, che più della siderurgia riguarda il gas. Ma Ilva ha bisogno di finanziamenti continui tanto che, finiti i 420 milioni del prestito ponte (chi lo restituirà?), due giorni fa il Parlamento ha approvato un decreto con cui ha spostato sulla cassa altri 400 milioni dei fondi sequestrati ai Riva che il governo Renzi aveva destinato alle bonifiche.
In tutto questo, Taranto è in campagna elettorale dopo la caduta anticipata del sindaco Melucci che grazie ai ricorsi contro Ilva, insieme al suo mentore Emiliano, era salito alle cronache nazionali. La scelta del candidato è fondamentale per il futuro del siderurgico. Basti guardare la perspicacia di FdI (per la precisione di Raffaele Fitto) di aver indicato ed eletto in questo collegio il deputato Dario Iaia, che insieme al consigliere regionale Perrini, per la prima volta hanno allontanato il dibattito parlamentare su Ilva da parchi acquatici, cozze pelose, e una narrazione macabra su morti e bambini che, lontana dalla realtà scientifica, per anni ne ha condizionato l’opinione pubblica e le scelte politiche. Nel centrodestra quindi saranno i segretari nazionali a indicare la prossima settimana il nome del candidato. Divisi tra la Lega che vuole un esponente della vecchia amministrazione di centrosinistra e FdI che chiede discontinuità. Mentre il Pd è già in campagna elettorale per Piero Bitetti, un riformista industrialista e garantista lontano dai populismi decrescisti come quelli dei 5 stelle che per fortuna sono fuori dalla coalizione. Oggi a Potenza parte l’udienza preliminare del maxi processo Ilva che riparte da zero dopo l’annullamento, dopo 12 anni, del primo grado. Il depauperamento della siderurgia italiana è causa di quell’errore dei giudici di Taranto.