L'intervista

Paolo Virzì: "La scampagnata del Pd a Ventotene? E' un'ingenuità della sinistra"

Ginevra Leganza

Parla il regista di Ferie d'agosto, ambientato a Ventotene: "I parlamentari italiani somigliano ai personaggi delle mie commedie. La gita del Pd? Sempre meglio di niente. Giorgia Meloni? Ha commesso un errore per ignoranza ma ha fatto un favore all'opposizione, che ora si ricompatta sulle spiagge dell'isola"

“Lo ammetto: mi è venuto da ridere”. Cosa l’ha fatta ridere, maestro Virzì? “Mi ha fatto ridere il Parlamento italiano. Che in queste ore somiglia tanto a una mia commedia”. Ferie a Montecitorio, vorrebbe dire? “Direi proprio di sì. Con i Molino da una parte dell’emiciclo e i Mazzalupi dall’altra, come a Ventotene. Dopotutto il destino buffo delle commedie è quello di produrre uno specchio che amplifica la realtà”.

Paolo Virzì, regista di imbattuti capolavori, da “Ovosodo” a “Caterina va in città” – ancor prima autore di “Ferie d’agosto”, ambientato a Ventotene nel ’96, e poi del sequel “Un altro ferragosto” del 2024 – alle domande del Foglio risponde non col tono del maître à penser. Bensì con una risata che dall’isola del Tirreno spazza via ogni nuvolaglia ideologica. “Ventotene non è Ibiza”, ripete il regista commentando la delegazione piddina in partenza stamattina per l’isola. E poi aggiunge: “Se la sinistra organizza una gita sulla tomba di Altiero Spinelli, va bene. Non possiamo certo scandalizzarci se ci sarà la pizzata dei gitanti democratici con aperitivo al tramonto a Cala Nave”, e cioè sulla spiaggia più bella dell’isola. “A parte questo, cosa vuole che le dica? Meglio la gitarella che niente. In fondo Giorgia Meloni ha fatto un gran favore alla sinistra”. In che senso? “Nel senso che con quel discorso alla Camera ha dato un po’ di vitalità all’opposizione. Per paradosso l’ha rianimata intorno a una questione identitaria”. Intorno al Manifesto? “I democratici sono divisi su tutto. A cominciare dagli aggettivi per definire il piano di riarmo. Ecco: almeno adesso si ritrovano nei valori fondanti”. Col vento nei capelli? Sulla prua d’un aliscafo? “Meglio un aliscafo del nulla. Poi certo, è tutto un’ingenuità. Anche quella di Meloni è un’ingenuità. E aggiungo: è un’ingenuità che assomiglia al candore ignorante della mia Marisa Mazzalupi”. Ovvero di Sabrina Ferilli che nei film di Virzì interpreta la nuova ricca, rozza e un po’ de destra: berlusconiana nel 1996, meloniana nel 2024. 


“Quello che stupisce delle parole di Meloni – continua ora il regista, pur sempre, indubitabilmente, uomo di sinistra – è che siano state pronunciate in Parlamento. Luogo dove suonano strane. Per il resto, sono le stesse parole che potrebbe pronunciare uno dei miei ‘pupazzetti’ leggendo uno stralcio del Manifesto di Ventotene e ignorando la sua bellissima genesi, il dibattito filologico, come pure la ragione delle sue obsolescenze”. 


Vexata quaestio. E’ più la realtà che ispira l’arte, e dunque i suoi film, o più l’arte che ricrea la realtà? “I film hanno un processo di lavoro lungo. Per esempio, quando abbiamo scritto ‘Un altro ferragosto’, che voleva effigiare la destra e la sinistra di oggi, non si era ancora insediato l’attuale governo. E non potevamo prevedere che alcune battute, magari nate sul set dall’improvvisazione di un interprete, potessero essere pronunciate, poi, su altri palcoscenici”. Nella sua visione del mondo, e nel suo cinema, in cosa sono mutate la destra e la sinistra dal ’96 a oggi? “Nel primo film, trent’anni fa, prendevo in giro il mio mondo. Che era il mondo dell’Unità. Della sinistra snob verso il karaoke. Era il microcosmo del benpensante indignato dai nuovi arrivati con l’antenna parabolica sul tetto per vedere Italia Uno. Ecco: oggi i nuovi arrivati sull’isola sono prevalenti, sono dominanti. Hanno vinto. Mentre coloro che erano intellettuali, artisti e di sinistra, sono oramai acciaccati, divisi. In altre parole: sono irrilevanti”.

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