Sbagliata la polemica su Ventotene che ha investito Parma. Il sindaco ci scrive

Michele Guerra

Contro le critiche strumentali di FdI, viva l’Università di Parma, città di Ada Rossi, e viva il liceo Romagnosi, che meritano stima e solidarietà, in nome della libertà, della libera discussione, della partecipazione democratica, del sapere e del futuro del nostro paese

Al direttore - Caro direttore, c’è un po’ di Parma nella storia del Manifesto di Ventotene, improvvisamente noto a tutti e divenuto oggetto di dibattiti politici, di piazza e televisivi. Quel po’ di Parma è nel quartiere Golese, dove nacque Ada Rossi, moglie di Ernesto Rossi. Fu Ada, con Ursula Hirschmann, a portare questo testo fondativo dall’isola in continente, dando il senso di una piccola collettività di uomini e donne che dal confino voluto dalla dittatura offrivano all’intera Europa un’occasione di libertà, democrazia e pace. Perché questo è il Manifesto di Ventotene. Se lo si legge – non prende molto tempo, ma ha bisogno di dedizione –, se lo si contestualizza, come con ogni testo occorre fare, è molto difficile equivocarlo, forzarlo verso coloriture politiche estreme o addirittura pensarlo contrario alla libertà o all’espressione dei popoli. Questo Progetto per un Manifesto per un’Europa libera e unita – il primo titolo dato a Ventotene – è esattamente ciò che si vuole oggi, in un momento storico diverso da quello in cui l’Europa era ferocemente dilaniata dal nazifascismo, ma in cui è un fatto che questa libertà e questa unione appaiano minacciate da pressioni di imperi violenti che vedono di cattivo occhio un continente ancora fondato su principi istituzionali e democratici abbastanza solidi. 


La Parma di Ada Rossi è stata in questi giorni al centro di due diverse polemiche avviate da FdI e del tutto strumentali, volte entrambe a dimostrare che Ventotene e chi si ritrova attorno ai suoi princìpi appartengono a una sinistra quasi estremista. Di più: invocano quel testo e i suoi princìpi per sostenere e promuovere idee che la presidente del Consiglio ha insinuato possano addirittura essere antidemocratiche. Insomma, sono antidemocratici e liberticidi.

 
La prima polemica ha riguardato l’Università di Parma e il suo Rettore, oggetti di una interrogazione parlamentare volta a indagare con quali fondi e perché il nostro Ateneo ha promosso la partecipazione alla manifestazione di piazza del Popolo del 15 marzo. Ora, appurato che nulla è stato finanziato con denaro pubblico, resta l’altra faccia della medaglia: perché un Ateneo non dovrebbe partecipare a una piazza apartitica, priva di simboli e aperta a tutti? Una piazza apprezzata anche da alcuni esponenti di centrodestra come il mio collega sindaco di Palermo Roberto Lagalla (peraltro ex Rettore), che su questo ha rilasciato un’intervista piuttosto chiara. Anch’io faccio parte dell’Università e ne conosco bene le origini e la storia. L’universitas medievale, radice dei nostri Atenei, nasce su uno scambio decisivo di saperi portati fisicamente da docenti e studenti in giro per l’Europa, lungo un’idea preunitaria di comunità scientifica che collega Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Spagna. E che cos’è l’Erasmus, per dire il progetto più noto, se non memoria e attualizzazione di un’Europa unita e condivisa attraverso lo studio e il sapere? Ci si spieghi allora perché un’Università non dovrebbe invitare a partecipare a una piazza che ribadisce, senza simboli o bandiere politiche, i valori di un’Europa unita e di pace che è esattamente ciò che serve a chi studia e fa ricerca, per il bene di tutti noi, anche di chi – legittimamente – decida di non andare in piazza. Il perché semplicemente non c’è, a meno che non si cerchi di buttarla in strumentalizzazione politica. Benissimo ha fatto il Rettore di Parma a invitare all’impegno di piazza. Punto.

  
La seconda polemica ha riguardato uno dei più storici licei della nostra città, il liceo Romagnosi, dove il dirigente ha promosso fuori dagli orari di lezione, per gli studenti interessati e senza obbligo di frequenza, una lezione aperta dedicata al Manifesto. Che bellezza. La scuola che rimpiangiamo e che vorremmo, aperta all’analisi e alla discussione. Invece no! FdI accusa la lezione, il dirigente e il liceo di indottrinamento di sinistra. Vale la pena riportare qualche passaggio: “Oggi il comunismo non c’è più, la sinistra è sparita, ma sussiste soprattutto nelle scuole e nelle università, quella cappa asfissiante [...] persiste quella egemonia, imposta dai residui tossici dell’italo-marxismo e del radical-progressismo, che danneggia non solo la libertà ma anche la qualità, la dignità e la varietà della cultura e dell’istruzione.”

  
“Cappa asfissiante”, “residui tossici dell’italo-marxismo” (qualsiasi cosa voglia dire), “del radical-progressismo” (boh). Non trovo una studentessa o uno studente che si senta asfissiato da cappe marxiste o che vagamente trovi interessanti queste contrapposizioni. Quelli che ho incontrato in questi giorni ne ridono. Ma da ridere c’è poco. Far finta di non capire (o forse non capire) Ventotene e approfittarne per sparare sulla libertà di scuola e università dovrebbe far piangere e preoccupare. E allora viva l’Università di Parma, città di Ada Rossi, e viva il Romagnosi, che meritano stima e solidarietà, in nome della libertà, della libera discussione, della partecipazione democratica, del sapere e del futuro del nostro Paese!  

  
Michele Guerra, sindaco di Parma

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